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Reincarnazione: un ponte tra oriente e occidente

di Manuel Zanarini - 05/05/2008

 

Molti sono i temi che si possono trovare affini se si guardano le Tradizioni Classiche, Romane e Greche specialmente, e quelle Orientali, Induiste e Buddhiste.

Una di queste è senz’altro la reincarnazione, o metempsicosi. Molti sono gli autori greci in cui questo concetto viene annunciato.

Il primo pensatore greco in cui si può trovare è Pitagora. Uno dei concetti fondamentali del suo pensiero consiste nell’individuare l’ “anima” come un elemento armonico che rivive in ciascuno respirando all’unisono con l’Universo. Una volta che sopraggiunge la morte, avviene la “metempsicosi”, l’anima trasmigra in un altro corpo.

In seguito il concetto sarà ripreso da Democrito. Questi indica la “realtà”, come un insieme di atomi che formano vortici nello “spazio”. Nello specifico, l’uomo è considerato come l’unione di atomi aerei,l’anima, e di atomi pesanti, il corpo, equilibrati grazie alla respirazione.

Sempre nel solco della tradizione greca, si può citare ancora Platone. Individua una “anima razionale”, che è una esistenza permanente che si definisce nei vari corpi. L’anima è descritta come il “soffio vitale”, la vitalità che fa casa sua il “corpo terreno”. Quindi una volta sopraggiunta la morte, avviene la metempsicosi, trasmigra e “acquisisce” una nuova casa.

Così come in Occidente, anche in Oriente l’idea della reincarnazione è molto antica.

Si può far iniziare con l’Induismo.Va detto che qua troviamo un elemento “esoterico” nella concezione del destino. Infatti, mentre per i greci, la reincarnazione è ineluttabile, per l’Induismo è una cosa negativa, un destino che spetta ai non iniziati, per i “più meritevoli” c’è l’eternità.

L’individuo è composto dagli stessi elementi di cui è composto il cosmo (terra, acqua,fuoco e aria), una volta morto, questi elementi si dissolvono nei loro uguali all’esterno dell’individuo. L’unica cosa che rimane è il “Kharma”, la forza vitale, che si carica dei meriti/demeriti acquisiti nelle singole vite individuali, e rappresenta l’”energia” che darà vita al nuovo individuo.

Più completa, e più vicina alla Tradizione occidentale, è l’interpretazione che della reincarnazione fornisce il Buddhismo, in particolar modo quello Theravada, quello delle origini.

Il mondo viene concepito come una semplice catena di stati, un perenne “divenire” (Samara), guidato da una legge impersonale, un “circolo eterno”.

La vita individuale (Santhana) è data dall’incontro, in vortici, degli elementi costitutivi psico-fisici (terra,acqua,aria e fuoco) e dei vari stati concatenati del “divenire” (Dhamma). Questa unità persiste finché perdurano le condizioni che l’hanno generata, una volta venute meno, con la morte, si “disperdono”, salvo rincontrarsi nuovamente in un altro vortice nello spazio che darà inizio ad una nuova vita.

Ho cercato brevemente, senza la pretesa di trarre un argomento così complesso nella sua interezza, di accennare ad un tema comune tra la Tradizione Occidentale ed Orientale, la reincarnazione appunto. Evidenziando come alcuni tratti (il respiro, gli elementi fondamentali, il divenire,ecc.) siano assolutamente in comune.

Penso che valutazioni comparative di questo genere siano molto utili, soprattutto per cercare di ritrovare quell’unità spirituale spezzata dall’avvento del Cristianesimo prima e frantumata dall’americanizzazione dell’Europa in seguito.