Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ecologia del paesaggio sacro

Ecologia del paesaggio sacro

di redazionale - 09/05/2008

Nella “Storia del paesaggio agrario italiano”, (1961) Emilio Sereni ha avuto la capacità di ricostruire il mosaico storico dei paesaggi delle campagne italiane che, grazie a tale opera, hanno perso la loro indeterminatezza di luogo neutro della produzione agricola per assumere le forme dell’ambiente rurale e i linguaggi dei diversi “sistemi estetici”. L’opera di Sereni conserva ancora oggi tutta la sua “ modernità innovativa “ dal punto di vista culturale, poiché ha reso universali i valori estetici del giardino mediterraneo, della piantata padana, dell’alberata tosco-umbro-marchigiana.
Come in un raffinato “gioco di ricostruzione della storia della Natura, Sereni ha voluto rappresentare anche le forme artistiche delle nostre campagne attraverso le testimonianze dei grandi pittori italiani, quasi a voler sottolineare la sacralità storica del nostro paesaggio.

L’atteggiamento adottato nei secoli dalle comunità locali e regionali nei confronti dell’ambiente e i metodi di coltivazione hanno portato a una ricca varietà di paesaggi e usi dei terreni; in questo modo si è contribuito a creare l’identità delle diverse regioni, la cui diversità rappresenta un elemento importante del patrimonio culturale europeo.
Ciò che è importante sottolineare è che il valore non risiede solo nella biodiversità o nel significato storico-estetico di quei luoghi.

Il valore di ciò che, oggi, chiamiamo “paesaggio culturale” è anche di natura economica, o meglio è divenuto un “marchio” nel mercato globale della “qualità” dei territori: questo valore aggiunto per il territorio sta diventando, all’interno dello Schema di sviluppo dello Spazio Europeo,(2006) uno dei criteri più importanti per le decisioni che riguardano gli investimenti economici e finanziari sia di tipo pubblico che privato.

Dunque, è da qui che dobbiamo partire per capire oggi la “convenienza” di una decisa azione da parte delle Comunità locali nella protezione dell’ambiente-paesaggio e nel recupero e nel riequilibrio dei tanti paesaggi culturali dimenticati o abbandonati sul territorio, come lo sono le tante pietre o steli abbandonate sui percorsi delle antiche civiltà che hanno abitato questo Paese.
La valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale accresce il potere di attrazione degli investitori, del turismo e della popolazione, potenzia l’identità del territorio regionale e diviene, nel tempo, un fattore stabile di sviluppo per le comunità locali.
Un elemento comune a molti paesaggi europei è la loro evoluzione continua che avviene però nel senso di una crescente uniformità , a discapito della diversità ecologica e del capitale culturale immerso nell’ambiente che lo ospita.

Ad esempio, oggi, osservando il mirabile paesaggio in cui è inserito il santuario di Mont St. Michel (Francia) non riusciamo più a comprendere una delle più importanti leggende che motivavano il pellegrinaggio al “monte che sorge dal mare” dove le spiagge che lo separano dalla terraferma, erano considerate “uno spazio redentore a immagine del deserto biblico attraversato da Mosè alla ricerca della terra promessa per gli Ebrei” (Victor Hugo).

La costruzione di una diga all’interno di questo spazio e la creazione di un enorme parcheggio per auto e pullman per rendere comodamente accessibile l’area del santuario, ha cancellato la “ sacralità” di uno spazio (l’area esondabile dai flussi giornalieri dell’onda di marea) che l’ecologia del luogo aveva reso tale e che l’immaginario dei pellegrini che vi si recavano aveva rappresentato raffigurando l’isola di St. Michel come il Paradiso e la traversata di quello spazio immenso,nel quale corrono le acque di marea due volte al giorno,come il “viaggio incerto che l’anima del credente intraprende dopo la morte”.

Si può affermare, dunque, che un aspetto particolare della salvaguardia e del miglioramento dei paesaggi naturali e culturali risiede nella conservazione e nel ripristino di grandi reti e sistemi di biotopi all’interno dei cui corridoi siano compresi i beni storico-artistici che forniscono l’identità culturale, la cultura materiale sedimentata nel processo storico incorporato dal paesaggio che ci è stato tramandato.

I sentieri storici che attraversano paesi e regioni diversi, quali i cammini per i pellegrinaggi ai santuari di Santiago di Compostella (Spagna), la Via Francigena da Roma a Canterbury o le antiche vie di pellegrini che da Roma si recavano al santuario di Loreto, rappresentano un’imponente intelaiatura di un Sistema di Reti europee, in cui l’ecologia del paesaggio si intreccia con il paesaggio culturale di percorsi storici dispersi o dimenticati nella frammentazione causata dall’espansione urbana e dall’infrastrutturazione del territorio.

La pratica del pellegrinaggio ha sempre avuto tra le sue condizioni il concetto di sacralità del luogo, l’idea cioè che in alcuni luoghi si sviluppi una potenza divina o in ogni caso soprannaturale. Nel Cristianesimo, come è noto, l’attività del pellegrinaggio si afferma verso luoghi di culto delle reliquie o dei miracoli quali sono appunto i santuari di Santiago, Lourdes e Loreto.
In questi luoghi, tuttavia, si produce un fenomeno che coinvolge la sensibilità di un vero e proprio “archeologo del paesaggio” non certo quella di un urbanista contemporaneo o di un pianificatore economico.

Diversamente da ciò che diceva Sereni, i paesaggi possono stratificarsi per cause non propriamente o non direttamente economiche.
E’ questo il caso dei tre “luoghi sacri”sopra menzionati, che rappresentano mete di arrivo di altrettanti pellegrinaggi religiosi e turistici ( ciascuno dei quali muove dai 6 ai 12 milioni di persone l’anno).

In questi casi, la marginalità dalle grandi città e dalle grandi vie di comunicazione si è trasformata in “centralità” e ha creato nuove opportunità di sviluppo che si sono accresciute nel tempo a causa del nesso inscindibile, accumulato nel corso dei secoli, tra biodiversità ecologica,che sostiene il paesaggio,e diversità artistiche ed architettonico-monumentali, che forniscono identità al paesaggio culturale e lo rendono sacro agli occhi del pellegrino o del turista contemporaneo.

In altre parole, se oggi l’area di Macerata presenta una fitta rete di santuari, meta ogni anno di un imponente numero di turisti che porta beneficio a tutto il territorio, ciò è stato dovuto al fatto che Loreto, sede del santuario, è divenuta una centralità, nodo di una rete europea di paesaggi culturali e paesaggi rurali la cui biodiversità deve essere attentamente e saggiamente gestita.

Così come nel 1993, dopo un ventennio di aspre battaglie, Antonio Cederna ottenne l’istituzione di un Parco archeologico per tutelare il patrimonio connesso al cammino dell’Appia Antica, oggi più che mai il restauro, la conservazione e la salvaguardia di tutti i paesaggi culturali e i sentieri attraverso i quali si è diffusa, nell’antichità, la civilizzazione dei popoli europei rappresenta la più importante garanzia per la nostra e le future generazioni di rafforzare il senso di appartenenza ad un’identità europea, alla cui definizione hanno dato un contributo importante i tanti paesaggi culturali da cui è formato il grande Mosaico Europeo.