Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La lunga marcia del libertino

La lunga marcia del libertino

di Adolfo Morganti - 30/04/2008

 

Lo scopo di questa relazione, in sé affatto semplice, è di introdurre brevemente alla conoscenza

dell'ideologia profonda, talmente profonda da farsi anche metafisica, del mondialismo

contemporaneo: il libertinismo. Impresa per nulla originale, visto che fortunatamente è possibile

seguire la traccia del prezioso lavoro di Emanuele Samek Lodovici che nel suo noto saggio

Metamorfosi della gnosi1‚ ed in altri contributi minori per primo ha avuto l'intuizione di leggere

i mutamenti del costume sociale dell'Italia postbellica dal punto di vista della rapida affermazione di

una cultura neo-gnostica, libertina, post-ideologica e mondialista, dotata di un progetto ben preciso

per la ristrutturazione del nostro futuro prossimo che in altra sede ho definito "l'ideale di una

società caotica", nella convinzione che in quanto europei e cattolici è con questo progetto che sia

necessario fare oggi più che mai i conti.

È quindi bene iniziare sfatando immediatamente un equivoco: quando si parla di libertinismo,

non si allude nella sostanza all'utopia letteraria che ha in François Donatien De Sade il suo

esponente più noto, né si vuol ridurre il libertinismo all'accezione assunta da questo termine nel

linguaggio comune, alla filosofia di vita godereccia di nobilotti settecenteschi e cortigiani decadenti

alla ricerca di facili e variegate distrazioni sessuali.

Beninteso, il libertinismo possiede anche questi aspetti, ma nella sua essenza è ben altro: si tratta

infatti di un lucido e consequenziale, per quanto paranoide, progetto globale di "rigenerazione" del

reale, che procede innanzitutto da una rivoluzione antropologica, ossia un cambiamento dell'idea

stessa dell'uomo, per produrre quindi una rivoluzione sociale, politica e di costume che solamente

in questi ultimi decenni sembra essere effettivamente riuscita, almeno in gran parte, a modellare il

mondo secondo i suoi intenti.

Uso qui il termine paranoide in un senso preciso e clinico, alludendo ad una patologia mentale in

cui, a partire da un nucleo assolutamente delirante, si costruisce un sistema di conseguenze logiche

razionalmente inattaccabili, sovente assolutamente consequenziali, il cui unico punto debole sta

appunto nell'assurdità della premessa.

Ad esempio, un paranoico può procedere dall'assunto delirante di essere Dio alla costruzione di un

sistema psicotico assai complesso, da cui potrà derivare ad esempio la certezza di essere immortale,

di poter attraversare i muri, di guidare i pensieri degli altri uomini etc. Se si prende per buono

l'assunto iniziale, questa costruzione appare coerente e “razionale”; se questo non avviene, il tutto

si svela per quello che in realtà è: una costruzione delirante.

Non sembri fuori posto utilizzare categorie medico-psichiatriche nell'affrontare, sia pure da un

punto di vista un po’ inusuale, un capitolo basilare della storia delle idee contemporanee.

E’ oramai ben noto a tutti quanto il razionalismo contemporaneo, a dispetto delle sue pretese di

scientificità e della sufficienza con cui dileggiava le "superstizioni religiose” possedesse un suo

lato oscuro, notturno, subrazionale, di grande potenza e complessità. Il settecento e l'ottocento,

epoche d'oro dell'illuminismo, del culto della Dea Ragione, del liberalismo e del positivismo,

vivevano in realtà di una schizofrenia profonda, e dietro alla finzione della raison cartesiana e

volterriana pullulava tutto un sottobosco di irrazionalismo sfrenato: si pensi solamente ai suoi

aspetti più teatrali e sincretistici, come l'ubriacatura massonica ed egittizzante settecentesca e la

grande moda dello spiritismo e della teosofia del secolo successivo.

Gli stessi philosophes‚ che di giorno levavano strali contro i "residui medievali” della religione e

della monarchia, di notte si tuffavano nei riti inventati delle logge, nei magnetismi ed in ogni

genere di esperienze pseudospiritualistiche e settarie. In un celebre componimento di De Sade la

cerchia degli Eletti, dei libertini, riunita per una sontuosa cena in un ambiente ricco e raffinato, si

esercitano in un'ironia corrosiva e volterriana nei confronti della “superstizione cristiana” così

opposta ai dettami della retta ragione: il tutto con un particolare importante: gli Eletti stanno

pasteggiando con gli escrementi dei loro prigionieri e vittime.

