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Analisti militari venduti al Pentagono

di Maurizio Molinari - 21/04/2008

 

Ottomila documenti e email raccontano come il Pentagono ha adoperato gli analisti militari nei media per diffondere le proprie tesi su argomenti controversi come la guerra in Iraq e i detenuti di Guantanamo. A ottenere i documenti è stato il New York Times, grazie a una lunga battaglia legale che si è conclusa con la pubblicazione ieri di un’inchiesta-choc che chiama in causa l’attendibilità di analisti militari divenuti noti in questi anni grazie alle frequenti apparizioni su tutti i maggiori network tv - Cnn, Fox, Nbc, Cbs e Abc -, come anche agli articoli su una miriade di giornali locali ed anche su quotidiani blasonati come il Wall Street Journal e lo stesso New York Times.

A pianificare l’operazione nel 2002 fu Torie Clarke, n. 2 delle relazioni con i media al Pentagono, con l’intento di creare all’interno del sistema dei media delle voci indipendenti che sostenessero le posizioni del governo sulla necessità di attaccare l’Iraq per conquistare «le menti e i cuori» degli americani evitando di ripetere quanto avvenuto durante la guerra in Vietnam. L’allora Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, approvò l’operazione tesa a creare dei «cavalli di Troia» dentro il mondo dell’informazione, capaci di difendere le idee del governo senza rappresentarlo ufficialmente. Venne così creato un meccanismo di consultazioni ristrette fra questi analisti, tutti ex alti ufficiali, e le più alte gerarchie militari e non. Non solo i generali ma anche Rumsfeld, l’ex ministro della Giustizia Alberto Gonzales e il vicepresidente Dick Cheney incontrarono periodicamente gli analisti, suggerendo loro cosa affermare ma pretendendo di non essere citati.

Gli analisti militari sono stati portati in Iraq almeno sei volte, sempre durante periodi di crisi, e nell’estate del 2005 vennero invitati a Guantanamo per poter diffondere un’immagine positiva del nuovo super-carcere. Il Pentagono affidò a un’agenzia privata il compito di monitorare le migliaia di apparizioni tv, radio e articoli degli analisti al fine di verificarne l’affidabilità. E il giudizio è sempre stato positivo.

La tesi del New York Times è che dietro la decisione degli analisti di fare da cinghia di trasmissione delle informazioni del Pentagono vi sono stati spesso interessi privati in quanto tali ex generali sono quasi sempre consulenti di aziende private nel campo della sicurezza che competono per ottenere importanti commesse pubbliche nel settore della Difesa. Frequentare i piani alti del Pentagono ha facilitato loro la partecipazione a tali concorsi. Senza contare che ogni comparsata in tv viene pagata fra i 500 e 1000 dollari, e dunque più gli analisti avevano da dire, più guadagnavano. «E’ incredibile come sia stato possibile trasformare degli ex alti ufficiali in pupazzi del Dipartimento della Difesa», ammette in una email Bryan Whitman, portavoce del Pentagono. Si tratta di volti familiari per l’America: da Don Sheppard della Cnn a Bob Scalls della Fox.