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La geografia del mondo che cambia

di Guglielmo Ragozzino - 27/04/2008

 

C'era una volta la geografia politica. Era soprattutto superficiale, in molti sensi: descriveva confini e mari, fiumi e città, viste dall'alto o di fianco. Qualcuno sospettava che si trattasse niente più che di un insieme di testi e di cartine, preparati dagli stati maggiori, per portare guerra o difendere la patria. Vi era poi un effetto singolare di distorsione. Le città e i fiumi vicini apparivano nel racconto più importanti degli altri, tanto che si dedicavano loro più pagine e più attenzione.
Adesso è cambiata, la geografia, e forse perfino la politica sta cambiando, anche se non bisognerebbe mai essere troppo ottimisti. E' un fatto che ora si cerca di mostrare tutto il pianeta, com'è e con quali problemi; come potrebbe essere e cosa si debba sapere per cominciare a modificarlo; in meglio.
C'è dunque il confronto sorprendente con i vecchi tempi e la vecchia politica che imbrigliava la geografia nei manuali (e nelle teste) d'allora; e c'è anche la possibilità che ogni ragazzo e ogni ragazza delle medie porti con sé (nel suo pesante zaino), quanto basti per partecipare attivamente al cambiamento delle cose del mondo. O almeno sapere di che si tratta. Tutto questo viene in mente consultando «Geograficamente», l'opera in tre volumi preparata da Manlio e Federico Dinucci, padre e figlio, con la collaborazione di Carla Pellegrini e pubblicata da Zanichelli.
Regioni, paesi d'Europa, paesi del mondo, vincoli dei programmi ministeriali compaiono in ciascuno dei tomi come una sorta di appendice che complessivamente vale un terzo dello spazio. Il resto è dedicato a Noi e l'ambiente europeo, Noi cittadini d'Europa, Noi cittadini del mondo. E' notevole la proposta sull'ambiente europeo. A chi legge, si mostra in primo luogo come si contano gli oggetti geografici e come li si misura. Non importa tanto che il giovane lettore si ricordi quanto sia lungo il fiume più lungo, ma che impari a misurarlo, lo collochi nel suo spazio e capisca perché è importante. Gli autori condividono i loro segreti con i ragazzi; cercano insomma di suggerire come si possano maneggiare gli strumenti che consentono di conoscere la portata del fiume, la regolazione delle acque, il loro uso.
L'Europa, nel secondo tomo, viene descritta come il nostro mondo di riferimento, un mondo complesso, con molte religioni, abitudini, storie, cibi, culture che arrivano spesso da molto lontano, ma sono tutti possibili, tutti validi, nessuno obbligatoriamente meglio degli altri. Si tratta di non perderne nemmeno uno, perché sarebbe un impoverimento generale. E si parla di lingue, di euro, di industria, di istruzione, di sport, di condizione della donna, di lavoro minorile, di emigrazione, di diritti. Questa è l'Europa in cui i ragazzi di oggi vivranno domani; questa è l'Europa da imparare a menadito, da correggere subito negli errori che i vecchi europei hanno lasciato crescere. L'Europa, tra vent'anni, sarà tutta di questi ragazzi che oggi stanno imparando a conoscerla. Europa come insieme di persone che devono subito imparare a capirsi.
Poi viene il mondo. Come si diventa cittadini del mondo? Cosa bisogna sapere? I temi, trattati con parole accessibili, ma senza semplificazioni, sono il mosaico dei popoli, la globalizzazione, le questioni sociali, le grandi sfide del XXI secolo. Quest'ultimo capitolo, ad esempio, tratta sette argomenti: garantire i diritti umani, rendere più democratiche le Nazioni unite, creare un nuovo sistema energetico, combattere il riscaldamento globale, affrontare la crisi idrica, ridurre l'inquinamento, preservare le foreste. Di ogni argomento sono indicati gli aspetti essenziali in due pagine, poi si apre una discussione indicando pro e contro per posizioni diverse nella classe. Nel caso dell'acqua: è un bene privato o comune? Chi vuole, ha argomenti per discutere. Chi preferisce passare la mano, chi non se la sente di dire subito la sua, non per questo è perduto. Non ha ancora un'idea precisa; col tempo, se ne farà una. Geograficamente gli sarà servito.