Questa realtà conferma la bontà dell'intuizione di Mircea Eliade, il sommo storico delle religioni

romeno, quando nota come in realtà il Sacro non scompaia mai dall'esperienza umana, a dispetto

degli sforzi moderni di cancellarlo o negarlo filosoficamente; se questa negazione diviene

predominante, il Sacro al massimo si degrada, generando forme di parodia del Sacro autentico,

invenzione neospiritualista, fino a forme di delirio (appunto).

In questo contesto, per tutto il XVII e XVIII secolo il libertinismo si è strutturato assorbendo

appieno le premesse culturali illuministe, ma elevando ad un grado estremo e patologico, come

contributo originale alla temperie del tempo, un generale astio antireligioso in generale, e

anticattolico in particolare, già presente nella cultura filosofica e borghese del tempo. E ciò ci

consente di individuare immediatamente il nucleo delirante centrale del libertinismo: la

sostituzione dell'Io a Dio, che procede di pari passo col culto del disordine universale, che è

inversione e parodia della concezione del cosmos‚ classica e cristiana.

Nel libertinismo il Dio cattolico viene rifiutato non in nome di un vago teismo, come in Robespierre

e nelle correnti "fredde” della massoneria, o di un ateismo scientifico: il libertino pone sé stesso, in

quanto Uomo Superiore, al posto di Dio, ed in sé stesso divinifica la parte che maggiormente gli si

presenta immediatamente come quella più potente, dominante, eminente: l'istinto.

«Hai voluto conoscere un Dio, puttana, come se esistesse altro Dio all'infuori dei miei piaceri e

del mio fallo» Questa breve citazione sadiana tratta dalla Nouvelle Justine (vol. I, p. 220)‚ serva

per render conto almeno degli sviluppi letterari di questa autodivinificazione. Né paia strano che

aldilà delle mistificazioni filosofiche e letterarie il rifiuto della superstizione religiosa conduca alla

deificazione degli istinti più bassi dell'uomo concreto: nell'organicità della costituzione umana,

vista la sua natura complessa somato-psico-spirituale, tagliargli la Via verso il Cielo provoca

irrimediabilmente l'apertura della Terra, e il dilagare del caos: in questo caso, un dilagare

lucidamente provocato.

Il Libertinismo si presenta quindi come un interessante versante esoterico dell'illuminismo in

grado, nella sua natura coscientemente irrazionale, di rendere coerenti ad un unico fine delle

contraddizioni apparentemente stridenti. In esso convivono infatti un'anomìa assoluta, il rifiuto

cioè di ogni norma oggettiva, che sul piano etico si concretizza nella pratica "scientifica” della

trasgressione di ogni norma morale comunemente accettata, e parallelamente un paradossale e

cupo ascetismo rovesciato, che si concretizza nel culto della distruzione di ciò che è.

«Oh! Che azione voluttuosa é quella della distruzione. Non vi è estasi simile a quella che si

assapora dandosi a questa divina infamia» (De Sade, Juliette, II, 63).

E’ pur tuttavia chiaro che non é certamente il '700 a battezzare il libertino, perché la tendenza

all'autodivinificazione dell'Io non ha tempo.

Guardando indietro nel tempo, un parallelo che si impone immediatamente alla nostra attenzione è

quello tra la temperie spirituale libertina e la teologia di quell'interessantissima eresia medievale

di tipo gnostico-manicheo che fu il Catarismo

I Catari notoriamente erano suddivisi al proprio interno in livelli differenti: al cerchio esterno

degli adepti veniva insegnato il rigetto di ogni norma morale (visti i tempi, una morale cattolica)

e sociale, e venivano spinti a violarne volontariamente e sistematicamente ogni prescrizione" da

cui una licenza etica unita ad un caos sociale che condusse alla guerra europea (ed alla quasi‚

completa distruzione della setta) assai più che le problematiche puramente dottrinali.

Nello stesso tempo tuttavia il cerchio interno dei Catari, i cui membri si autonominavano

"Perfetti"‚ rifiutava drasticamente come inferiore questo scatenamento degli istinti, per dedicarsi

invece fanaticamente alla singolare libido‚ della demolizione della realtà gnosticamente colta come

il parto di un dio malvagio e quindi da distruggere ad ogni costo: da cui la pratica di una castità

assoluta, per non generare altre vittime del dio malvagio, e la diffusa abitudine dei suicidi rituali

per fame allo scopo di sfuggire da questo mondo.

