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Il piagnisteo identitarista

di Piero Pagliani - 19/04/2008

 

"Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.
"

Thomas Eliot, "Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock"


Il termine "diavolo" - dal greco "dia-ballein" - significa colui che si frappone, si mette di traverso. Nel nostro caso il Diavolo è ciò che non permette di capire la realtà.

Il diavolo è il buonismo, il politically correct e l'identitarismo di sinistra che veramente hanno ottenebrato le menti. Tutti contenti a prendere in giro Berlusconi o al più Rutelli perché fa il gioco di Berlusconi ("Berlusco', ricordate de l'amici! Ricordate de chi t'ha voluto bbene!" - ve lo ricordate Guzzanti?).

Poi nessuno che sia in grado di dire al governo Prodi, uno dei peggiori e più ipocriti della storia della Repubblica, "Fai schifo!". Perché sennò ritorna il Cavaliere Nero! Ecco l'identitarismo di sinistra al lavoro DIABOLICAMENTE.


Lasciamo per ora perdere Veltroni e parliamo ancora per un momento della scomparsa della cosiddetta “sinistra radicale” e della reazione che si sono avute in quella cerchia politica e tra i suoi simpatizzanti.

Una scomparsa storica, non c’è dubbio, la cui drammaticità si coglie tutta se si pensa che fino a pochi decenni fa l’Italia vantava il più grande partito comunista dell’Occidente. E non sto parlando dei tempi dei dinosauri (o forse si?).

Ora, o si pensa che gli Italiani siano una massa di traditori, di rimbecilliti davanti alla televisione, in altre parole si imputa la sconfitta a qualche tara soggettiva del “popolo sovrano”, o anche la persona meno avvezza alla politica capisce che bisogna ricominciare a ragionare su altre basi.

Ma come è possibile se la prima reazione di un Diliberto è stata quella di voler rimettere la falce e martello nel simbolo, proprio per raccogliere i “voti identitari”?

Ecco risolto l’arcano di questo tramonto della sinistra comunista (lasciamo perdere se “sedicente” o “non sedicente”, che è una questione che pone il problema su un piano fasullo).

Per parafrasare ancora Thomas Eliot, la sinistra comunista non è finita con uno schianto ma con un piagnisteo. Un piagnisteo identitarista.

Basta ripercorrere gli ultimi anni. Tutto ridotto a riti indentitari: la Rivoluzione d'Ottobre, la Comune di Parigi (per chi se la ricorda), Che Guevara, la falce e martello, l'Internazionale, la bandiera rossa, la guerra di Spagna, la Resistenza. E, ovviamente, Marx.

L’identità al posto dell’analisi.

E come se questo ancora non bastasse (basta però ai puri e duri dottrinari e persi nella loro stessa dottrina - a volte notevole, non c’è che dire, come quella del Doctor subtilis), come se ciò già non fosse stato sufficiente, questo identitarismo si è espanso a dismisura, contaminando e contaminandosi.

E qui fa la sua comparsa anche la tristezza! Eventi e persone che hanno avuto un’indubbia grandezza (da riconoscere e da non rinnegare mai) messi sullo stesso piano dello spinello nei centri sociali, dei PACS, di Vladimir Luxuria (lo scandalo senza contenuto), della trasgressione a giorni prestabiliti. Sullo stesso piano dei giocolieri nelle immense manifestazioni contro la guerra in Iraq che - chissà perché con tutti quei giocolieri a disposizione - non hanno spostato di un sol giorno l'inizio dell'invasione, mentre quell'inconcludente di Bertinotti ripeteva in un tripudio gioioso che il movimento no-global era la "seconda potenza mondiale" (idiozia inventata dal New York Times per eccitare i narcisismi mediatici e non far mettere in moto i neuroni).


Poi però, dopo le oceaniche manifestazioni arcobaleno, tutti a chiedersi "ma in Iraq c'è resistenza o terrorismo?", tutti a dirsi "Beh, prima della guerra eravamo contro l'America, ma adesso che la guerra c'è stata, tutto sommato l'America è meglio di sti' musulmani fanatici".

Capisco che costi parecchia fatica ammetterlo, ma in verità in verità vi dico che se anche fossero tutti musulmani fanatici (cosa per niente vera), se non fosse per loro e per le loro azioni (a volte orrende), Teheran si sarebbe già beccata qualche bomba atomica (chirurgica, per carità!) sulla testa o depositi interi di superbombe tagliamargherite E magari anche Damasco.

Sto vaneggiando? Ne siamo sicuri?

 

L’Iraq doveva essere la fase uno. Una vittoria avrebbe spianato la via all’amministrazione Bush per procedere in modo analogo alle fasi due, tre e quattro. Ma la frustrazione e delusione che accompagnano questa prima fase stanno scompaginando tutto il progetto.” (A. Bacevich, “Bush’s Illusions”, International Herald Tribune, 22 dicembre 2006.)


