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Erosione, catastrofe ecologica negletta

di Luca Bernardini - 05/05/2008

   
Una catastrofe ambientale negletta, così David Montgomery, geologo alla University of Washington, definisce il fenomeno dell’erosione del terreno agricolo.
Se effetto serra e inquinamento sono questioni ormai note, meno conosciuta è la progressiva perdita dello strato superficiale della terra, quello ricco di sostanze nutrienti indispensabili per la coltivazione dei campi.

La National Academy of Sciences ha stabilito che negli Stati Uniti il terreno agricolo si sta erodendo a un ritmo 10 volte superiore rispetto alla capacità di riformarsi naturalmente.

Lo strato superficiale, di profondità non superiore al metro, viene intaccato soprattutto dalle pratiche agroindustriali come il dissodamento e l’eliminazione della vegetazione durante la stagione non produttiva dei campi.
Le Nazioni Unite imputa al degrado del terreno agricolo una delle principali cause di emergenza alimentare nelle regioni subsahariane.
Anche l’Unione europea si sta preoccupando del fenomeno e il commissario europeo all’ambiente ha proposto una legge che obbligherà i Paesi membri a individuare le aree a rischio e a censirle. Ma per fare soltanto questo lavoro ci vorranno cinquant’anni.

Molto più efficace sembra essere l’iniziativa di John Aeschliman, a capo di un gruppo di coltivatori di grano statunitensi che hanno deciso di adottare tecniche agricole anti-erosione: il terreno non viene dissodato e la stoppa rimane sul suolo. In questo modo, oltre a salvaguardare la salute dei campi, si ricorre a un minimo uso di fertilizzanti, visto che si preservano le sostanze nutrienti naturali.

Lo strato superficiale di terreno è una matrice biologica, un complesso di un’enorme quantità di organismi come microbi, funghi e vermi che trasformano la sterile terra in campi fertili. Un processo lunghissimo, circa 2,5 centimetri di terreno ogni cent’anni, e noi ne stiamo mangiando l’un per cento a ogni raccolto.

Fonte:
The Detroit News
Blogeko.info