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Nella parabola del Maestro e Margherita l'incontro felice tra il maschile e il femminile

di Francesco Lamendola - 28/04/2008

 

 

Per un po' l'ospite, scosso da un tremito, si chiuse nella sua tristezza, ma infine disse:

- Vede che caso strano: sono qui per lo stesso suo motivo, cioè per colpa di Ponzio Pilato. - Si voltò impaurito e riprese: - Il fatto è che un anno fa ho scritto un romanzo su Pilato.

- Lei è uno scrittore ? -, chiese con interesse il poeta.

L'ospite s'incupì e minacciò Ivan col pugno, poi disse:

- Io sono un Maestro -. Si fece severo e trasse dalla tasca un berretto nero, lucido dall'uso, con una «M» ricamata in seta gialla. Si mise il berretto in testa e si mostrò a Ivan di fronte e di profilo per comprovare di essere un maestro. - Me l'ha cucito con le sue stesse mani, - aggiunse con fare misterioso.

- Qual è il suo nome?

- Non ho più nome, - rispose lo strano ospite con un cupo disprezzo. - L'ho rifiutato, come del resto ho rifiutato tutto nella vita. Scordiamocene… (p. 133).

 

*  *  *

…Margherita cadde sul divano ridendo al punto che le lacrime le colavano dagli occhi. Ma quando si calmò, il suo volto subì una profonda trasformazione, essa cominciò a parlare con serietà e, senza smettere di parlare, scivolò giù dal divano, strisciò verso le ginocchia del maestro e, guardandolo negli occhi, si mise ad accarezzargli la testa.

- Come hai sofferto, come hai sofferto, mio caro! Questo lo so soltanto io. Guarda, hai fili bianchi nei capelli e una piega incancellabile all'angolo della bocca. Mio unico, mio caro, non pensare a nulla! Hai dovuto pensare troppo, adesso penserò io per te. E ti garantisco, ti garantisco che tutto sarà stupendamente bello!

- Io non temo nulla, Margot, - le rispose all'improvviso il Maestro, e alzò la testa e le riapparve così com'era quando scriveva ciò che non aveva mai visto, ma che sapeva con certezza che c'era stato - non temo nulla perché ho già provato di tutto. Mi hanno troppo minacciato e non c'è minaccia che possa farmi paura. Mi dispiace per te, Margot, ecco il nocciolo di tutto, ecco perché ripeto sempre la stessa cosa. Torna in te! Perché devi rovinare la tua vita con un malato e un miserabile? Torna a casa! Provo pena per te, perciò ti dico questo.

- Oh, tu, tu… - sussurrava margherita scuotendo la testa spettinata, - uomo di poca fede, infelice! … Io per te ieri ho girato nuda tutta la notte, ho peso la mia natura umana e l'ho sostituita con un'altra, ho passato vari mesi in uno stanzino buio a pensare a una cosa sola, al temporale su Jerushalajim, ho pianto da non poterne più, e adesso che è caduta su di noi la felicità, tu mi scacci! Va bene, me ne andrò, andrò via, ma sappi che sei un uomo crudele! Ti hanno svuotato l'anima!

Un'amara tenerezza nacque nel cuore del Maestro, e, non si sa perché, egli scoppiò a piangere affondando il viso nei capelli di margherita. Essa, singhiozzando, mentre le sue dota si muovevano sulle tempie del Maestro, gl sussurrava:

- Sì, fili, fili… sotto ai miei occhi la tua testa si copre di neve… oh, povera mia testa, che ha tanto sofferto! Guarda che occhi hai! In essi c'è il deserto… e le spalle, le spalle col fardello… ti hanno rovinato, rovinato… - Le parole di Margherita diventavano slegate, Margherita era scossa dal pianto.

Allora il Maestro si asciugò gli occhi, fece alzare dalle ginocchia Margherita, si alzò pure lui e disse con voce sicura:

- Basta. Mi hai fatto vergognare. Non mi permetterò mai più di essere pusillanime, e non ritornerò su questo argomento, stai tranquilla. So che siamo tutti e due vittime della nostra malattia psichica che forse io ti ho trasmessa… Va bene, la sopporteremo insieme.

