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Lo «skyline» del Medioevo

di Franco Cardini - 23/04/2008

   
Il gotico ha sia una sua storia sia le tante storie che dal Quattrocento in poi sono state raccontate su uno degli stili più caratteristici della cultura Europea. Franco Cardini ripercorre così la nascita del gotico, legata al passaggio dal sistema abbaziale alle grandi cattedrali. Lo stile nacque in Francia e Inghilterra, mentre in Italia e Germania il romanico resistette più a lungo.
La tecnica di progettazione e di costruzione delle cattedrali richiedeva corporazioni di professionisti che trasmettessero le proprie segrete conoscenze di generazione in generazione.
Il gotico si contrappose al “romanico”, ma a partire dal Quattrocento fu utilizzato anche come contrappunto rispetto alla riscoperta umanista della cultura latina e al successivo Rinascimento.
Durante il Seicento molti monumenti gotici vennero addirittura distrutti, mentre a partire dall’Ottocento lo stile medievale conobbe una sensazionale fortuna, tanto da essere presentato come una delle radici culturali dell’Europa.


Strano destino delle parole. Dici ‘gotico’, ed è subito Medioevo. È quasi una parola magica: la pronunzi, e il pensiero corre all’ombra profonda delle cattedrali che invade e sovrasta le città medievali, con le sue guglie, i suoi rosoni, le sue immense finestre dai vetri istoriati e policromi, i suoi portali scolpiti nei quali trionfano angeli e santi ma anche si annidano demoni e mostri da bestiario. Ciò, almeno, nel nostro immaginario, in cui il Medioevo ha troppo spesso i toni e i colori di Victor Hugo, di Eugène Viollet-le-Duc, di John Ruskin.
Ma è un Medioevo di tenebra o di luce, questo del gotico? Alle immagini cupe, sepolcrali, di grandi navate in penombra, altre immediatamente se ne sovrappongono: festose, luminose, colorate. [...]
Pensiamo al gotico, noialtri europei, e ci ritroviamo immediatamente risospinti verso le radici profonde della nostra contraddizione, della nostra schizofrenia: siamo figli di Voltaire o di Chateaubriand, di Rousseau o di Novalis?
Luce del Medioevo, quella luce cara a san Tommaso e a Dante e che fu alla base addirittura di una vera e propria ‘teologia della luce’? O tenebre del Medioevo, magari rischiarate dai roghi inquisitoriali accesi per ardere gli eretici?
È un aspetto della nostra doppia anima: l’Europa è solare o notturna, razionale o sognatrice, insomma ‘classica’ o ‘romantica’? E, al romanticismo, il gotico è inestricabilmente connesso. Nel nostro immaginario e nella realtà obiettiva. Sia il severo e quasi pauroso gotico di Chartres, sia il gotico lieve e festoso del Palazzo Ducale di Venezia. Non dobbiamo stupirci di questo. La parola, evidentemente legata al popolo ‘barbarico’ dei goti, nacque nel Quattrocento con un preciso senso denigratorio. Fu proprio Lorenzo Valla, uno dei padri della Modernità, lo scopritore della forza dirompente della filologia, a parlare di ‘stile gotico’ a proposito della scrittura stretta e angolosa affermatasi nell’Europa a partire dal XII-XIII secolo, e da lui contrapposta all’ariosa e armoniosa ‘romana’.
Più tardi, fu il Vasari a usar l’espressione ‘maniera dei goti’ per alludere polemicamente all’architettura medievale cui egli contrapponeva quella rinascimentale, nata dalla rielaborazione degli esempi greci e romani. Dopo l’ondata innovatrice del cinque e del Seicento, che arrivò addirittura a cancellare e a distruggere i monumenti gotici, con la fine del Settecento si avviò un movimento di recupero estetico del Medioevo, che col secolo successivo sarebbe diventata una travolgente moda: fino a quel ‘neogotico’ che avrebbe resistito sino ai primi del Novecento.
