Le previsioni realistiche di George Orwell
di Giovanni Lanza - 17/09/2005
Fonte: Rinascita
Numerosi studiosi segnano tra le conquiste della Rivoluzione francese la prima nascita del giornalismo moderno. Attraverso i numerosi pamphlet satirici e di opinione politica diffusi dai filosofi e rivoluzionari francesi del tempo, il popolo poteva essere informato/manipolato per essere utilizzato contro i governi del tempo.
Ed è proprio in questa contrapposizione tra informazione e manipolazione delle masse che ruota il sistema giornalistico contemporaneo. Gli ideali della Rivoluzione francese portarono alla luce le rivendicazioni dei ceti più deboli, i diritti umani e civili, tra i quali la libertà di espressione, manifestata anche nella libertà di stampa. Ma nel significato di libertà di espressione vi sono intrinseche numerose interpretazioni.
E’ ovvio che per i pensatori del tempo libertà d’espressione non significava essere liberi di calunniare qualcuno, ma essere liberi di esprimere le proprie opinioni su tutto ciò che ci circonda, soprattutto sulle cose che ci riguardano direttamente, e di sapere ciò che accade nel mondo in cui viviamo. Ovvero poter parlare liberamente delle proprie opinioni ed essere allo stesso tempo informati.
Nella storia si sono succeduti vari sistemi di governo ma in una cosa tutti sono stati simili, ovvero nell’utilizzo dell’informazione come mezzo di propaganda o manipolazione delle masse.
Con la creazione dei più moderni sistemi d’informazione come la radio e la televisione, e la credibilità che essi stessi hanno avuto nelle masse, tutti i governi cercarono di controllare il cosiddetto “Quarto Potere”. Che siano governi totalitari o (finti) democratici entrambi arrivano o mantengono il potere anche grazie all’utilizzo di questa formidabile miscela, di immagini, suoni, voci e lettere che abilmente giostrate possono manipolare il pensiero di coloro che le percepiscono. Sarà questo quello che volevano i filosofi illuministi di un tempo per il loro futuro? Niente affatto. Da un’informazione che doveva essere un strumento a favore del popolo e che avrebbe dovuto controllare i governi si è gunti ad uno strumento a favore dei potenti per governare il popolo. Se da una parte la stampa ed i media hanno fatto luce su grandi scandali sociali, lottato per delle giuste cause, informato ed educato correttamente le persone, ancor di più sono servite per sviare il popolo da altri problemi reali del Paese o da fatti ancor più incresciosi come guerre e massacri.
Non sempre basta un’informazione onesta, l’importante è che il popolo comprenda l’importanza e la delicatezza di determinati argomenti. Ma se continuamente veniamo bombardati da programmi stupidi di varietà, dove si regalano (?) miliardi, da un cinema fatto di miti introvabili nella realtà, dalle competizioni calcistiche e da tutte le altre distrazioni che fanno parte di questo circo, come possiamo sperare che la gente, che lavora tutto il giorno, e molta della quale duramente, per vivere e mantenere una famiglia, possa trovare interesse per altri delicati argomenti? Per di più di difficile comprensione? E’ abbastanza chiaro che oggi si vuole allontanare la gente dalle verità più scomode, con tanto di beneplacito da parte della maggioranza delle stesse persone.
Perché con il loro beneplacito? Perché si fa di tutto per complicare gli argomenti cruciali, renderli noiosi e pesanti di fronte allo sballo della vita “consumista” che in molti sognano ma in pochi possono realmente permettersi.
Con la rappresentazione dei sogni e delle speranze della gente soprattutto la televisione attira verso di sé l’interesse e la fiducia di molte persone. Nel nostro sistema capitalistico più la gente è attaccata al televisore più salgono i proventi delle pubblicità e così ne cade la qualità a favore della superficialità purtroppo sempre troppo interessante. L’Informazione è divenuta sempre più un’impresa commerciale ed infatti sono i grandi gruppi industriali, i governi (a volte entrambi in uno) a monopolizzare tutto questo a loro piacimento. Bisognerebbere richiamare in causa il famoso libro 1984 di George Orwell, socialista convinto, dove è analizzato in maniera lineare questo problema. Anche se lo scrittore nella sua opera si riferiva soprattutto ai regimi della Guerra Fredda essa può essere valida per i nostri giorni pur essendo questi velati da una falsa libertà.
Orwell parla di lavaggio del cervello e controllo delle persone da parte di superpotenze, con metodi mediatici impressionanti, a favore di una causa “comune”, la vittoria contro il nemico di sempre. Non importa se il nemico di sempre cambia spesso, l’importante è la vittoria finale. Come convincere la gente che altre persone mai viste sono i loro nemici? Attraverso il terrorismo di Stato. Nel libro si carpisce addirittura l’idea che siano gli stessi governi a causare ed organizzare i bombardamenti nelle proprie città per provocare l’odio della gente contro il nemico immaginario, vessandola inoltre con nuove tasse “giuste”.
La gente si convince con la paura, con la demonizzazione, ed a volte anche con il solo dubbio. Per esempio se si volesse danneggiare l’economia in crescita di un Paese basterebbe divulgare a gran voce notizie su presunte malattie od inefficienze presenti in quel Paese. Cosi vale anche per la politica interna tra i partiti rivali attraverso presunti scandali personali.
All’uscita del libro, nel 1949, Orwell aveva già capito tutto questo. Aveva già delineato come si sarebbero sorretti i rapporti di forza all’interno del mondo classista. Un mondo diviso in alti, medi e bassi, dove i medi cercano di diventare alti cercando l’appoggio dei bassi e convincendoli a lottare per il loro interessi, fino a conquistare il posto degli alti. E così viceversa per i nuovi medi. Gli unici a vedere immutata la loro situazione sono i bassi, che rimangono perennemente sottomessi dagli uni e dagli altri.
Aveva già compreso il futuro Orwell, quando descriveva gli slogan mediatici delle superpotenze: “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”. Quanto sono contemporanee queste parole oggi giorno se guardiamo a ciò che è avvenuto in Iraq.
Per una vera democrazia abbiamo bisogno di un rafforzamento di quella stampa indipendente ed alternativa contrapposta a quella governativa controllata da gruppi imprenditoriali con ramificazioni molto ampie. Bisogna risvegliare i veri valori e sotterrare ciò che porta alla debolezza ed all’insensibilità.
Se il circo che ogni giorno vediamo è sinonimo di libertà di espressione e democrazia allora che ben venga una dittatura (magari) di stampo cubano. Almeno nelle sue “chiusure non democratiche” vi è una difesa degli interessi del popolo, dei cosiddetti bassi di Orwell.