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I padroni si godono i profitti, tanto a tirare la cinghia ci pensa la gente

di Mario Capanna - 06/05/2008

Fonte: libero

 

 

È difficile dubitare che Berlusconi non tenga fede all’impegno di abolire l’Ici sulla prima casa. Dopo avere applaudito (anch’io), gli italiani si accorgeranno che il meritato "regalo" provocherà un sollievo breve: verrà rapidamente mangiato dall’inflazione, dall’aumento dei prezzi dei carburanti e dei prodotti di prima necessità. Dico questo non per sminuire il provvedimento, ma per mostrare l’iceberg che si fa finta di non vedere: il rapporto fra profitti dei capitalisti e redditi da lavoro.

 

Secondo un recente rapporto della Bri (Banca dei regolamenti internazionali) la quota di profitto in Italia, rispetto al prodotto interno lordo, che era del 23,1 nel 1983, passava al 27,5 nel 1988, cresceva al 28,9 nel 1994, per balzare al 32 nel 1998 e mantenersi al 31,1 nel 2005. Non sfugge che l’impennata più vistosa (32 per cento) si verifica nel pieno del primo governo Prodi, ma anche il successivo governo Berlusconi non ha deluso industria e finanza.

 

Negli ultimi sette anni abbiamo avuto due governi di segno "opposto" (si fa per dire): prima di centrodestra poi di centrosinistra. Ambedue hanno regalato montagne di soldi agli industriali, mentre salari e stipendi sono rimasti fermi al 2001. (Viene da chiedersi che cosa ci stessero a fare Rifondazione, Verdi, Comunisti, Sinistra nel secondo governo Prodi, se non per svolgere il ruolo di donatori di sangue gratis - causa non ultima della disfatta elettorale dell’Arcobaleno). Di fronte al tripudio dei profitti, i lavoratori si ritrovano oggi in mano ben 8 punti in meno di Pil, uguali a 120 miliardi di euro! Divisi per i 23 milioni di lavoratori, considerando anche gli autonomi (professionisti, artigiani, commercianti ecc.), sarebbero, in media all’anno, 5.200 euro in più a testa. Se ci riferiamo solo ai 17 milioni di lavoratori dipendenti, essi vedrebbero nelle loro buste paga 7.000 euro tondi in più ogni anno. Altro che taglio dell’Ici o delle aliquote Irpef!

 

C’è da provare vergogna per le organizzazioni sindacali, oltre che per i governi. Il problema della più equa redistribuzione della ricchezza è ormai ineludibile.