Il parallelo ci appare evidente: se i Catari volevano distruggere la realtà per liberare dalla tomba

della Materia lo Spirito divino presente in ogni uomo, i libertini praticano sistematicamente

la profanazione di ogni regola morale e cosmica («l'impossibilità di oltraggiare la natura è per

me il più grande supplizio che sia stato inflitto all'uomo», De Sade, Nouvelle Justine, vol. I, p.

220) e la distruzione degli "esseri inferiori” (gli esterni al cerchio dei "perfetti", i libertini stessi)

come gesto di affermazione rituale della propria superiorità rispetto al mondo ed alla plebe¬

per confermare quantomeno nella libido‚ della distruzione e della profanazione universale la

propria volontà di diventare dio¬ il proprio essere dio.

Invero un'analisi seria dell'onda lunga dello gnosticismo e delle sue sopravvivenze e trasformazioni

contemporanee ci può aiutare molto a comprendere non solo il passato, ma anche il presente:

basterà citare qui le pagine di Emanuele Samek Lodovici, purtroppo scomparso in giovane età,

sul femminismo dei primi anni '70, che potrebbero essere utilmente aggiornate prendendo in

considerazione le modificazioni del costume sociale e la stessa "evoluzione” del diritto di famiglia

degli ultimi 30 anni.

Ma é possibile risalire dai secoli del basso Medioevo ancora più indietro, fino a quel tempo in cui si

sono poste le basi della nostra civiltà, ed a cui sembra quasi un destino che si debba tornare

tutte le volte che si affrontano i nodi del nostro presente: i primi tre-quattro secoli della nostra era.

Tracce provocatorie e consistenti di "libertinismo religioso” si constatano infatti all'interno di

numerose esperienze ereticali dei primi secoli della nostra era, tutte accomunate dal meccanismo

"Io mi faccio il Sacro a mia misura” tipico anche di note esperienze neospiritualistiche

contemporanee come il new age.

Proprio analizzando le radici profonde del new age, infatti, la Congregazione per la Dottrina della

Fede della Chiesa Cattolica, nel documento Alcuni aspetti della meditazione cristiana. Lettera ai

vescovi della Chiesa cattolica, sottolinea la persistenza ancor oggi al suo interno, in particolare

con riferimento a “modi erronei di pregare” dei portati di due antiche eresie, due “deviazioni

fondamentali” dei primi secoli cristiani: la pseudognosi‚ e il messalianismo.

La pseudognosi dei primi secoli, così definita per distinguerla accuratamente dalla vera Conoscenza

dei Misteri divini propria ad esempio ai Padri come ogni sua riproposizione successiva, era

caratterizzata dal rigetto della realtà manifestata, colta come diabolica e nemica della natura

intimamente divina dell'uomo: «La pseudognosi considerava la materia come qualcosa di impuro,

di degradato, che avvolgeva l'anima in una ignoranza dalla quale la preghiera avrebbe dovuto

liberarla per innalzarla alla vera conoscenza superiore e quindi alla purezza» da cui la

coltivazione di credenze soteriche di eterogenea origine, l'idea di un necessario esoterismo della

verità (certamente non tutti ne erano capaci, ma solo gli uomini veramente spirituali), l'esercizio di

forme ascetiche di mortificazione della carnalità concreta singolarmente unito a forme di

immoralismo (sessuale, familiare, sociale) valorizzato come gesto di affermazione della propria

libertà e superiorità sul volgo.

Il messalianismo era connotato dalla singolare pretesa di identificare la presenza del Sacro

nell'uomo con stati estatici o, come diremmo oggi, stati alterati di coscienza. I falsi carismatici del

IV secolo identificavano la grazia dello Spirito Santo con l'esperienza psicologica della sua

presenza nell'anima, riducendo l'esperienza spirituale alla ricerca di stati emotivi particolari.

«Tutte e due queste forme di errore (inducono l'uomo) a cercare di superare la distanza che separa

la creatura dal Creatore, come “qualcosa che non dovrebbe esserci" (...ad abbassare ciò che viene

accordato come pura grazia al livello della psicologia naturale, come “conoscenza superiore” o

come "esperienza"» (pp. 8-9).

