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Le bombe nucleari di Israele e la via per l'Armageddon globale

di Michael Collins Piper - 27/04/2008

 

Le bombe nucleari di Israele e la via per l'Armageddon globale

Com’è che “il Golem”, icona religiosa ebraica, si collega con l’arsenale mortalmente pericoloso di ordigni nucleari oggi sulla faccia del pianeta, le armi di distruzione di massa israeliane? Mentre Israele addita i suoi critici come “odiatori di sé stessi”, risulta che la classe dirigente dello Stato ebraico è il vero odiatore, pronto a farsi saltare in aria per coinvolgere i suoi nemici “gentili”, come l’autore mostra nella presentazione del nuovo libro di Michael Collins Piper, “Il Golem”.

di Michael Collins Piper

La leggenda del Golem trae le sue origini nei lontanissimi giorni del folklore ebraico. E’ narrata nel Talmud - una copiosa raccolta di discussioni fra rabbini su argomenti pertinenti a leggi ebraiche, etica, usi e costumi, e storia, risalenti alla metà del primo secolo d.C. Ma la migliore presentazione del racconto fu resa in una pubblicazione edita a Praga nel 1847 in una raccolta di storie ebraiche.
Una versione fu pubblicata nel 1909 da Yudl Rosenberg in una collezione di storielle intitolata “Il Golem e le mirabili azioni del Maharal di Praga”.
Il così chiamato “Maharal di Praga” fu un rabbino vero, una autorità altamente stimata di misticismo ebraico, che visse fra il 1525 ed il 1609. Conosciuto in quel tempo come Yehuda Levin ben Batzalel Levai (oppure Loew). Il rabbino è comunemente ricordato nella leggenda del Golem semplicemente come “Rabbi Loew” (Maharal o “MaHaRal”, per inciso, è una contrazione dell’ebraico “Moreinu ha-Rav Loew”, che significa “Il nostro maestro il Rabbi Loew”).
Un ricco erede di una distinta famiglia ebraica che includeva uno zio che era stato un rabbi del Sacro Romano Impero, Yehuda Loew era non solo influente a Praga, ma in una certa epoca viaggiò in Polonia, ove fu nominato rabbino capo della nazione; oggi la sua tomba a Praga, la città ove visse negli ultimi anni, è una attrazione turistica.
L’opera di Loew come studioso del Talmud, e come insegnante talmudico, è accolta nei tempi odierni come critica alla fondazione della filosofia ebraica. Quindi il fatto che il Rabbi Loew sia una figura chiave nella storia del Golem è interessante. Egli è stato un uomo vivo e di pensiero nei documenti storici, altamente stimato dal popolo ebraico per più di quattrocento anni.
Secondo la forza della leggenda del Golem, l’imperatore dell’impero absburgico aveva proclamato che gli ebrei di Praga dovessero essere espulsi o uccisi, un olocausto anzitempo, per così dire. Le storie sono discordanti, ma tutte le versioni concordano sul fatto che l’imperatore era ostile verso gli ebrei.
Comunque, in quel tempo, la comunità ebraica era sotto tiro - come molte altre comunità in Europa, in diverse epoche - perché certi ebrei erano accusati di uccidere bambini cristiani per usare il loro sangue nei rituali del “passover” (pasqua ebraica) (1). A Praga cristiani infuriati credevano alle accuse di assassinio rituale e condussero una campagna di persecuzione contro gli ebrei. Fu Rabbi Loew, secondo la leggenda, che trovò il modo di difenderli.
Il Rabbi, esperto praticante di misticismo ebraico, raccolse dell’argilla dal fiume Vitava e creò un Golem - una grande figura dalle sembianze umane - più o meno, un mostro Frankenstein anzitempo, per difendere la comunità ebraica e replicare ai cristiani (vi sono persone che sostengono che Mary Shelley, autrice di Frankenstein, fu ispirata dalla leggenda del golem quando scrisse il suo famoso racconto).
La leggenda sostiene che Rabbi Loew animò l’immagine di argilla in un umanoide mettendogli in bocca una pergamena mistica, conosciuta come “shem”, sulla quale stava scritto “creatore della vita, ineffabile nome di Dio” secondo Nathal Ausubel, estensore de “Il libro della conoscenza ebraica”.
Comunque, la strana creazione del rabbi, nota Ausubel, divenne “ubriaca del potere immenso che aveva acquisito e minacciò l’intera comunità ebraica, cercando di piegare il Maharal ai suoi voleri che erano ora divenuti malvagi e distruttivi”. Alla fine, il rabbi tolse lo “shem” dalla bocca del golem e tolse la forza della vita dal mostro impazzito.
