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La politica tra il sacro e il profano

di Daniele Scalea - 22/01/2006

Fonte: Daniele Scalea

 

 

La storia del pensiero umano (in particolare quello politico) potrebbe definirsi come l'incessante lotta tra “sacro” e “profano”? E' lecito individuare un parallelismo tra le ideologie politiche – o almeno tra alcune d'esse – e la sfera religiosa? Si potrebbe descrivere l'essenza del partito politico, prendendo a modello la struttura d'una Chiesa?

In passato più d'un pensatore si cimentò in un parallelismo del genere: potremmo fare l'esempio di Gaetano Mosca, iniziatore della corrente elitista. Oppure, dei molti che hanno definito il marxismo come una riedizione materialista del messaggio cristiano.

Da una religione attendiamo le seguenti caratteristiche: un testo sacro e/o un mito fondante; un eroe eponimo o profeta; dogmi inviolabili; una struttura che sia rappresentante ufficiale della religione, con i relativi ministri del culto; la presenza di gesti, simboli, parole rituali. Potremmo anche aggiungerci che quasi sempre il messaggio profetico, il valore fondativo che permette al culto d'affermarsi, s'affievolisce progressivamente e alla piena adesione interiore si sostituisce una diffusa incomprensione della dottrina, trovandovi quale surrogato il vuoto ritualismo già accennato.

Ad esempio, il Cristianesimo ha la Bibbia come testo sacro, Gesù Nazareno come eroe eponimo e massimo profeta, i vari dogmi (come la Trinità), la struttura ufficiale della Chiesa, i ministri del culto dal Papa al piccolo prevosto, e tutti i rituali connessi al cerimoniale religioso, primo tra tutti il segno della croce. L'Islam trova nel Corano il suo testo sacro, in Maometto il profeta, nella preghiera verso la Mecca il segno distintivo, e così via.

Tuttavia, è possibile trovare gli stessi elementi anche in ideologie politiche. Prendiamo ad esempio il Comunismo. Il Capitale e gli altri testi di Karl Marx sono (o erano) considerati né più né meno testi sacri, la cui verità era indiscutibile e nei quali era possibile trovare tutta la conoscenza necessaria (molti marxisti si sono limitati a rileggere e commentare l'opera del maestro, riducendosi a meri esegeti ma senza aggiungervi nulla). Ovviamente Marx assume nel Comunismo il ruolo del profeta, ed è significativo che i suoi fedeli più ardenti abbiano voluto fregiarsi del titolo di “ortodossi”, alcuni – come Lenin – anche nel momento in cui se ne discostavano evidentemente. Gli appellativi di “revisionista” o “riformista borghese”, che a lungo animarono i dibattiti interni al Marxismo, possono trovare un facile corrispondente nell'accusa di “eresia” o “apostasia” che i cristiani rivolgevano ai contestatori dell'ortodossia, rappresentata dalla Chiesa. Per quanto riguarda i dogmi, basti pensare al materialismo storico. Esso è uno strumento utilissimo, frutto della genialità di Marx, ma che pecca di riduzionismo, volendo incentrare tutto ed esclusivamente sul modo di produzione, la struttura da cui dipende ogni altro elemento (“sovrastruttura”) della società umana. Curiosamente, proprio al Comunismo è toccato di confutare la rigidità dell'interpretazione economicista di Marx: il bolscevismo, cioè l'elemento ideologico, non era lo specchio del modo di produzione della Russia zarista, bensì un'idea che ha sovvertito le relazioni di produzione vigenti nel paese. Pertanto l'ideologia e la politica, secondo Marx mere sovrastrutture dell'economia, si sono in quel caso affermate esse stesse come strutture portanti della società, provocando e non seguendo la mutazione del modo di produzione vigente.