Sotto il profilo d’una nomenclatura storico-artistica che l’uso e forse l’abuso nei manuali di scuola ha reso ineliminabile, lo stile gotico è sentito come contrapposto al precedente, il ‘romanico’: ch’era arte e soprattutto architettura senza dubbio collegata a quella tardoromana, con forme potenti e riposate, massicce muraglie ed archi a sesto piena, prevalere dell’orizzontale sul verticale e dei pieni sui vuoti.
Il romanico, strettamente legato a gruppi di maestranze sovente mobili, fu per definizione tra X e XII secolo la forma architettonica – ma anche pittorica e scultorea – legata alle grandi realizzazioni abbaziali francesi, tedesche, spagnole, italiche. Ma verso la metà del XII secolo si registrò un deciso rinnovamento soprattutto nelle chiese monastiche cistercensi, gli architetti delle quali non potevano – a causa della loro regola, che obbligava alla più austera povertà – usare né la pittura né le vetrate policrome: bisognava pertanto servirsi al massimo delle risorse della luce, soprattutto nei paesi a nord delle Alpi e dei Pirenei, dove il cielo è spesso coperto e gli inverni sono più lunghi. Si adottarono quindi forme costruttive più alte e slanciate, ricorrendo a soluzioni statiche non più appoggiate su massicce muraglie bensì su forti ma anche slanciati ed eleganti pilastri; mentre per le porte e i finestroni s’introdusse una soluzione nuova, l’arco acuto, a quanto pare desunto dall’architettura musulmana in Spagna o in Siria. Gli spazi si andarono quindi restringendo in rapporto allo sviluppo nel senso dell’altezza: e l’armonia degli edifici mutò decisamente aspetto ed equilibrio, presentandosi come un sempre più netto prevalere del verticale sull’orizzontale.
Pur nato in àmbito monastico cistercense, il nuovo stile si trasferì presto dai panorami aperti delle campagne nelle città, con l’inevitabile mutamento sia di risorse spaziali, sia di soluzioni prospettiche. È stato detto, molto schematicamente, che il romanico è lo stile delle chiese abbaziali e della disciplina monastica, mentre il gotico è quello delle cattedrali e delle libertà cittadine. Non bisogna lasciarsi irretire da queste troppo facili formule, incapaci di render ragione sia della complessità dei movimenti intellettuali e delle innovazioni tecnologiche che si accompagnavano al cambio degli stili, sia degli elementi di continuità tra loro che si registrano sia al livello di gestione delle masse monumentali, sia a quello dell’ornamentazione. Certo comunque, elevando chiese cattedrali che non erano più in aperta campagna come le abbaziali bensì inserite in spazi più ristretti, come le piazze cittadine, i costruttori dovettero tener conto di esigenze prospettiche diverse; e anche i volumi degli edifizi s’adattarono alla più limitata disponibilità spaziale, riducendosi in larghezza per svilupparsi in altezza. [...]
Dal momento che lo stile gotico fu molto ammirato dal Romanticismo, movimento nato soprattutto in Germania e da lì irradiatosi in Europa, ai nostri giorni molti fanno l’errore di ritenerlo originariamente tedesco: a tale errore indotto anche dalla parola che lo designa, e che rinvia a una popolazione germanica. Ma non è affatto così: al contrario, in terra tedesca non meno che italica le forme del romanico ressero più a lungo e sopravvissero in profondo: al punto che, in Italia, un gotico peraltro molto moderato nelle forme come negli ornamenti permise, nel Quattrocento, una rapida adozione d’un nuovo stile architettonico ispirato all’armonia delle forme e delle misure classiche.
È invece la Francia la patria originaria del gotico, da dove esso passò semmai prima di altrove in Inghilterra. Protagoniste della nuova stagione artistica furono delle corporazioni di professionisti, i ‘costruttori di cattedrali’, che si tramandavano gelosamente i segreti del mestiere. Naturalmente, le maestranze erano locali: i maestri, però, provenivano da lontano, ed è a loro che si debbono sia l’importazione di moduli architettonici e di temi ornamentali desunti dall’Oriente, sia l’adozione di tecniche costruttive fondate su un sapere matematico di nuovo tipo, molto più raffinato del precedente: il che ci rimanda di nuovo alla Siria, alla Spagna musulmana, ma anche all’Armenia e addirittura all’Oriente persiano. Non si deve comunque pensare a un’origine esotica, e addirittura ‘misterica’, di quell’arte.
