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Sovranità monetaria: Plutocrazia e lavoro

di Stelvio Dal Piaz - 06/05/2008

 

Sovranità monetaria: Plutocrazia e lavoro



Plutocrazia e lavoro sono termini antitetici, incompatibili fra di loro. Ogni tentativo di sintesi o di conciliazione (leggi prassi liberaldemocratica) è da ritenere ingannevole nelle premesse e nei risultati. Lo strumento principe della plutocrazia è la “banca”, l’istituzione attualmente responsabile dell’indebolimento dell’economia nazionale, del forte aumento dei prezzi che a loro volta sono spinti in alto dall’aumento dei costi di produzione dovuti all’aumento della tassazione e dei tassi di interesse. L’esame dei programmi dei due schieramenti che si sono affrontati in questa ultima tornata elettorale hanno evidenziato un silenzio totale soprattutto su due argomenti importanti per una politica di governo: la politica estera, ormai delegata alla superpotenza statunitense, e i privilegi che nel tempo sono stati riservati alle banche.
Basti pensare alle aliquote fiscali privilegiate applicate alle banche che, nel momento attuale, sono le uniche imprese in forte sviluppo ed espansione rispetto a tutto il comparto produttivo nazionale. Senza contare che le banche godono anche di una scandalosa esenzione dal dichiarare la maggior parte dei loro profitti soprattutto quelli derivanti dalla concessione del credito.
Si tratta di far emergere dal “nero” circa 750 miliardi di euro l’anno che le banche non dichiarano attraverso marchingegni contabili noti e tollerati, creati e utilizzati dalle banche stesse.
L’emersione di questi profitti e la loro relativa tassazione porterebbe al risanamento ed al rilancio della nostra economia.
Ci sono inoltre ben 70 miliardi di euro annui costituenti i profitti non contabilizzati da Bankitalia che, se nazionalizzata, sarebbero acquisiti dal bilancio dello Stato con i benefici facilmente prevedibili per i contribuenti e per il finanziamento degli investimenti produttivi.
Fra l’altro, questo enorme volume di risorse sottratte all’economia nazionale, provoca un fenomeno perverso per cui l’investimento viene a costare più di quanto possa rendere e, quindi, la liquidità tende a lasciare il settore produttivo per rifluire in quello speculativo-finanziario, provocando con ciò recessione e povertà. Tutto questo non è stato considerato dal “partito democratico” di Veltroni e tanto meno lo sarà dal prossimo governo di centro destra gestito dal “popolo delle libertà”.
Il sistema liberaldemocratico si basa sull’illusione e mette in campo e sostiene partiti e coalizioni che competono per vincere non per governare, in un gioco di alternanza che soddisfa momentaneamente le ansie, le aspettative ed i timori delle masse narcotizzate.
Il grande poeta Ezra Pound, dichiarato pazzo dalle forze plutocratiche e rinchiuso per anni in manicomio, aveva annunciato una grande verità: i politici sono i camerieri dei banchieri.
L’attuale organizzazione statuale italiana è fatiscente, la nostra economia è debolissima e, ad aggravare la situazione, sta arrivando la crisi e la recessione statunitense che va ad aggiungersi agli effetti restrittivi di Basilea 2.
Che fare? Le forze autenticamente antagoniste ed alternative al sistema plutocratico devono - da subito - dichiarare guerra aperta al governo di centro destra che ha vinto le elezioni, proponendo l’eliminazione immediata della creazione monetaria a debito con la sostituzione di una moneta emessa da parte dello Stato senza indebitamento. Le promesse fatte durante le elezioni si dimostreranno presto illusorie, la crisi e la recessione faranno sentire i loro effetti negativi, dobbiamo prevedere la nascita di un forte dissenso che provocherà violente lotte sociali.
Il centro destra tenterà inizialmente la carta della repressione poliziesca e le banche cercheranno di aiutare il governo anche con il ricatto del blocco dei conti correnti e delle carte di credito per i dissenzienti.
Come tentativo estremo il sistema giocherà allora anche la carta della “grande coalizione”, ma tutto questo non servirà a salvare la “casta” nel suo complesso anche perché il mito della “globalizzazione”, sul quale è stato costruito il potere oligarchico mondialista di questi ultimi decenni, comincia a scricchiolare ed è prossimo al collasso.
Fra gli effetti della globalizzazione vi è quello dì un aumento della liquidità monetaria, una liquidità però fittizia e virtuale che ha determinato una moltiplicazione della moneta, altrettanto fittizia e virtuale.
Trattasi di un volume di denaro non reale, accaparrato dalla finanza globalizzata, che sposta enormi capitali (virtuali) da un punto all’altro del globo, incurante delle gravi crisi economiche che produce, purché risultino massimizzati la sua speculazione ed il suo profitto. All’opposto, l’altro effetto che vede gli Stati (i popoli) del cosiddetto mondo occidentale versare in una economia stagnante o addirittura in recessione - dovuta alla scarsità di moneta provocata dall’accaparramento delle centrali finanziarie - e gli Stati (i popoli) del cosiddetto terzo e quarto mondo che soffrono la fame, non tanto per mancanza di derrate alimentari, quanto per la mancanza della moneta occorrente per il loro acquisto.
E’ necessario che gli Stati riconquistino la sovranità monetaria perduta ed emettano direttamente la moneta necessaria per soddisfate le esigenze dei popoli: una moneta di Stato, una moneta di popolo.
Se il sistema monetario usuraio é la causa delle ingiustizie che subiscono i popoli del pianeta, la lotta a chi controlla tale sistema è il dovere principe di un movimento socialista nazionale che si batte per una Europa dei popoli contro l’europa dei banchieri.