Ma il rabbi conservò il corpo del golem e chiuse a chiave il mostro nell’attico della sinagoga “Nuova-Vecchia” di Praga. Emise un ordine che vietava a chiunque di visitarlo. Il racconto afferma che il golem resta ancora lì. Si sostiene che nemmeno la Gestapo osò entrare nell’attico della sinagoga durante la II Guerra Mondiale, che si salvò dalla distruzione da parte dei nazisti a causa della presenza del golem.
Scrivendo a Jewishag.com, Joyce Ellen Weinstein fornì una concisa panoramica della leggenda del golem, facendo notare che il Talmud racconta di diversi casi di rabbini che hanno creato tali creature simili all’uomo usandoli per svolgere incarichi. Tuttavia, nell’accezione popolare della leggenda del golem, la creatura impazzì, rivoltandosi contro il suo creatore. La signora Weinstein annota: “La parola ‘golem’ deriva dalla parola ebraica ‘gelem’, significante ‘materiale grezzo’ (2). Il golem esternamente è una persona vera, tuttavia manca delle dimensioni umane di personalità ed intelletto.
La vita gli è insufflata attraverso un processo mistico che usa il nome speciale di Dio. E’ creato dal suolo, come il primo uomo. Quando ha compiuto la sua missione, il nome di Dio gli viene rimosso ed egli ritorna alla terra. Molti relazionano il golem con gli insegnamenti mistici del libro della cabala chiamato “Sefer HaYetzera”, “il libro della formazione”. L’antico libro viene stampato ancora oggi e studiato dai mistici ebrei. Il libro tratta in gran parte del processo della creazione dell’universo.
Essenzialmente, la leggenda del golem suggerisce che gli esseri umani - in questo caso, rabbini - hanno un potere quasi uguale a quello di Dio, essendo capaci di creare un essere vivente quasi umano, ma non del tutto. E questo ha un significato, perché - nelle tradizioni mussulmane e cristiane - tale potere è riservato a Dio e soltanto a lui: è solo Dio che può creare la vita.
Ma la tradizione ebraica evidentemente accorda poteri simili ai rabbini, specializzati nelle arti magiche che hanno usato (o abusato) per i loro propri scopi terrestri.
E nella leggenda popolare del golem il rabbi Loew usa poteri soprannaturali per portare alla vita una creatura simile all’uomo fatta con elementi naturali - nella fattispecie, con l’argilla del fiume Vitava.
L’ edizione del 1971 della “Enciclopedia Judaica” notava il concetto evolutivo che il golem, come creatura serva del suo creatore, “sviluppava forze naturali pericolose (e che il tema di fondo del golem) è congiunto con il nuovo motivo del potere senza freni degli elementi, che può condurre a distruzioni e stragi”.
Il golem del folklore giudaico fu creato dalla terra come mezzo per difendere il popolo ebraico, solo per diventare forza del male, che avrebbe potuto ritorcersi contro il suo creatore e gli ebrei. Questo è un punto che vale ripetere e che richiede l’attenzione del popolo e del mondo in generale. Oggi,un autentico golem sta sul punto di portare il globo terrestre alla tanto attesa “Armageddon”, ossia la fine del mondo.
La leggenda del golem è stata raccontata in letteratura, in teatro e nei film. Nel 1915 Gustav Meyrink commemorò il racconto in un romanzo in tedesco intitolato “Der Golem”, sebbene l’amatissimo scrittore Yiddish del XX secolo Isaac Bashevis Singer, vincitore del premio Nobel per la pace, portò una più diffusa memoria della leggenda in una sua breve storia, per la prima volta pubblicata nel 1969, in Yiddish, in seguito tradotta in Inglese.
Senza dubbio, la migliore produzione conosciuta del racconto, che introdusse la immagine del golem, fu creata in una serie di film muti in tre parti (dal 1914 al 1920) dall’attore e direttore tedesco Paul Wegener, di cui la parte migliore è quella finale, “Il Golem: come è venuto al mondo”, dramma impressionista nel quale Wegener stesso interpretò la parte del golem. Il film fu distribuito negli Stati Uniti nel 1921 con il titolo “The Golem”. L’immagine del Golem che appare sul frontespizio del libro è riprodotta dal film di Wegener. Il film è un classico, secondo tutti i giudizi.