Nella sfera dogmatica del Marxismo rientra, ovviamente, anche la certezza dell'avvento della Rivoluzione, cui sarebbe seguita la dittatura del proletariato e quindi la “fine della storia”. L'avvento della Rivoluzione è paragonabile al secondo avvento del Messia; la dittatura del proletariato corrisponde all'Apocalisse, con la punizione dei malvagi e il trionfo dei buoni; la “fine della storia” è l'instaurazione del Regno di Dio in Terra. L'affinità col Cristianesimo è sconvolgente. L'ateo Marx non fece altro che riadattare le promesse e le speranze presenti nella dottrina cristiana e in quella ebraica, alla sua visione materialista ed economicista. Ma, così come oggi la dottrina cristiana è ignorata e vilipesa dai suoi stessi fedeli – ai quali interessa più che il sangue di San Gennaro torni a liquefarsi ogni anno, piuttosto che leggere i Vangeli – egualmente la dottrina marxiana ben presto si ridusse al formalismo dei pugni chiusi e delle bandiere rosse, alla direzione indiscussa e fallimentare del Partito. Il fatto che la gran massa di “comunisti” ex sessantottini sia passata armi e bagagli, crollata l'Unione Sovietica, al più bieco neoliberalismo, è inequivocabile segnale del loro conformismo, della loro superficialità intellettuale, della loro mancanza di seri valori. All'infatuazione collettiva per una dottrina che non compresero allora, e mancano tutt'oggi dello spessore intellettuale per comprendere, è seguita la trasmigrazione di massa verso un'ideologia che, invece, nel loro subconscio capiscono perfettamente – vedremo poi perché.

Tuttavia, non solo il Comunismo risponde ai requisiti propri d'una religione: passando a quello che i più considerano l'estremo opposto, il Fascismo, possiamo riscontrare i medesimi caratteri.

Il Fascismo manca d'un testo sacro: tuttavia ha un mito fondativo, che per il Fascismo storico fu la Grande Guerra e per il neofascismo fu il Fascismo storico stesso. Non ha un profeta, bensì un eroe creativo, Benito Mussolini, e all'avvento del Messia (o della Rivoluzione) sostituisce il mito della nascita di un “uomo nuovo”, rigenerazione della nazione e dell'umanità tutta. La Chiesa fu rappresentata dapprima dal Partito Nazionale Fascista, indi dal Partito Fascista Repubblicano, poi dal Movimento Sociale Italiano e infine da Alleanza Nazionale. Intorno agli ultimi due ruotano le innumerevoli “chiese eretiche”, contestatrici del diritto di MSI e AN di rappresentare la dottrina fascista. E, ovviamente, anche per il Fascismo all'adesione verso i suoi valori ed ideali, s'è presto sostituito il formalismo del saluto romano, del bomber nero e delle croci celtiche tracciate sui muri. E nel frattempo è andato perso il messaggio originale di cui era portatore il Fascismo: altrimenti non si spiegherebbe come le dirigenze abbiano potuto condurre MSI e AN, due partiti la cui base si proclama per lo più “fascista”, agli antipodi del messaggio mussoliniano.

Da questi esempi (ma se ne potrebbero fare facilmente altri, come il Nazionalsocialismo) traggo la conclusione che molte ideologie politiche non sono altro che espressioni laiche d'una sfera della psiche e del sentimento umano, quella mistica e religiosa, contemplatrice della sacralità e fiduciosa in un prossimo avvento del Bene assoluto. Ma non è questo il caso d'ogni ideologia politica. Altre presentano esclusivamente un aspetto profano. Se le ideologie “sacre” criticano aspramente il mondo in cui si trovano a vivere, e promettono ai “fedeli” la giustizia, le ideologie “profane” poggiano sulla realtà coeva – che evidentemente favorisce i suoi ideologi – e convincono gli uomini ad accettarla promettendo loro il pane. Pane o verità,  pane o giustizia: questa alternativa pose il Tentatore a Gesù nel deserto, episodio evangelico commentato magistralmente da Dostoevskij ne I fratelli Karamazov. Non di solo pane vive l'uomo, ma il pane può corrompere molti uomini. Il sistema capitalista non ha dato alcun valore alla società su cui impera – anzi ha proceduto a sopprimerli uno dopo l'altro – ma s'è limitato ad affogarla nel lusso e nel consumismo, corrompendo i popoli perché non gli si ribellassero. Potremmo dire che, se le ideologie “sacre” si rivolgono al cuore e alla mente degli uomini, quelle “profane” fanno appello al loro stomaco.