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Il "compagno" Tremonti

di Giovanni Petrosillo - 12/05/2008

 

 

Succede, ad un tratto, che le rappresentazioni del mondo con le quali pretendevamo di ricostruire la realtà nella nostra testa non ci spieghino più nulla di quello che avviene sotto i nostri occhi.

A dir la verità, non proprio di una cosa di oggi si tratta, in quanto sono ormai “secoli” che andiamo sostenendo l’inservibilità della dicotomia destra-sinistra su questo primo spicchio di secolo XXI e su buona parte di quello che è già passato. Si prende coscienza, allora, di uno stravolgimento degli schemi e della inutilità delle vecchie categorie, dei paradigmi ossificati con i quali avevamo diviso manicheamente i buoni dai cattivi, i colti dagli arroganti, i generosi dagli altruisti, i servi dai valorosi.

La “chambre introuvable”, formatasi dopo le elezioni del 13 e 14 aprile, avrebbe dovuto essere un coacervo di reazionari fedeli al "ducetto", al re ed a Santa Romana Chiesa, ed in parte lo è. Ma dove si collocano ancora i peggiori servi del sistema, seppur piegati e spossati dal peso della sconfitta?

A sentire i nuovi membri del governo, che possono contare su una larga maggioranza parlamentare, il bivacco di manipoli è logisticamente posto a sinistra di questa camera, poiché (e come dargli torto!) in due anni, sotto la guida del banditore di corte Sir Romano Prodi, l’alta finanza e l’industria fallita, hanno liberamente approfittato delle pubbliche risorse come mai era avvenuto prima.  

Eppure, programmaticamente e storicamente da lì, dagli uomini di sinistra, dovevano risuonare parole di fuoco e di condanna contro i saprofiti della GF e ID. Almeno, si pensava che quello fosse il luogo naturale da dove i paladini della giustizia sociale avrebbero denunciato il sacco nazionale messo in atto dai poteri forti.

Invece, in due anni abbiamo sentito spargere miele sulle istituzioni finanziarie europee e nazionali, tutte controllate dal potente apparato banco-industriale d’oltre atlantico (l’alleato caritatevole che nel suo braccio armato insegna al mondo come si sta al mondo), e abbiamo ascoltato, a menadito, le prediche dei sacerdoti che fanno uso della sacralità contabile per ingarbugliare il mistero della fede mercatista che tutto regola attraverso la fantomatica mano invisibile.

Chi perorava queste tesi (la sovranità del mercato), se la prendeva con il popolo bue, recalcitrante alla spremitura e al morso di Dracula, se la prendeva con la rozza e incolta plebaglia riottosa ad accogliere la loi naturelle de l’economie, e mentre questa agiva sotto i vessilli della sinistra, gli ignoranti popolani pretendevano pure di divincolarsi dall’azzanno dei cani in doppiopetto col doppio cognome.

Oggi, invece, in una delle sue prime uscite pubbliche, il Ministro dell’economia Tremonti, dice solennemente che i sacrifici andranno distribuiti e che non saranno le classi meno abbienti a portare il peso delle difficoltà di tutto il paese. Motivo per cui, petrolieri e banchieri dovranno aprire il portafoglio e ridare, più o meno, il maltolto. E se non lo faranno, abbassando i mutui con i quali dissanguano la gente, dovranno caricarsi il fardello della maggiore pressione fiscale. Ben detto! Avremmo voluto di più, ma si sa che i conventi sono austeri e passano quello che passano. Ma ora ditemi, o vuoi tutti semicolti di sinistra che impallidite al crescere del crepitio portato dai passi delle orde mongole berlusconiane: quanto volte avete sentito pronunciare queste parole ad un Padoa-Schioppa, ad un Visco, ad un Bersani ecc. ecc.

Forse Tremonti sarà presto costretto a retrocedere su ben altre posizioni, forse lo butteranno fuori come già successo precedentemente, ma riconosciamo a Cesare (Giulio) quel che era di Cesare (imperatore): il coraggio del cambiamento. Qualcuno, nella compagine governativa ha già messo le mani avanti dicendo che sono parole e opinioni personali del Ministro che dovranno essere discusse (o, meglio, calmierate e forse anche azzerate) dall’intero esecutivo. Probabilmente è quello che avverrà. Ma gli uomini della finanza e dell’industria parassitaria sono molto preoccupati e per bocca di alcuni insigni rappresentanti (come Faissola presidente dell’ABI) ammettono che con questo governo dovranno scendere a nuovi patti; è finita l’era della cuccagna prodiana, quando la finanza dettava legge, il governo eseguiva e Montezemolo incassava.

Siamo uomini di mondo e sappiamo, dapprincipio, che quasi nulla andrà come sperato, tuttavia rendiamo onore a chi sceglie almeno di cominciare per il verso giusto.