Una ripetuta produzione teatrale del racconto, anch’essa intitolata “Il Golem”, fu scritta da un famoso autore Yiddish, H. Leiwick, e fu presentata per la prima volta nel 1924 a Mosca. E’ stata riprogrammata diverse volte e nel 2002 David Fishelson la presentò a New York nel suo Manhattan Ensemble Theater. Il 7 aprile 2002 il New York Times discusse il lavoro teatrale in un saggio critico intitolato “A Jewish Avenger, a Timely Legend”.
Dell’opera teatrale sul tema ebraico, il Times commentava: “Il suo interesse principale è la conseguenza autodistruttiva nella risoluzione degli ebrei di ricorrere alla violenza per difendersi . . . Il golem compie grande devastazione, e gli ebrei lo chiamano eroe. Ma egli si lascia trascinare. Si scatena versando il sangue di coloro che dovrebbe proteggere.
Nel 1984, Isaac Bashevis Singer (che aveva precedentemente adattato la storia del golem), scrisse su questa leggenda e appropriatamente, paragonò il golem alla corsa al riarmo: “Mentre tentiamo di superare i nostri nemici e creare nuovi e più distruttivi golem, esiste la terribile possibilità che essi nascondano il loro sviluppo spontaneo e che diventino malvagi, traditori, pazzi golem”.
Seymour Hersh, vincitore americano del Premio Pulitzer, invitò alla polemica nel 1991 pubblicando “The Samson Option”, il suo libro rivelatore sulle ambizioni nucleari di Israele. Da allora, il giornalista israeliano Avner Cohen, con il suo libro del 1999 “Israel and the Bomb”, ha non solo confermato il precedente lavoro di Hersh, ma presentato una esposizione più dettagliata della storia delle armi di distruzione di massa israeliane. In quel volume Cohen ha scritto di come David ben Gurion, grande icona ebraica israeliana, uno dei padri fondatori di Israele ed in seguito suo primo ministro, si dedicò allo sviluppo di una bomba atomica e di come ben Gurion vedeva gli ordigni nucleari come vitali per la sopravvivenza di Israele. In effetti, ben Gurion era ossessionato dalla bomba.
Nei suoi discorsi pubblici e negli scritti come primo ministro, ben Gurion raramente discusse dell’olocausto.
Nelle sue conversazioni private e nelle comunicazioni con capi stranieri, tuttavia, egli ritornava spesso alle lezioni su questo tema.
Nella sua corrispondenza con il presidente Kennedy nel 1963, egli collegava l’inimicizia araba verso Israele con l’odio di Hitler per gli ebrei, e scriveva: “Come ebreo conosco la storia del mio popolo, e mi porto dietro la memoria di 3.000 anni, e lo sforzo che è costato l’ottenere ciò che abbiamo realizzato nelle generazioni recenti . . . Signor Presidente, il mio popolo ha il diritto di esistere, sia in Israele che ovunque esso possa vivere, e la sua esistenza è in pericolo . . . “L’ansietà sull’olocausto raggiunta dopo ben Gurion ispirò il pensiero militare di Israele. I suoi pianificatori militari hanno sempre considerato uno scenario nel quale una coalizione militare araba scateni una guerra contro Israele con lo scopo di liberare la Palestina e distruggere lo Stato di Israele.
Questo è stato indicato nei primi anni ‘50 come “mikre khol” o “everything scenario” […]
Gran parte degli americani non hanno idea che la possibilità di un bombardamento nucleare suicida da parte dello stato di Israele è una pietra angolare della politica di sicurezza israeliana.
Per comprendere questo pericolo, dobbiamo rivolgerci alle rivelazioni dello scomparso scrittore Israel Shahak, un nativo polacco, che trascorse una parte della sua fanciullezza nel campo di concentramento di Dachau ed emigrò in Palestina nel 1945.
Man mano che passavano gli anni, Shahak divenne una voce aperta a molto critica nei riguardi della politica israeliana ed una fonte importante di fatti israeliani, che pochi occidentali oserebbero criticare.
Mentre i suoi sostenitori lo hanno chiamato Shahak “un profeta” ed i suoi detrattori “un ebreo autolesionista”, non vi è alcun dubbio che Shahak era un analista esplicito, distinto e senza paura della politica estera israeliana, e gli scritti di Shahak ne forniscono un testamento drammatico.
