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1° maggio, concerto per tromboni e arpa

di Stefano Montanari - 02/05/2008

     

Destra? Sinistra? Ieri, il 1° maggio, nessuno ha perso l’occasione per dare fiato ai propri tromboni, ognuno vestendo i panni del difensore appassionato dei lavoratori oppressi e ognuno tuonando contro la strage tricolore che, con una puntualità disarmante, viene perpetrata giornalmente ai danni di chi svolge certe mansioni.

Naturalmente a nessuno di questi solisti o concertisti è venuto in mente di chiedere a se stesso dove diavolo fosse negli ultimi decenni, decenni in cui, in nome di un progresso malinteso, non so quanto in buona fede, si è consentita qualsiasi azione banditesca. E i sindacati, sùbito pronti a strepitare e a mandare in piazza le masse per qualche decina di Euro l’anno non hanno mai alzato un dito per difendere efficacemente la salute dei propri affiliati. Anzi: dove c’è fumo, c’è lavoro e c’è pane, recita chi non gira il foglio del calendario da almeno mezzo secolo. E prova di questo atteggiamento siano le manifestazioni anti-anti-carbone a Civitavecchia.

A nessuno, politico o sindacalista che sia, è mai venuto in mente di contestare la mancata informazione che si fa a livello di fabbrica o d’impianto riguardante i rischi che i lavoratori (non esclusi i colletti bianchi) corrono a contatto o in vicinanza di certi inquinanti come, ad esempio, le polveri di cui mi occupo. A nessuno è mai venuto in mente che è proprio nelle ore di lavoro straordinario, quelle che i demagoghi oggi così popolari vogliono detassare e incentivare, che avviene la maggior parte degl’incidenti. E a nessuno è mai venuto in mente di dare un’occhiata all’interno degli enti di controllo o, meglio, di quello che si spaccia per “controllo”. Tra tutti questi enti io ho chiesto più volte la chiusura dell’ARPA. Leggetevi questa citazione da  

L’Espresso del 29 novembre 2007 - pag. 72: 

“Quando ero presidente del Consorzio dei rifiuti a Caserta ho chiesto la tracciabilità della diossina e degli altri inquinanti. Ho subito minacce, mi hanno lasciato solo e mi sono dovuto dimettere. Le Arpa italiane lavorano malissimo, le analisi si contano con il contagocce. Il motivo? Sono carrozzoni politici, senza alcuna indipendenza scientifica. Pubblicare dati negativi turberebbe il consenso politico, e il direttore di turno perderebbe la poltrona.” Sono parole di Vincenzo Pepe.

Invece i direttori vanno in Parlamento a riscuotere.

E che dire delle “rassicurazioni” dell’ARPA di un anno fa a Treviso dopo il rogo De’ Longhi? E dov’era l’ARPA in tutti gli anni in cui si sversavano le immondizie più immonde in Campania (e si continua imperterriti a sversare)? E quando si inondavano di veleni le campagne romagnole? E, vicino a casa mia, dove sono le analisi di Nonantola e dei suoi veleni? Credo proprio che se qualcuno avesse voglia di censire le varie prodezze di questo ente, avrebbe di che fare gli straordinari. Intanto, leggete la lettera che ho ricevuto dal dottor Roberto Topino:  

Caro Stefano,

Sono sicuro che ne farai buon uso. 

Qualche mese fa, un cittadino, che passava su un ponte della Dora a Torino, ha notato che da alcuni scarichi fognari usciva un liquido verde brillante.

Non sapendo di cosa potesse trattarsi, ha tirato fuori la macchina fotografica e ha fatto alcune fotografie, che ha conservato.Nello stesso tempo un altro cittadino, molto attento alle tematiche ambientali, sapendo che proprio in quell'area vicina alla Dora, era presente un'acciaieria, ora demolita in previsione di costruire un quartiere residenziale, ha chiesto di vedere i progetti di quanto si stava costruendo, con particolare riguardo alla bonifica degli inquinanti che, per forza di cose, dovevano essere ancora presenti nell'area industriale dismessa.

Anni fa, uscì un articolo su La Repubblica di Torino in cui si riportava la denuncia del comitato di quel quartiere: la popolazione locale lanciava l'allarme, diffidando politici, amministratori torinesi e imprese a costruire aree residenziali su terreni altamente contaminati dalla preesistente acciaieria. Si parlava proprio della contaminazione della Dora con liquidi pericolosi defluiti dalla fabbrica, della mancata bonifica dei terreni, dei tumori che avevano colpito gli operai in pensione e altro ancora.L'articolo uscì e scoppiò il finimondo: gli amministratori locali assicurarono che era tutto sotto controllo e che non c'era problema di sorta, che erano state predisposte vasche di filtrazione, che l'area era stata bonificata. Venne, forse, aperta un'inchiesta, ma i lavori andarono avanti perché le Olimpiadi erano imminenti.

Uno sguardo ai progetti, alle mappe e ai documenti ufficiali ha consentito di chiarire tutto.L'area, impregnata di cromo esavalente, non è stata bonificata e attualmente il metallo cancerogeno sta inquinando la falda idrica e la Dora.

Abbiamo cercato altre informazioni con i mezzi a nostra disposizione e abbiamo scoperto che poche centinaia di metri a monte anche l'acciaieria ThyssenKrupp ha versato nella Dora e nelle fognature, tonnellate di Cromo e di Nichel, due metalli cancerogeni di prima classe.

Luca Avenati, un giornalista torinese (E Polis, la cui pagina è riportata sopra, N.d.A), mi ha chiesto un parere e poi è andato, dati alla mano, a parlare con l'ARPA, che ha confermato l'esattezza dei dati, ma ha spiegato che non era tanto importante la quantità di materiale versato, ma piuttosto la concentrazione di questi materiali (ripeto cancerogeni) scaricati nella Dora, con l'autorizzazione della Provincia di Torino.

Il tecnico dell'ARPA ha spiegato che 500 chilogrammi di cromo sciolti nella quantità totale di acqua versata nella Dora in un anno (più di sei milioni di metri cubi) restano diluiti al punto di rientrare nei limiti di concentrazione previsti dalla legge per gli scarichi industriali.Va chiarito che il rispetto dei limiti di legge, non solo in questo caso, non mette al riparo la popolazione dai rischi per la loro salute, perché una tonnellata di materiali altamente e certamente cancerogeni, anche se diluita parecchio, resta sempre una tonnellata e sarebbe giusto chiedersi dove è andata a finire, visto che in alcuni punti del Piemonte la concentrazione di Cromo esavalente nella falda supera i limiti consentiti. 

Ciao,

 Roberto