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Strangolata dal blocco, Gaza sprofonda tra miseria e penuria

di Michel Bole-Richard - 30/04/2008




Un nuovo odore aleggia nelle strade di Gaza: quello dell’olio da frittura. In effetti, alcuni automobilisti hanno trovato un rimedio alla mancanza di benzina: mettono dell’olio da cucina nel serbatoio per far andare il motore. E quello funziona! Per quanto tempo? La maggior parte degli altri automobilisti hanno convertito le loro macchine a gas butano. La bombola viene sistemata nel bagagliaio. E questa cammina con qualche modifica del carburatore. Ma l’arte di arrangiarsi ha dei limiti e il gas si fa sempre più raro. Quanto al carburante ordinario, è praticamente introvabile. Salvo che al mercato nero. I prezzi sono saliti al cielo. Cinque volte di più per la benzina, quattro volte per il gasolio e tre volte per il gas.

Gaza è a secco. Di norma, bisogna essere un pilota abile per trovare una via di passaggio nella confusione del traffico. Oggi, le strade sono quasi vuote e i taxi una rarità. Ci si ammassa in dodici o più nelle grandi mercedes gialle. Sono riapparsi i cavalli della polizia. I somari e i muli sono ridiventati i sovrani della strada. Da quando gli israeliani hanno chiuso i rubinetti, la vita si muove al rallentatore. "È come se ci fosse un coprifuoco. Certe aree sono diventate zone fantasma", commenta Khalil Abou Shamala, dell’associazione di difesa dei diritti dell’uomo Al-Dameer. Le stazioni di servizio sono chiuse. Le auto parcheggiate al sole si coprono di polvere. Gaza è paralizzata in un torpore soffocante.

Secondo Kanan Ubaid, vice-ministro dell’Energia, la benzina si è prosciugata dall’inizio del mese di aprile, la nafta è stata tagliata dal 6 e la fornitura di gas si è fermata il 17. La centrale elettrica, che era a corto di carburante, ha ricevuto, mercoledì 23 aprile, 972mila litri di nafta. Di che reggere tre giorni senza tornare a pieno regime. Ci vorrebbero 3,2 milioni di litri per settimana per far funzionare le turbine normalmente. Così Kanan Ubaid ripartisce i tagli a turno tra i quartieri. Quanto al carburante per le auto, spiega che servirebbero 70mila litri di benzina e 360mila litri di gasolio al giorno e che, prima della fine delle forniture, non ne arrivavano rispettivamente che 70mila e 800mila litri a settimna semaine. In merito alle accuse delle autorità israeliane secondo cui Hamas è responsabile della penuria, attingendo alle forniture e non facendo uso delle riserve esistenti, Kanan Ubaid risponde che tutto ciò è falso. È vero – dice – che esiste un serbatoio quasi pieno, ma i distributori scioperano, rifiutandosi di gestire la scarsità e di fare da arbitri tra le molteplici richieste. "È troppo facile accusarci mentre siamo sempre più messi a razione. Si tratta di una condanna collettiva a una morte lenta della popolazione e dell’economia. È un crimine commesso sotto agli occhi della comunità internazionale che ne è complice", protesta.

Le cifre fornite dall'Unrwa (Agenzia delle nazioni Unite per l’aiuto ai profughi palestinesi) sono eloquenti. Dal gennaio 2007 all’aprile 2008, la fornitura di gasolio è passata da 6,6 milioni di litri a 1,3 millioni; quella di benzina da 1,5 milioni a 134mila litri; quella di carburante industriale da 8,3 milioni a 5,2 milioni e quella di gas da 5,2 milioni a 2 milioni di metri cubi.

A causa del carburante, l'Unrwa ha deciso, giovedì, di bloccare le sue forniture di alimenti. Con gli aiti alimentari forniti dal Programma alimentare mondiale (Pam), essi riguardano circa un milione di persone sugli 1,5 milioni di abitanti della striscia di Gaza. "Sono passate tre settimane da quando le autorità israeliane sono state avvertite del possibile disastro, e non è successo nulla. Non saremmo mai dovuti arrivare a questo punto", si ribella John Ging, direttore delle operazioni dell’Unrwa, prima di aggiungere: "È un insulto alla dignità dei palestinesi e una violazione dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale".

I trasporti pubblici non funzionano più. Le università e numerose scuole sono chiuse. Le ambulanze, i generatori, le pompe idriche funzionano al rallentatore. "Quindici motori diesel per i pozzi si sono fermati, privando dell’acqua 70mila persone. Dal 15 al 20 per cento della popolazione non ha acqua che per tre o cinque ore al giorno", fa sapere l’Unrwa. La spazzatura si è accumulata. 60mila metri cubi di acqua al giorno sono rigettati in mare depurati in parte o per nulla. Le riserve di carburante degli ospedali sono al di sotto della soglia critica.


"Gli israeliani dicono di aver lasciato la striscia di Gaza, ma controllano tutto e fanno delle incursioni praticamente ogni giorno. Dall’inizio dell’anno, 53 bambini di meno di 18 anni sono stati uccisi e altri 117 feriti. Tutto ciò fa parte della responsabilità di Israele. Tutto ciò porta a maggiore radicalismo, più violenza, più odio. La politica del blocco non funziona. Perche continuare?", si chiede John Ging.

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L'articolo in lingua originale di Le Monde,