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L'agonia della Somalia, terra dimenticata

di Francesca Dessì - 24/04/2008

 

 
L'agonia della Somalia, terra dimenticata

Non si spara più a Mogadiscio. La calma è tornata nel Paese, mentre la tensione è palpabile nell’aria. La popolazione ha timore di una ripresa degli scontri e i cadaveri, disseminati nelle strade, sono il vivido ricordo di una lotta che non si placa.
Quasi tutti i giorni ci sono scontri fra ribelli e militari del governo di Nur Hassan Hussein e dei suoi alleati etiopici. Non è quasi più notizia, ma gli ultimi combattimenti sono degenerati in guerra aperta, soprattutto nella roccaforte integralista nel nord della capitale. All’interno e intorno alla moschea di ‘Al-Hidaya’ sono stati trovati i cadaveri di nove religiosi islamici. Secondo il racconto degli abitanti, sono stati uccisi dal fuoco dei militari etiopici. Altri testimoni hanno raccontato che i miliziani etiopici hanno arrestato ventuno ragazzi che durante i combattimenti avevano trovato rifugio all’interno della moschea. Quest’ultima era considerata una sorta di zona neutra, in quanto vi operavano religiosi di una setta sufita che mai avevano partecipato alle violenze di Mogadiscio.
La conta delle vittime degli scontri dell’ultimo fine settimana non è ancora terminata. Per ora, il bilancio della battaglia appena combattuta è di oltre 80 morti e 119 feriti.
Dopo i violenti scontri, centinaia di persone hanno lasciato la capitale. Le organizzazioni umanitarie, nel denunciare le terribili condizioni in cui si trovano oltre 250.000 civili accampati alle porte di Mogadiscio, affermano che si tratta del più numeroso gruppo di sfollati al mondo.
Il conflitto continua a sollevare la preoccupazione della comunità internazionale. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha esortato le parti “a evitare l’uso sproporzionato e indiscriminato della forza, che mette a rischio la vita dei civili, in modo particolare nelle aree densamente abitate” ricordando che “colpire civili disarmati costituisce una violazione delle leggi internazionali”. Secondo il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Somalia, Ahmedou Ould Abdallah, “è inaccettabile che queste violenze esplodano nel momento in cui il governo di transizione e l’Alleanza dei movimenti per la Liberazione della Somalia si sono ufficialmente impegnati a discutere di pace e riconciliazione”.
La destabilizzazione del Paese e dell’intero Corno d’Africa si è intensificato con l’insediamento delle truppe etiopiche, che hanno scacciato le Corti islamiche che controllavano buona parte del Paese. Doveva essere una guerra lampo, ma da allora l’insurrezione non solo non si è fermata, ma è cresciuta estremizzandosi, e così i soldati di Addis Abeba vi sono rimasti impaludati, con grande imbarazzo degli alleati-padroni di Washington.
Come se non bastasse, proprio ieri l’Etiopia ha rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar accusandolo di appoggiare il terrorismo in Somalia. Un elemento di tensione ulteriore e dagli sviluppi imprevedibili.
La Somalia, in questi giorni, è stata protagonista del palcoscenico internazionale anche per un altro motivo, la pirateria. Un problema sempre più presente lungo le sue coste. Da febbraio sono nove gli attacchi di pirati registrati nel Golfo di Aden.
Ieri, unità scelte dell’esercito governativo del Puntland hanno assaltato e liberato il mercantile degli Emirati Arabi, “Al-Khaleeji”, sequestrato lunedì sera dai pirati al largo delle coste somale mentre stava per attraccare nel porto di Basaso con a bordo un carico di provviste alimentari destinate ai mercati locali. La notizia è stata resa nota dal sindaco della stessa Basaso, Abdirizak Hared, secondo cui grazie ad una breve ma intensa battaglia la nave è stata liberata dagli aggressori, che sono stati tutti arrestati. L’equipaggio, composto da una decina di persone, è illeso, mentre un soldato e tre pirati sono rimasti feriti.
Lunedì, anche una petroliera giapponese è stata attaccata da pirati nel Golfo di Aden ma è riuscita a sfuggire all’attacco. Due giorni fa un peschereccio spagnolo con 26 membri di equipaggio a bordo è stato assaltato. Madrid ha creato una “unità di crisi” che lavorerà attivamente per cercare di ottenere al più presto possibile la liberazione dell’equipaggio del peschereccio ‘Playa de Bakio’.