Margherita gli avvicinò le labbra all'orecchio e sussurrò:

- Ti giuro sulla tua vita, ti giuro sul figlio dell'astrologo che tu hai intuito, tutto andrà per il meglio! (pp. 357-358).

 

*  *  *

… Il Maestro e Margherita videro l'alba promessa. Essa cominciò subito, immediatamente dopo la luna di mezzanotte. Il maestro camminava con la sua compagna nello splendore dei primi raggi mattutini attraverso un muschioso ponticello di pietra. Lo attraversarono. Il ruscello restò alle spalle dei fedeli amanti., ed essi andarono lungo una strada sabbiosa.

- Ascolta la quiete -.diceva Margherita al maestro, e la sabbia frusciava sotto i suoi piedi nudi, - ascolta e godi ciò che non ti hanno mai concesso in vita: il silenzio. Guarda, ecco là davanti la tua casa eterna, che ti è stata data per ricompensa. Già vedo la trifora e la vite che s'attorce e s'alza fino al tetto. Ecco la tua casa, la tua casa eterna. So che alla sera ti verranno a trovare coloro che tu ami, che ti interessano e che non ti inquieteranno. Suoneranno per te, canteranno per te, vedrai che luce ci sarà nella camera quando saranno accese le candele. Ti addormenterai, col tuo berretto consunto ed eterno, ti addormenterai col sorriso sulle labbra. Il sonno ti rinforzerà e saggi saranno i tuoi pensieri. E mandarmi via ormai non potrai. Il tuo sonno lo proteggerò io.

Così parlava margherita, seguendo il Maestro verso la loro casa eterna, e al Maestro parve che le parole di Margherita fluissero come fluiva e bisbigliava il ruscello lasciato alle spalle, e la memoria del maestro, l'inquieta e martoriata memoria del maestro cominciò a spegnersi. Qualcuno lo lasciava libero, come poco prima egli aveva lasciato libero l'eroe da lui creato. Questo eroe era scomparso., era scomparso irrevocabilmente, perdonato nella notte tra il sabato e la domenica, il figlio del re astrologo, il crudele quinto procuratore della Giudea, il cavaliere Ponzio Pilato. (pp. 373-374).

 

Abbiamo riportato questi tre passaggi del capolavoro di Bulgakov, terminato nel 1940 - pochi giorni prima della sua morte -, perché ci sono sembrati altamente emblematici nel delineare quello che potrebbe essere un incontro felice tra il principio maschile e quello femminile, nella realtà della vita di ogni giorno.

Certo, la storia del Maestro e di Margherita - che è solo uno dei temi centrali di questo complesso e bellissimo romanzo del Novecento - non è affatto una storia ordinaria, bensì una storia eccezionale; eppure ogni esistenza quotidiana può diventare un'avventura unica e speciale, se un prospero destino consente all'uomo e alla donna di unire le loro forze e la loro parte migliore nel cammino della vita, sostenendosi a vicenda, invece di graffiarsi e mordersi a sangue - come spesso avviene - per ignoranza della missione che sono chiamati ad assolvere.

Questo, infatti, è il punto centrale, dal quale scaturisce ogni altra considerazione: gli esseri umani non nascono a caso, ma sono chiamati all'Essere da una precisa vocazione - cui possono, beninteso, dare ascolto oppure no.

Il secondo punto è che uomo e donna non esistono per una semplice "divisine del lavoro" a livello riproduttivo, ma per una ragione assai più profonda e sublime: completarsi a vicenda e donarsi forza e gioia l'un l'altra, in modo da alleviare, con la loro sollecitudine, la fatica del vivere di ogni giorno, fatta spesso di incombenze sgradevoli e di opprimenti contingenze.

Mettere al mondo una prole felice e crescerla nel modo migliore è la conseguenza di questa intesa profonda, di questo mutuo appoggio che scaturiscono da una sincera comprensione. Nessun dubbio sul fatto che quasi qualunque coppia possa fare dei bambini, ma che solo una copia affiatata e armoniosa possa avviarli nel modo giusto sul sentiero della vita.