Cos’altro dovevano essere le fasi due, tre e quattro? E invece il grandioso (e feroce) piano di primo impero universale della storia si è impantanato grazie a questi "fanatici", all'ex spia del KGB Putin e al neo-capitalismo d'assalto cinese.

Condivido qualcosa dei loro ideali o dei loro principi? All'incirca tra il poco-e-niente e il meno-di-niente. Inorridisco davanti a un kamikaze che si fa saltare in mezzo a donne e bambini in un mercato? Sì, inorridisco. Tuttavia la realtà, dura ma ahimè per niente pura, rimane quella.

Certo, era più comodo appoggiare un Vietnam che si diceva comunista. Altroché se era più comodo. Rientrava senza fatica nell'identitarismo di sinistra, dove i cattivi stavano da una parte e i buoni dall’altra. Piaceva di più anche a me. Rientrava nei miti dell'internazionalismo proletario. Rientrava nei miti della lotta universale a un capitalismo supposto uno e trino mentre invece ci sono tanti segmenti in lotta feroce uno contro l'altro ed è solo perché c'è questa lotta che si può sperare che si apra una "finestra" per potere combattere il capitalismo con speranze di successo (se ne parlerà forse tra qualche decennio, ma non si sa mai ci potrebbe essere anche un’accelerata - e comunque a questi risicati appuntamenti con la Storia o ci si arriva preparati o si viene dolorosamente bocciati).


E' dura scoprirsi nudi, senza la coperta identitaria che ti protegge, con gli amici che storcono il naso, senza simili con cui annusarsi. Ci si sente persi. Ed è per questo che l'identitarismo è una trappola potente.

E credo che se è dura per gente matura come me, è durissima per una giovane o un giovane, in un momento della vita pieno di ideali puri e quando l'annusarsi, il riconoscersi, il gergo comune, i simboli su cui si costruiscono i patti semantici comunitari, sono importantissimi.

E su questo voglio spendere due parole, perché non è un fatto da sottovalutare.
In modo un po’ naive e sintetico vorrei dire ai giovani, ad esempio, che per ricordare Che Guevara, che certo - errori o non errori - va onorato, bisogna che non lo si riduca a icona rituale. Questo non vuol dire togliere la sua bandiera dalla stanza (anch'io ho la sua foto in studio). Significa invece riconoscere che lui ha fatto la sua parte, per quanto poteva fare allora e in base alle conoscenze critiche che allora si avevano dei processi politici e sociali; e significa rendersi conto che ora dobbiamo noi fare la nostra parte. E il primo dovere è capire con rinnovati strumenti critici qual'è la realtà, per non fare immani disastri magari con le migliori intenzioni.

Lasciate quindi perdere quelli che vi ripetono che il conflitto capitale/lavoro è la contraddizione principale del capitalismo (perché non è vero), quelli che vi parlano della caduta tendenziale del saggio di profitto e delle intrinseche contraddizioni insormontabili del capitalismo (perché le cose non funzionano così), quelli che ripetono che l’imperialismo è l’ultimo stadio del capitalismo (perché non si è mai visto l'ultimo stadio), quelli che reclamano che la classe operaia deve dirigere tutto (perché tra l’altro non era un'idea neppure di Marx) e tutti quelli che sgranano il rosario ripetendo le note formule e formulette del marxismo, ripetendo a vanvera una stupenda analisi di una ormai antica fase del capitalismo sotto forma di deliri buoni solo a far prendere in giro un glorioso e grandiosamente tragico tentativo di capire la realtà e di cambiarla.

Solamente sciagurati come Diliberto e Bertinotti o come i sinistri critici-critici possono pensare che se si ripetono le giaculatorie e si riesumano i simboli (o magari le salme), a volte senza nemmeno crederci (non si sa cosa è peggio), si ricompatta la "Sinistra" e la si fa rinascere dalle proprie ceneri. Non cascateci!


Certo, è dura ammetterlo, ma non si può essere marxisti senza sottoporre a una critica marxista anche Marx stesso (che grazie al cielo già sapeva che prima o poi - lui immaginava dopo la rivoluzione - il suo "Capitale" sarebbe stato sottoposto alla "rodente critica dei topi"). E' dura, ma si deve fare.

Altrimenti è meglio passare armi e bagagli dalla parte del capitalismo (e magari di quello più retrivo - e che quindi è quello che più ci tiene a sbandierare la propria "responsabilità sociale" e il proprio solidarismo e buonismo - come fa Veltroni).

Oppure è meglio darsi alla meditazione interiore e alla ripetizione dei mantra, magari col Dalai Lama.

Se poi ci saranno altri massacri inter-nazionali o intra-nazionali, noi sempre litanie e giaculatorie staremo biascicando, ma almeno crederemo di essere in pace con noi stessi.

Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.