Il denaro in banca non è commestibile
di Massimo Fini - 27/04/2008
Caro Fini, in vari Paesi del Terzo
Mondo, da Haiti all’Honduras
all’Egitto, ci sono state delle
rivolte per il pane, come nel
cinquecento di manzoniana
memoria. Ma la fame comincia a
lambire anche Paesi sviluppati
come l’Italia se è vero che
parecchie persone, gente perbene,
soprattutto anziani, vengono
sorpresi a rubare cibo nei
supermercati. Com’é possibile?
Giorgio Colli, Piacenza
IL MODELLO di sviluppooccidentale ha distrutto, con la sua
penetrazione, le economie di
sussistenza (autoproduzione e
autoconsumo) dei Paesi che noi chiamiamo
Terzo Mondo, su cui quelle popolazioni
avevano vissuto, e a volte prosperato, per
secoli e millenni. Ciò ha costretto quegli
agricoltori ad abbandonare i loro campi e a
inurbarsi nella città. Ma quando la
multinazionale, o chi per essa, se ne va,
quella gente resta col culo per terra. E non
può tornare indietro perché l’abbandono
della campagna ha fatto avanzare la
desertificazione, perché il tessuto sociale e
solidale che teneva insieme il delicato
equilibrio del mondo contadino non esiste
più e comunque perché non hanno più il
know how di ciò che facevano prima.
Ma qualcosa di simile comincia a
manifestarsi anche nei Paesi cosiddetti
sviluppati che hanno privilegiato
l’industria, la finanza, il terziario ai danni
dell’agricoltura. Se i cereali scarseggiano
solo i Paesi ricchi possono procurarseli, ma
a lungo andare diventeranno inabbordabili
anche per la maggioranza delle popolazioni
di questi Paesi. Sta per avverarsi la
profezia di Taranga Totanka, alias il capo
pellerossa Toro Seduto: «Quando avranno
inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo
albero, preso l’ultimo bisonte, pescato
l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno
di non poter mangiare il denaro
accumulato nelle loro banche».