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Affamare il mondo di energia

di Alessandro Cisilin - 10/05/2008





 

Se cominciamo a utilizzare i biocombustibili e questi, anziché ridurre i gas serra, contribuiscono ad aumentarli, si arriva a una situazione folle”. Robert Watson è il primo consigliere scientifico del ministero britannico per l'Ambiente, dopo aver già servito l'amministrazione Clinton e presieduto il “Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico” (Ipcc). E' stato lui a indurre con queste parole il premier Brown a imporre tale tema nell'agenda del prossimo vertice del G8 di luglio a Tokyo e a tuonare contro la direttiva europea del 2003 in materia, entrata in azione il mese scorso...

Essa prevede che la benzina e i diesel debbano contenere almeno il 2,5% di biocarburante, onde arrivare al 5,75% nel 2010 e, nei piani della Commissione di Bruxelles, addirittura al 10% entro il 2020. La posizione di Londra costituisce il secondo pesantissimo altolà levatosi dal Vecchio Continente dopo quello di Berlino, che ha rinunciato all'obiettivo postosi a livello nazionale di raggiungere la proporzione del 10% entro il 2009.

La “ situazione folle ”, in effetti, è già in atto, come ha denunciato la stessa Agenzia Europea per l'Ambiente, notando come i biocarburanti ottenuti con tecnologie di prima generazione non usino la biomassa in modo tale da consentire riduzioni nell'uso di combustibili fossili e nell'emissione di gas serra. Al contrario, sembrano palesarsi danni a catena forse perfino superiori a quelli causati dall'idrocarburo. In termini scientifici, anche utilizzando le fonti a più alta produttività, quali la canna da zucchero, le piantagioni creano un debito di carbonio che richiede almeno diciassette anni per essere restituito. Il debito si estende quarantotto anni per l'etanolo cresciuto sulle terre europee lasciate a riposo, e addirittura a ottocentoquarant'anni per le palme da olio piantate distruggendo foreste tropicali. Perfino l'uso sostitutivo dei residui dei raccolti, quali il fogliame, è tutt'altro che innocuo, in quanto si tratta di nutrimenti essenziali alla produttività del suolo, la cui sostituzione attraverso fertilizzanti implica la produzione di ingenti quantitativi di ossido di idrogeno, un gas ben più devastante della stessa anidride carbonica. In altre parole, solo i grassi già in uso a basso costo e in misura limitata rappresentano un sostitutivo utile ed ecosostenibile dell'idrocarburo.

A richiamare l'attenzione di alcuni governi europei all'allarme lanciato dagli esperti non è un improvviso moto ecologista, bensì la compresenza di un “effetto collaterale” che sta oramai causando uno “ tsunami umanitario ”, per usare le parole della Fao, della Pam, nonché di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Il problema aggiuntivo si chiama carenza nell'offerta mondiale di cibo. Per il Nord del pianeta, esso si percepisce nell'impennata dei prezzi alimentari. Per il Sud significa pesanti carestie e gravi turbolenze sociali. Il rincaro medio è stato dell'83% negli ultimi tre anni, e addirittura del 181% per quel che riguarda il grano, con un'accelerazione del 130% nel solo 2007. Naturalmente, a beneficiarne sono state come sempre le multinazionali anziché i produttori locali, a pagarne il prezzo sono stati tutti gli altri, con scontri verificatisi ovunque, dall'Egitto alle Filippine, da Haiti all'Indonesia, mentre la quantità di cereali prodotti è scesa ai minimi storici dagli anni '80.

A pesare, secondo le organizzazioni internazionali, non è solo la crescente domanda dei paesi emergenti, bensì anche il depauperamento già in corso dei terreni a causa del riscaldamento climatico e del boom delle colture convertite alla produzione di biocarburanti. Ora che la crisi raggiunge i supermercati americani, Bush corre ai ripari ricordandosi dell'aiuto allo sviluppo con uno stanziamento di duecento milioni per l'emergenza alimentare, senza però tornare sui propri passi sull'escalation globale da lui avviata nello sviluppo dei biocombustibili. Analoga l'ipocrisia del governo britannico, che ha chiesto in pompa magna una pausa di riflessione sui nuovi obiettivi europei, ma ha deciso di applicare quelli pregressi. “ E' un'opportunità di investimento nell'energia ”, ha ricordato il Segretario di Stato ai Trasporti Kelly.