La ragione per la quale sollecitudine, comprensione e mutuo appoggio non sono poi così frequenti nel rapporto fra uomo e donna è che entrambi, sempre più spesso, hanno smarrito la propria specificità di genere. La donna si è via via mascolinizzata e, al tempo stesso, si è esasperatamente erotizzata (al punto da voler erotizzare anche i propri bambini: e poi ci si stupisce per il proliferare della pedofilia!); l'uomo si è effeminato. Incerti e frastornati circa la propria verità interiore, essi non sono più in condizione di sostenersi a vicenda, di offrirsi ciò di cui avrebbero bisogno. E reagiscono, sempre più spesso, facendosi del male, magari usando i figli come campo di battaglia e luogo di rivalsa.

Ma che cosa dovrebbe trovare l'uomo nella donna, e che cosa la donna dovrebbe aspettarsi di trovare nell'uomo?

L'uomo, nella donna, aspira a trovare dolcezza, incoraggiamento, sostegno per realizzare il proprio fine trascendente. Il vero uomo non restringe i propri orizzonti entro la sfera dell'utile immediato; e nemmeno vuole idolatrare la propria donna. Il suo sguardo è proteso verso le altezze: è un figlio della luce, che della luce serba una inestinguibile nostalgia e che, sempre, torna ad alzare lo sguardo oltre la dimensione del contingente. È come un capitano di mare: non può vivere senza l'odore del salmastro nelle narici, senza lo schiaffo del vento sul viso. Ha bisogno di sentirsi ballare il ponte della nave sotto i piedi; e quanto più forte è la tempesta, tanto meglio!

La sua autentica compagna è colei che riconosce ed accetta il destino trascendente dell'uomo, la sua tensione verso l'infinito, e - non che appesantirlo con un buon senso dozzinale o con i capricci di una vanità che vuol essere sempre al centro della scena - lo aiuta per quanto sta nelle sue forze, lo incoraggia, lo sostiene nei momenti difficili. Ma non cerca di tarpargli le ali, non lo angustia con meschine querimonie; anzi, è fiera del suo amore per le vette.

E la donna, che cosa avrebbe il diritto di trovare nell'uomo che le si pone accanto?

Innanzitutto, non uno spirito angusto e narcisista; non uno zerbinotto preoccupato solamente di fare bella mostra di sé; non una brutta copia di un certo, deteriore esibizionismo femminile: ma una natura virile, che disprezza le apparenze e tira dritto verso la sostanza delle cose. Certo, anch'ella si aspetta di trovare un compagno che la capisca e la sostenga, ed è giusto che sia così; ma, in fondo al cuore, ella non può che provare disprezzo per un bel bambolotto che cerchi solo l'altrui ammirazione o che, peggio, si faccia schiavo di lei, sottomettendosi a tutti i suoi capricci.

La donna è una creatura della terra. Lo esige la sua vocazione alla maternità. Non sente, con la stessa forza dell'uomo, il richiamo delle altezze; tuttavia può intuirlo per merito di lui, e può dare un prezioso contributo perché il suo compagno lo possa seguire. L'uomo, se è fiero, è fiero della missione che si sente chiamato a compiere; la donna, si sente fiera di aver collaborato al raggiungimento di questo fine.

Ogni anima di donna calda e generosa ha avvertito la nobiltà di questo compito, e si è prodigata ad aiutare il suo uomo a divenire fiero di se stesso. Perciò, dietro molti grandi uomini ci sono la dedizione, il calore, la profonda amicizia di una donna che ha saputo essere la compagna ideale. Se l'uomo manca questo obiettivo, non rimane che un uomo incompleto, frustrato e insoddisfatto; e la donna che abbia il triste vanto di aver contribuito a tale fallimento, dividerà con lui l'inferno dell'amarezza e della rabbia impotente.

Nella donna, più che nell'uomo, sono sviluppate le tendenze sadiche e masochiste che la spingerebbero a imporre il proprio dominio tirannico sull'uomo, oppure a lasciarsene maltrattare, umiliare e calpestare. Ciò fa parte della sua natura terrestre. Spesso ella sceglie il compagno sbagliato e si rovina la vita con le sue stesse mani, perché né l'uomo sottomesso, né l'uomo padrone potranno darle ciò di cui ha veramente bisogno, se non in misura banalmente superficiale. Anche se il suo io chiede di tiranneggiare o di essere schiavizzato, la sua natura profonda desidererebbe ben altre cose: un uomo che, pur imponendosi a lei, non abusi della sua forza, ma le trasmetta ciò ch'ella desidera sopra ogni altra cosa: il sentimento di essere amata così com'è, per se stessa, e non per la sua bellezza o per la sua giovinezza o per altre circostanze esteriori.