Sul gotico hanno molto insistito i fautori della cultura esoterico-occultistica tra Otto e Novecento: ma le loro teorie simbologiche si sono rivelate in gran parte elucubrazioni anacronistiche e arbitrarie. I maestri costruttori, d’altronde, erano senza dubbio detentori di tecniche statiche fondate su calcoli matematici di tipo nuovo, ch’erano entrati in Occidente provenendo dal mondo musulmano tra X e XII secolo: ma i monumenti gotici sorsero altresì sulla base d’una rigorosa e attenta committenza, molto ben attrezzata sotto il profilo teologico e ben decisa ad affidare alla pietra e alle vetrate policrome un messaggio concettuale molto chiaro. Stile gotico, rinnovamento della cultura scolastica, nascita delle Università, svilupparsi delle ‘borghesie’ cittadine, vorticosa circolazione delle informazioni come del denaro, convivenza d’una sfrenata fantasia ornamentale e d’un accurato realismo nei particolari: sono gli ingredienti della ‘rivoluzione gotica’, nessuno dei quali può essere compreso se privato del contesto costituito da tutti gli altri. Si trattò d’un’arte alla radice della quale c’era il vorticoso movimento di uomini e di mezzi che caratterizzava l’Europa e il Mediterraneo del tempo: maestri costruttori, pellegrini, crociati, mercanti, clerici vagantes in cerca di nuove forme di sapere, ricchezza che veniva prodotta e distribuita con una velocità ignota ai secoli precedenti. Insomma, il gotico è l’arte del risveglio dell’Europa. [...]
Il gotico sviluppò non solo un’architettura, ma anche una scultura, una pittura e molte arti cosiddette ‘minori’ (dalla decorazione dei manoscritti all’oreficeria) che attraversarono fasi diverse e assunsero caratteri distinti nei vari paesi. In Italia, esso nacque strettamente collegato al romanico e passò presto alla ‘rivoluzione classica’ del Rinascimento proprio grazie ad artisti che, come si vede in Giovanni e in Nicola Pisano e nello stesso Giotto, seppero recuperare precocemente la grande lezione dell’arte romana.
Altrove, dalla Francia stessa alla Spagna alla Boemia a Cipro, la stagione gotica estrema si tradusse nelle esperienze del cosiddetto ‘gotico internazionale’, o ‘fiorito’, o ‘fiammeggiante’, in cui la paradossale e caratteristica convivenza d’una lussureggiante immaginazione e d’una realistica accuratezza nei particolari dette luogo a forme d’arte di corte sontuosa e sensuale: basti riferirsi allo splendido ‘Libro d’Ore’ del duca di Berry, impreziosito dalle miniature dei fratelli Limbourg. Da essa, in paesi come la Spagna o la Germania, si passò quasi senza interruzione di continuità da un gotico tormentato e fantasmagorico (come quello che si ammira a Tomar in Portogallo) all’arte tardorinascimentale e barocca (si pensi al ‘plateresco’ iberico), mentre – come del resto anche in Francia – le serene forme classiche sarebbero state recuperate solo più tardi, dal tardo Cinquecento al Settecento. Attraverso la Spagna, forme architettoniche gotiche si svilupparono anche nell’America centrale.
E si arriva così a lambire il secolo XIX e la paradossale resurrezione del gotico in forme neogotiche, usate nell’architettura sacra soprattutto dei paesi protestanti ma molto diffuse anche e soprattutto in realizzazioni caratteristiche dell’arte laica: parlamenti, stazioni ferroviarie, banche, fabbriche, università, ricche dimore di civile abitazione. Il gotico divenne la passione dei magnati americani, come molto bene si vede ancor oggi a New York o a Boston.
Stile inesauribile, dai molteplici revival, esso continua a sorprenderci per la sua capacità di adattarsi al moderno e al postmoderno. Si pensi alla Barcellona di Gaudì e alla Sagrada Familia, monumento audacissimo alla tradizione e al futuro.