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L'oro sporco di Barrick Gold

di Marina Forti - 10/05/2008

 
Sarà che in tempi di crisi i «beni rifugio» vanno forte, e l'oro è il bene rifugio per eccellenza. Fattostà che qualche giorno fa l'azienda mineraria Barrick Gold Corporation ha annunciato che gli affari vanno a gonfie vele, tanto che quest'anno distribuirà ai suoi azionisti un dividendo del 33% superiore all'anno passato. L'aumento «dimostra che Barrick continua a generare un forte flusso di cassa in una situazione di alti prezzi del metallo», nota il comunicato diffuso dall'azienda canadese in occasione dell'assemblea degli azionisti, avvenuta il 6 maggio a Toronto, Canada. Nel comunicato non si troverà traccia però dell'insolita partecipazione vista a quell'assemblea. Quest'anno infatti al general meeting di Barrick si sono presentati anche i leader e rappresentanti di alcune popolazioni indigene di Papua Nuova Guinea, Australia e Stati uniti, sostenuti da numerose organizzazioni ambientaliste e/o per i diritti delle popolazioni native. Avevano una lunga lista di denunce da fare: sostengono che le operazioni minerarie di Barrick sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.
Le denunce includono casi di uccisione, di stupro e di detenzione arbitraria di abitanti dei villaggi di Papua New Guinea da parte degli agenti della sicurezza (privata) di Barrick. «La miniera di Porgera, nella provincia di Enga, appartenente a Barrick, è un caso da manuale di cosa può andare storto quando si conducono operazioni minerarie su larga scala ignorandone l'impatto sulle popolazioni indigene, e facendo ricorso a squadre di picchiatori quando la gente si ribella», ha detto agli attoniti azionisti Jethro Tulin, a nome dell'Associazione Akali Tange (associazione per i diritti umani di Papua Nuova Guinea). «Questo indigna le coscienze delle comunità locali, in particolare quando la miniera è proprio accanto alle nostre case. La mia gente è esposta a sostanze chimiche pericolose come cianuro e mercurio; molti letteralmente affondano nei reflui e scarti tossici durante le piogge alluvionali. Nei nostri fiumi gli stock di pesce, la flora e la fauna sono quasi scomparsi, e questo minaccia le fonti di cibo della comunità».

Inquinamento e intimidazioni circondano le miniere Barrick anche in Australia e Stati uniti, secondo quanto hanno denunciato gli altri due intervenuti. Neville «Chappy» Williams, anziano della tribù Wiradjuri della zona di Lake Cowal, nello stato australiano di Central New South Wales, ha parlato di «distruzione di siti spirituali» della sua comunità. Williams era presente come portavoce delle famiglie unite Mooka e Kalara, che si considerano tradizionali proprietarie della zona di Lake Cowal («il sacro territorio della nazione Wiradjuri»), dove l'azienda canadese ha una miniera a cielo aperto. Barrick ha scaricato oltre seimila tonnellate di cianuro in una piana alluvionale nota per le frequenti alluvioni, sottolinea Chappy Williams: «Barrick Gold non ha alcun rispetto per il nostro patrimonio culturale», che accusa l'azienda mineraria di aver illegittimamente confiscato il sito della miniera. Infine Larson Bill, del Western Shoshone Defense Project, in Nevada, ha citato un documento del Comitato delle Nazioni unite sulla discriminazione razziale -dove accusa il Canada di non avere una legislazione che garantisce che le attività minerarie condotte in paesi in via di sviluppo rispettino gli standard di diritti umani, inclusi diritti dei lavoratori e delle popolazioni indigene. Insomma, c'è un sovrappiù di razzismo nel condurre operazioni inquinanti e distruttive nel territorio abitato da minoranze indigene.

Conclusione: la rete delle comunità che subisce l'impatto delle attività minerarie di barrick ha chiesto agli azionisti di disinvestire da un'azienda responsabile di violazioni dei diritti umani, avvelenamento delle acque e dell'ambiente, migrazioni forzate. Azionisti e amministratori hanno ascoltato con imbarazzo e insofferenza. E nel resoconto webcast poi diffuso, i discorsi dei guastafeste sono scomparsi.