Nel suo “Segreti svelati: La politica estera e nucleare israeliana”, Shahak affermava che, contrariamente all’opinione generale, Israele non cerca la pace. E’ un mito, scriveva, che vi sia una reale differenza fra le posizioni “opposte” del Likud e dei laburisti, le cui rivalità si sono svolte nel teatro mondiale e riversate nel processo politico americano, mettendo l’uno contro l’altro i sostenitori americani di entrambe le parti.
Shahak contestava che la lobby negli Stati Uniti, con tutte le sue fazioni, in ultima analisi puntella la politica israeliana espansionistica con l’obbiettivo finale di consolidare il “Grande Israele”, uno stato imperialista con il completo controllo di tutto il Medio Oriente.
Shahak osò far notare che la politica nucleare di Israele, e l’influenza che la lobby ebraica esercita sulla politica estera degli Stati Uniti è un gravissimo pericolo che pochi riescono ad immaginare. Non solo Israele è pronta ad autodistruggersi, ma a causa del suo fanatismo razziale e religioso verso i non ebrei - i gentili - le sue prospettive verso il mondo in generale sono guidate da profonda radicata ostilità.
Gli scritti di Shahak nel campo della politica estera di Israele erano quasi interamente basati su discorsi pubblicati dalla stampa ebraica; ed in questo contesto, Shahak puntualizzava che ciò che dice il governo israeliano alla sua popolazione, diverge largamente dall’affermazione che “Israele vuole la pace”. Israele, asseriva Shahak, è essenzialmente uno stato militare ed antidemocratico, come dimostra la “seconda classe” “concessa” ai suoi abitanti arabi, ed ai Palestinesi cristiani e mussulmani dei territori occupati.
Non si può conoscere Israele se non si conosce questo fatto.
Le fondamenta dello Stato poggiano sulla sua politica militare e di difesa che, come Shahak rese chiaro, in fondo hanno origine dalle sue tendenze religiose fanatiche che informano il pensiero dei suoi capi militari e dei servizi segreti che sono i principali responsabili della macchina dello stato.
Per quanto Israele sia in grado di forgiare temporanee alleanze, spesso mascherate ed accordi strategici perfino con alcuni Paesi arabi, fino al punto di avere a che fare con l’odiato Saddam Hussein quando ciò coincideva con i suoi interessi, la conclusione, semplicemente - come Shahak dice e fa rabbrividire - Israele dirà e farà tutto quello che servirà a perseguire il suo determinato scopo di raggiungere la dominazione totale a tutti i costi. Se dovesse fallire, Israele sceglierà “l’opzione Sansone!”.
La leggenda del Golem, la prima dei racconti talmudici ed in seguito propagandata nella coscienza popolare ebraica con la storia del Rabbi Loew di Praga, è un avvertimento quanto mai reale per il nostro mondo moderno.
Israele ha setacciato la Terra alla ricerca dell’uranio allo scopo di produrre il suo “golem” atomico, molto similmente alla raccolta della argilla da parte del Rabbi Loew sulla riva del fiume Vitava per plasmare il suo umanoide. Ed Israele proclama il suo golem come il mezzo per proteggersi contro i suoi nemici, reali o presunti.
Nei suoi scritti come “Future Fastforward” e “Brainwashed for War, Programmed to Kill” l’avvocato e diplomatico malese Matthias Chang ha dimostrato come l’agenda globale sionista della guerra sia operante per mezzo del complesso militare-industriale collegato con la stampa che oggi affligge il mondo.
E secondo Chang, Israele ed i suoi intrighi saranno il fulcro delle prossime guerre nucleari.
Sebbene Chang preveda un “meltdown” delle forze finanziarie dalle lunghe braccia che guidano questa macchina bellica, questo ammorbidimento non avverrà senza lottare - e, in effetti, è già in atto - siamo di fronte alla lunga guerra del XXI secolo.
Questo Maelstrom di violenza vortica intorno ad Israele ed i suoi golem, diretta risultanza della imposizione dello Stato di Israele sulla Palestina nel 1948 e la scia di conseguenze che ciò ha comportato, in special modo da quando questo è diventato - sostenuto dagli Stati Uniti - una potenza regionale, con gli Stati Uniti che innescano le guerre (mascherate o palesi) per conto degli interessi israeliani in una varietà di situazioni.
Dobbiamo tener presente che le vedute filosofiche e religiose di Israele verso il resto del Pianeta sono il fondamento del problema che stiamo affrontando in conseguenza della esistenza del suo golem nucleare.

