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Scontri a fuoco, mentre Hizbollah dice che il Libano è in guerra

di Robert Fisk - 10/05/2008





Se volete combattere contro di noi, allora dovrete combattere contro di noi. È stato questo il messaggio mandato ieri da Sayed Hassan Nasrallah al governo libanese, e le sue parole sono state seguite in breve tempo da due massicci scontri a fuoco nelle strade di Beirut*.

Ha parlato in quella maniera accurata, ragionata e penosa in cui è solito minacciare i nemici di Hizbollah. Ha anche scambiato il nome del primo ministro libanese, Fouad Siniora, con quello del leader druso Walid Jumblatt – chiamando Jumblatt il vero primo ministro e Siniora il suo vice – e ha accusato entrambi di star tentando di mettere in piedi una base Cia-Mossad nell’aeroporto di Beirut. Quale altra ragione potrebbe esserci – si è chiesto – per chiedere lo smantellamento del sistema di telecomunicazioni di Hizbollah e la sospensione del capo della sicurezza dell’aeroporto? Si è trattato "di una dichiarazione di guerra da parte del governo libanese alla resistenza ". Certo, può essere. Ma Nasrallah vuole tuttora che i nemici di Hizbollah siano gli israeliani – e non i suoi oppositori libanesi.

Dunque, cosa è successo nei minuti successivi al suo discorso? Almeno un miliziano sciita di Amal ha iniziato a sparare contro un ufficio appartenente ai sostenitori sunniti del governo, alcuni dei quali potrebbero essere stati apparentemente i giovani chiamati da Tripoli proprio per questa battaglia. La scorsa notte, l’esercito libanese non è stato impegnato a pieno nelle strade,  ma i suoi mezzi blindati si sono mossi tra le zone di contatto confessionali e – aquanto sembra – sono stati bersagliati da entrambe le parti.

Quello del segretario generale di Hizbollah è stato un discoro oscuro e penoso, che arriva meno di 24 ore dopo che il Gran Mufti, Mohammed Kabbani, si era riferito rabbiosamente a Hizbollah come alle "bande armate di fuorilegge che hanno condotto i peggiori attacchi contro i cittadini e la loro sicurezza". È superfluo sottolineare, e né Nasrallah né Kabbani ovviamente lo fanno, che il primo rappresenta una gran parte della comunità musulmana sciita e il secondo la maggior parte dei sunniti.

Naturalmente, gli antefatti confessionali di questo gioco pericoloso costituisconoil nocciolo. Le battaglie in strada a Beirut avvengono tra sciiti e sunniti, i primi a sostgno di Hizbollah - armato dall’Iran - e i secondi a favore del governo libanese, che adesso porta regolarmente il soprannome "spalleggiato dagli americani". In alter parole, il collasso di Beirut in questi ultimi due giorni fa parte del conflitto Usa-Iran, anche se - si può star sicuri – gli americani daranno la colpa a Hizbollah e gli iraniani agli americani.

Eppure anche il linguaggio di Nasrallah – come quello di Kabbani – era spaventoso, anche se aveva dietro la bandiera del Libano con il suo albero di cedro verde, così come lo stendaro giallo di Hizbollah. Chiamare Jumblatt "un bugiardo, un ladro, un assassino..." – sebbene questo punto di vista possa essere abbondantemente ricambiato dallo stesso Jumblatt – è un linguaggio che mette in pericolo le vite dei libanesi.

La protesta di Nasrallah secondo cui la sospensione di Wafiq Chucair come capo della sicurezza dell’aeroporto faccia parte di un complotto Usa-Israele potrebbe suonare un po’ eccessiva, ma la sua insistenza lunga e puntigliosa sul fatto che Hizbollah dovrebbe mantenere la sua nuova rete di comunicazioni – comprese le telecamente lungo il perimetro dell’aeroporto di Beirut – è forse più ragionevole, sebbene ciò contribuisca a a far sì che la sua organizzazione resti parte di uno Stato nello Stato. Le reti senza fili possono essere facilmente intercettate, ha detto, aggiungendo che le nuove telecomuinicazioni sono state "lo strumento più potente" nella guerra di Hizbollah contro Israele nel 2006.

Nasrallah in modo astuto ha fatto notare che il governo Siniora aveva detto in precedenza a Hizbollah che avrebbe concesso la permanenza del circuito di comunicazioni di sicurezza, se il movimento avesse rimosso il suo “accampamento”, in gran parte vuoto, nel centro di Beirut. Invece, è stato mantenuto in grossa parte per più di un anno. Hizbollah non è in conflitto con l’esercito libanese – un punto di vista che potrebbe essere non condiviso dal generale Michel Sulaiman, il suo comandante, che ha dichiarato ieri che la situazione "minaccia l’imparzialità dell’esercito".

Tutto ciò non fa che protrarre la crisi libanese. L’aeroporto di Beirut è rimasto in gran parte vuoto nella giornata di ieri – il quotidiano cristiano L'Orient Le Jour ha suggerito giustamente che è stato preso in ostaggio da Hizbollah, che controlla tutte le strade dirette al terminal – e ci sono stati brevi scontri a fuoco tra sostenitori del governo e dell’opposizione nella città di Saadnayel, nella valle della Bekaa.

Ancora, sono stati incendiati dei copertoni nelle aree che dividono i quartieri sciiti da quelli sunniti, e l’esercito ha chiuso l’autostrada Corniche Mazraa, che divide Beirut ovest. La scorsa notte vi è stata una battaglia a colpi di arma da fuoco. Il Kuwait ha chiesto ai suoi cittadini di lasciare il Libano – senza avere la compiacenza di dire loro come riuscirci in assenza di un aeroporto.

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale

* Anche oggi la tensione in Libano resta alta. Secondo fonti della sicurezza, sono almeno 11 i morti e 20 i feriti causati dai violenti scontri tra sostenitori del governo e dell’opposizione, in corso a Beirut e in altre località.

Nella capitale le milizie sciite di Hezbollah hanno preso il controllo della parte ovest della città e imposto l’oscuramento dell'emittente televisiva libanese Future News, legata alla maggioranza, mentre sono chiusi al traffico il porto e l’aeroporto.