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Le ferite dell'Afghanistan

di Robert Scheer* - 20/01/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media

*AlterNet
Come per tutte le altre politiche del suo mandato, l’insignificante impegno profuso dall’amministrazione Bush in Afghanistan è stato semplicemente una copertura per accattivarsi il consenso di quell'opinione pubblica che del martoriato paese islamico non conosce nemmeno la collocazione geografica

A che punto siamo allora con Osama bin Laden? Ricordate quando catturarlo “vivo o morto” ed eliminare le sue basi di al Qaeda in Afghanistan – come aveva promesso George Bush – era tutto quello che si proponeva la guerra al terrorismo?

Tuttavia, il presidente Usa si è distratto con l’assurda invasione dell’Iraq, paese in cui al Qaeda era stata effettivamente bandita da Saddam Hussein, il dittatore laico deposto dagli Stati Uniti. Adesso ci troviamo con la grave responsabilità di due nazioni disperate, dai futuri sempre più tetri, in cui i colpevoli dell’11 settembre prosperano, e le guerriglie e gli attentati terroristici continuano.

“Al Qaeda si sta evolvendo rapidamente, noi no”, ha avvertito il mese scorso Timothy J.Roemer, membro della Commissione bipartisan sull’11 settembre istituita da Bush. “Al Qaeda è molto dinamica, noi non lo siamo. Al Qaeda ha fantasia, noi non ne abbiamo”.

Ciononostante, nei suoi discorsi Bush si aggrappa alla convinzione secondo cui la battaglia contro il terrorismo sta andando bene perché, secondo la sua versione, saremmo stati capaci di eliminarlo in Afghanistan e staremmo distruggendo ora le ultime tracce del suo terrore in Iraq. Nella sua visita a Kabul, il mese scorso, il segretario della difesa Usa Donald Rumsfeld ha ribadito questa assurdità dichiarando che il sanguinoso e arretrato Afghanistan è un modello di progresso nella guerra al terrorismo, anche se ha ammesso che “in Iraq si è parecchi anni più indietro”.

La dichiarazione di Rumsfeld sul progresso è stata considerata ridicola dai funzionari della sicurezza afgana, intervistati dalla BBC in seguito alla visita del segretario alla difesa. “Siamo molto preoccupati in questo momento”, ha detto un anziano funzionario della polizia alla BBC. “Le sacche talebane e al Qaeda diventano sempre più minacciosi”.

La scorsa domenica, fonti statunitensi hanno dichiarato di avere colpito il numero due di bin Laden con il bombardamento di un villaggio pachistano al confine con l’Afghanistan. Ma, come spesso succede quando si utilizza la potenza aerea contro obiettivi non militari, è capitato che i cadaveri rimasti tra le macerie di un villaggio devastato non fossero inclusi tra gli obiettivi designati. Come ripercussione, sono state bruciate alcune bandiere statunitensi nella regione e le proteste antiamericane hanno travolto il Pakistan.

Nel frattempo, nel vicino Afghanistan, un nuovo rush di attentati suicidi – secondo il Los Angeles Times 25 in quattro mesi – dimostra evidentemente che i vecchi partner criminali di al Qaeda, i Talebani, sono tornati con l’ansia di vendicarsi. Nello scorso weekend, 20 civili sono rimasti uccisi da un attentato suicida, mentre un diplomatico canadese è stato assassinato in un altro attacco. Questo mese rischia di essere il più sanguinoso che il paese abbia visto dall’inizio dell’invasione americana.

La Nato, già attiva con truppe dispiegate al di fuori di Kabul, sta pensando di rifiutarsi di inviare nuovi contingenti; l’Olanda sta considerando di ritirare i propri soldati del tutto, come risultato di un’occupazione che sembra dare pochi risultati.

“Dove sono le nuove strade, i canali di irrigazione, e tutti quei lavori di cui ci avevano parlato?”, si lamentano i più anziani di un villaggio con un corrispondente della BBC. Del resto, cinque anni di “costruzione della nazione” hanno lasciato in Afghanistan una ferita che diventa sempre più grave, uno scenario in cui alcuni primitivi signori della guerra comandano, una capitale rimane isolata senza nessun controllo sul resto del paese, non esiste nessuna infrastruttura nazionale, e si preannuncia un nuovo boom del commercio di oppio, unica “oasi” economica del paese. “Ovviamente faremo crescere l’oppio anche quest’anno”, ha dichiarato un responsabile di distretto territoriale alla BBC. “Il governo, gli stranieri – hanno promesso che ci avrebbero aiutato se avessimo abbandonato le coltivazioni. Ma chi si è fatto vivo?”

Questa occupazione è solo l’ultima di una serie secolare di ciniche, e inefficaci, intromissioni internazionali in Afghanistan. Dagli inglesi ai sovietici fino ai repubblicani Usa, tutti hanno visto nell’Afghanistan un luogo favorevole per ottenere risultati che nulla hanno a che vedere con il miglioramento generale delle condizioni di vita.

Visto che ancora una volta abbiamo svilito il nostro impegno economico annuale per la ricostruzione dell’Iraq – si è passati da un miliardo a seicento milioni – è chiaro che la squadra di Bush spera che il paese sprofondi nuovamente dal palcoscenico globale fino a raggiungere un’anarchia senza precedenti.

Dopo la nostra drammatica coltellata iniziale all’Afghanistan del dopo 11 settembre, l’amministrazione Bush non ha dimostrato nessuna volontà nel predisporre l’imponente ristrutturazione che sarebbe stata necessaria per rendere la nazione di nuovo funzionante, come lo era prima che la guerra fredda la devastasse.

Piuttosto, come è successo per tutte le altre politiche del suo mandato, l’insignificante impegno profuso dall’amministrazione Bush in Afghanistan è stato semplicemente una copertura per accattivarsi il consenso dell’opinione pubblica, a cui è stato fatto credere come si stesse realmente portando avanti la lotta al terrorismo.

Dato che molti americani non riuscirebbero nemmeno a trovare l’Afghanistan sulle cartine geografiche, questo approccio cinico continuerà a dare i suoi frutti. Almeno fino a quando una banda di predatori addestrati nelle terre dell’Afghanistan e del Pakistan, finanziati dai nostri “alleati” sauditi, non lanceranno un altro devastante attacco sul suolo statunitense.


Robert Scheer è autore di 'The Five Biggest Lies Bush Told Us About Iraq'

*AlterNet



Fonte: http://www.alternet.org/columnists/story/30996/
Tradotto da Alessandro Siclari per Nuovi Mondi Media