Note finali:

1) La questione se gli ebrei, come gruppo, o come individui, o come fazioni, hanno in realtà commesso tali delitti, è oggetto di un dibattito serio, come evidenziato da uno scandalo recente in Italia quando un ricercatore ebreo italiano, studioso della Università di Bar Ilan, in Israele, Ariel Toaff, suggerì in un libro (in seguito ritirato dalle librerie, a causa dell’accoglienza gelida degli ebrei), che vi sono prove irrefutabili di tali “omicidi rituali ebraici”.
2) Nella Bibbia ebraica (Salmo 139:16) e nel Talmud ebraico, il termine “galem” o “gelem”
si riferisce ad una “sostanza informe”.


Note bibliografiche:

Pubblicista specializzato nella critica giornalistica, Michael Collins Piper è autore di “Final Judgment”, il controverso “underground bestseller”, che documenta la collaborazione dei Servizi segreti israeliani nell’assassinio del Presidente John F. Kennedy.
E’ inoltre autore de “The High Priests of War”, “The New Jerusalem”, “Dirty Secrets” e “The Judas Goats: The Enemy Within”.
Il suo ultimo libro, “The Golem: Israel’s Nuclear Hell Bomb and The Road to Global Armageddon” si può chiedere a: FAB, 645 Pennsylavania Avenue SE n. 100, Washington, D,C, 20003.
Ha inoltre tenuto conferenze su questo argomento in luoghi diversi come Malaysia, Giappone, Canada, Mosca ed Abu Dhabi. Piper ospita anche un programma radiofonico chiamato “The Piper Report”. Collegatevi al sito: www.republicbroadcasting.org.

Tratto da “The Barnes Review” Vol XIV N° 2 Marzo/Aprile 2008
traduzione: Alfio Faro
Barnesreview.com