Anche l'uomo, ovviamente, vorrebbe essere amato per quello che è; ma l'amore della donna, per lui, non è mai un fine, bensì un trampolino verso le altezze. È questo, se si vuole, il concetto stilnovistico e dantesco della donna-angelo. La donna è un dono del Cielo che aiuta l'uomo ad innalzarsi a sua volta; proprio come Platone insegnava che la bellezza sensibile è solo una prima tappa verso il divino.

Certi, vi sono molte donne che sembrano puntare esclusivamente a soggiogare l'uomo mediante la seduzione sessuale. Ma perfino costoro, in fondo alla propria anima, sperano e vorrebbero trovare, finalmente, un uomo che, invece di cadere in ginocchio davanti alla loro sensualità, imponga loro un livello di esistenza più alto: che le faccia vergognare di aver riposto ogni loro ambizione nelle lusinghe del sesso, e le richiami al senso della loro autentica vocazione: quella di essere le fedeli compagne di un uomo che vuol levare i suoi occhi verso le altezze. Perfino le donne di strada avvertono, d'istinto, questa sorta di rispetto quasi involontario per l'uomo virile, che attrae ma non chiede; che è forte senza arroganza; e che procede con decisione lungo la sua strada, senza avvoltolarsi nel fango come un bruto.

La donna non vuole solamente essere amata; vuole anche essere ammirata. È nella sua natura; anche se molte donne, oggi, hanno portato questo loro istinto fino all'esasperazione e alla volgarità. Nella parte più segreta di se stessa, però, la donna - benché sia lusingata dagli sguardi di desiderio del maschio - non tiene in gran conto coloro che la bramano solo in quanto oggetto di concupiscenza.  Solo la donna intimamente depravata e solo l'uomo intimamente effeminato si appagano reciprocamente di un tale giochetto. La vera donna e il vero uomo hanno bisogno di ben altro cibo da gustare: e, fra i due, dev'essere l'uomo a rompere il cerchio perverso della seduzione fine a se stessa, del guazzare in acque basse come pesci d'acqua dolce; dev'essere l'uomo a ricordare a se stesso, e, indirettamente, alla donna, che altro è il destino dell'essere umano: quello di spingersi verso le acque profonde, di andare sempre oltre se stesso.

La cosa, però, nella società attuale si sta facendo sempre più difficile. Uomo e donna sembrano aver smarrito il senso profondo del loro viaggio esistenziale e troppo spesso, invece di aiutarsi e  completarsi, si fanno una guerra spietata per il potere sul sesso opposto. Da questa guerra, comunque finisca, non emergerebbe alcun vincitore, ma solo degli sconfitti: uomini svirilizzati e donne sempre più nevrotiche e infelici.

Perciò, un consiglio: leggere e meditare un romanzo come Il Maestro e Margherita. Margherita che ama così tanto il suo compagno, da cucirgli un berretto con la «M» di Maestro in seta gialla. Maestro, in russo, è chi eccelle nel proprio campo; per indicare l'insegnante elementare si usa un'altra parola. Il Maestro eccelle per quel suo essere così com'è: povero, idealista, intrepido e assetato di raggiungere le altezze. Nemmeno nel manicomio, ove gli uomini ottusi lo rinchiudono per tarpare i suoi sogni, egli abdica al suo ruolo e alla sua profonda dignità, ricevuti dalle mani amorevoli di lei.

Una vera donna ha bisogno di amare un uomo così: anche se non è elegante, anche se non ha fatto i soldi, anche se non è "furbo", nel senso che si dà comunemente a questa parola.

E un vero uomo ha bisogno di amare una donna così: che lo avvolge in un soffice mantello di delicatezza, ma senza soffocarlo; che si preoccupa della sua stanchezza; che consola i suoi affanni e le sue delusioni, e lo incoraggia a puntare sempre in alto.

 

Da Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov (traduzione di Vera Dridso, Torino, Einaudi, 1967):