In positivo, dal punto di vista cattolico i Padri della Chiesa indicarono chiaramente che la materia

é creata da Dio e pertanto non é in sé cattiva" che la conoscenza del Mistero, in tutti i suoi gradi.

non é una conquista che il singolo. più o meno dotato, consegue separatamente dalla comunità

ecclesiale. ma una grazia che comunque anche nei casi più eccezionali giunge da Dio come dono

gratuito" infine.che non sono certamente i mutevoli stati d'animo degli individui a poter servire

da prova per la presenza o meno della grazia medesima nella concretezza della persona.

Soprattutto. Drasticamente. tutti i tentativi dell'Io di autodivinificarsi rappresentano un inganno.

Anzi, l'Inganno (cfr. ivi la bibliografia patristica in nota).

Questo rapido excursus ci consente quindi di comprendere perché il libertinismo politico e

spirituale oggi dilaga nell'occidente opulento con i suoi due volti:

a) Per le plebi della società opulenta contemporanea (e anche per le plebi più numerose dell'est

europeo e del terzo mondo, che ad essa non appartengono ma che si mettono in marcia per

partecipare in qualche modo al suo banchetto), la proposta è chiara e semplice: un'anomìa completa.

il rifiuto cioè di ogni Legge che non sia quella della convenienza e della soddisfazione di ogni

bisogno senza alcun discernimento o giudizio di merito, in modo perfettamente coerente all'utopia

liberale di santificare ogni esigenza trasformandola in mercato. Si pensi solamente alle illusioni

di cancellazione degli abusi di droga tramite la sua legalizzazione, o all'utilizzo delle tecniche di

realtà virtuale a scopo allucinatorio, violento e pornografico.

Vladimir Solov'ev, nel suo celebre Racconto dell'Anticristo, scritto alla fine del secolo XIX, ci

ha lasciato un'immagine letteraria del mondo dominato dall'Anticristo che un po’ sorprende per

contemporaneità: l'Anticristo è un filantropo ecologista, è vegetariano, portabandiera della

definitiva rivoluzione sociale, quella dell'”uguaglianza della sazietà generale" il suo mondo è il

tempo del supermarket delle religioni, del miracolo in diretta TV, in cui si fa largo uso

dell'evocazione e della comunicazione coi defunti (cancellazione illusoria della morte), la

tecnologia si mescola all'uso disinvolto della magia e dilaga l'utilizzo sfrenato del sesso a fini

magici, allietato dalla partecipazione diretta dei dèmoni (“si svilupparono nuove inaudite forme

di orgia mistica e demonolatria”).

b) Per l'élite dei nuovi libertini la prospettiva si ribalta completamente: parafrasando Eliot, se le

masse vengono corrotte utilizzando il potere della lussuria, nella cabina di comando si esercita con

caparbia costanza la lussuria del potere, che si concretizza nella sistematica violenza distruttiva nei

confronti della realtà concreta di singoli, popoli e culture in ossequio ad un'utopia mondialista che è

semplicemente l'allucinazione delirante di un mondo senza definitivamente più identità e radici. Mi

si esima da dover fare degli esempi che da soli riempirebbero più volumi.

È bene però notare quanto questa lussuria del potere vada perfettamente d'accordo con un

moralismo apparente tipicamente altoborghese, e in esso trovi persino spazio l'apparente rispetto dei

precetti religiosi, come Maurizio Blondet ha fatto notare nel suo Gli Adelphi della dissoluzione‚ nel

caso specifico dell'élite finanziaria italiana.

Il che servirà quantomeno a farci comprendere quanto, in anni di facili ubriacature ideologiche di

ritorno, sia all'Essenziale che si debba tener ben fisso il cuore, perché sulla fedeltà ad esso uomini

e popoli sono giudicati.

Adolfo Morganti

Bibliografia

M. Blondet, Gli Adelphi della dissoluzione. Strategie culturali del potere iniziatico, Ares, Milano 1994.

Congregazione per la dottrina della Fede, Alcuni aspetti della meditazione cristiana. Lettera ai vescovi

della Chiesa cattolica, EDB, Bologna 1989.

M. Eliade, Il Sacro e il profano, Boringhieri, Torino 19..

A. Morganti, "Porneia. Crisi e dissoluzione della sessualità", ne I Quaderni di Avallon‚ n°18/1988, Il

Cerchio, pp. 137 e segg.

A. Morganti, "L'uomo dei Lumi: una mutazione antropologica", ne I Quaderni di Avallon‚ n°20-21/1989, Il

Cerchio, pp. 81 e segg.

E. Samek Lodovici, Metamorfosi della Gnosi, Ares, Milano 1979.