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Il gesto dei vignaioli

di Federica Riva - 06/05/2008

 
 
 
Il gesto dei vignaioliUna sapienza antica, che tiene conto dell’unicità di ogni pianta di vite, rischia di essere spazzata via dalle esigenze di competitività delle grandi aziende. Ma quale sarà il reale prezzo da pagare?

Viaggiando attraverso la fascia collinare che dal confine piemontese si raccorda a quello emiliano, lo sguardo si perde nelle coraggiose geometrie tracciate dai vigneti, che sfidano le pendenze fino ad arrivare ai piedi dell’Appennino.
All’occhio inesperto o distratto di un viaggiatore di passaggio sembrerà di attraversare una distesa omogenea e sterminata di colline «vitate», dove per migliaia e migliaia di ettari ad ogni palo nel terreno semplicemente si appoggia un ceppo di vite. Durante la ricerca etnografica compiuta in questa terra abbiamo imparato, attraverso gesti e mezze parole dei contadini, a riconoscere la diversità delle pratiche di coltivazione dove ogni campo diventa spesso una storia a sé.

Pagati per farsi da parte
Abbiamo iniziato anche a riconoscere i processi di trasformazione a mono-cultura dell’Oltrepò; i nostri occhi si sono resi più sensibili al filo che lega tali cambiamenti nel paesaggio colturale e umano in relazione alle visioni di sviluppo che animano le riforme europee del settore vitivinicolo. Per ripristinare l’equilibrio tra domanda e offerta nel mercato europeo del vino si conferiscono lauti incentivi e la pensione anticipata ai contadini «non competitivi» per farsi da parte ed estirpare.
Per aumentare la competitività dei produttori europei di vino, invece, si facilita l’accorpamento delle piccole proprietà da parte di poche aziende e una forte concentrazione del diritto a produrre. Un caso locale tra gli altri di omogeneizzazione di un territorio ai canoni della produttività e competizione del mercato globale di uva e vino.

Soprattutto nelle aree meno impervie, meccanizzabili e quindi «produttive», i campi ormai ci parlano di «viti appoggiate ai pali», di gesti veloci «liberati dalla terra», che hanno una loro logica interna, ripetibile e indifferente alla specificità di ogni ceppo e al giusto sforzo che si può richiedere ad ogni pianta. Si inizia il ciclo lavorativo con il passaggio di carrelli trainati da un cingolo e quattro potatori che, sollevati da terra dalla macchina, tagliano i tralci; se fa freddo
possono anche tenere la mano libera in tasca! È un nuovo tipo di potatura, la casarsa, che si adatta a forme di allevamento intensivo quasi completamente meccanizzate, che non richiede un occhio attento quanto, piuttosto, una mano veloce. In questo modo vengono ridotti i tempi e tagliati i costi di una manodopera «lenta» e specializzata. E per finire il ciclo, la macchina vendemmiatrice che scavalca i filari sbattendoli fino a quando cedono i singoli acini sostituisce la raccolta manuale. Il guidatore della macchina, dall’alto, mantiene la linea di filari sempre più lunghi fatti di viti sempre più uguali.

La versione completa dell'articolo "Il gesto dei vignaioli" di Federica Riva è disponibile sul numero di maggio di Terra Nuova.