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Semi, guerre e carestie - Capitolo X

di Romolo Gobbi - 12/05/2008

Autore: RomoloGobbi | Data: 12/05/2008 0.17.45
10. Le rivolte dei contadini

Solo a partire da anni recenti si è tenuto conto con misurazioni sistematiche dell'andamento del clima nei vari paesi. Per conoscere i mutamenti climatici del passato si è ricorsi a misurazioni indirette fondate sulle tracce lasciate dai o nei ghiacci perenni di varie parti del globo. Dallo studio dei sedimenti dei ghiacciai alpini e degli strati di ghiaccio della Groenlandia si è giunti a individuare un periodo di raffreddamento del clima in Europa: "La piccola età glaciale dura qui pressapoco dal secolo XIII al XIX, e si suddivide in tre fondamentali ondate di freddo. La prima si situa tra il 1160 e il 1300...".(1)
I cambiamenti climatici hanno un'influenza sull'andamento dell'agricoltura e quindi sull'alimentazione degli abitanti che vivono essenzialmente dei prodotti agricoli. A loro volta i mutamenti alimentari possono avere delle conseguenze a livello sociale e queste a loro volta possono produrre reazioni politiche.
Dopo il periodo di clima mite corrispondente all'epoca romana vi fu un periodo di freddi intensi tra il 400 e il 750 d.C., le cui conseguenze sono state le carestie, l'aumento della mortalità e il regresso dell'agricoltura. Dopo un periodo di assestamento si verificò un "piccolo optimum, con i suoi inverni miti e le estati asciutte, nel periodo 1080-1180 d.C. almeno per quanto riguarda l'Europa occidentale (Inghilterra, Francia e Germania)".(2) Durante quel periodo vi fu quel gran fervore mistico che portò alla costruzione delle grandi abbazie e al recupero dei territori agricoli abbandonati.
Ma: "All'incirca a iniziare dal 1270, la crescita economica europea segna una grave battuta di arresto. L'espansione agraria rallenta e i terreni a coltura si restringono, ma non è il segno di un raggiunto equilibrio alimentare: al contrario, la situazione va facendosi più drammatica che mai, poiché al crescere della popolazione non si riesce più a rispondere in modo adeguato; lo spazio coltivabile si è eccessivamente dilatato; l'arretramento dei campi nasce dalla constatazione che un limite invalicabile è stato raggiunto, procedere oltre sarebbe lavorare per nulla: lo sfruttamento di terreni marginali, inadatti alla crescita del grano, ha già fin troppo abbassato i rendimenti unitari".(3) Se a questo si aggiunge il peggioramento climatico le conseguenze non potevano che essere catastrofiche. A partire dai primi anni del Trecento cominciò una serie di carestie in tutta Europa. Nel 1302 scoppiò una carestia nella penisola iberica e: "la mortalità fu così grande che morì un quarto della popolazione; mai, in nessun tempo, l'umanità aveva conosciuto un flagello di così grandi proporzioni".(4) Dieci anni più tardi, tra il 1315 e il 1317 la carestia colpì l'Europa del nord: "agli effetti delle perturbazioni meteorologiche si sommarono quelli delle speculazioni commerciali, e le popolazioni di Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, Germania si trovarono per due anni sull'orlo della catastrofe alimentare".(5) A Firenze durante la carestia del 1329 i poveri riuniti in piazza della Signoria implorarono gli ufficiali comunali: "Signori, abbiate pietà e misericordia di noi, fateci dare del grano per l'amore di Dio che noi non moriamo di fame, noi e le nostre famiglie".(6) Un altro cronista fiorentino registrò gli espedienti alimentari a cui ricorsero coloro che erano rimasti senza grano durante la stessa carestia: "e si nutrivano di cavoli e susine e di lattuga e di radici, di meloni e crescioni, cotti e crudi; e di diverse carni, chi di cavallo e chi d'asino, e chi di bufalo; ma tutto ciò senza pane".(7) Durante la stessa carestia il comune di Firenze spese molti fiorini per calmare "la furia del popolo e della povera gente, ch'almeno ciascuno poteva avere pane per vivere".(8) Durante quasi tutti gli anni della prima metà del Trecento vi furono carestie un po' in tutte le parti d'Italia, con migrazioni alternative dalle città verso le campagne, e dalle campagne verso le città dove si sperava di ottenere qualcosa dalle distribuzioni pubbliche.
Ma già da molti anni le regioni d'Italia erano attraversate da turbe di questuanti che chiedevano la carità non per necessità, ma per scelta di vita. Erano i seguaci della Regola di S. Francesco d'Assisi, che nel 1209 aveva abbandonato la famiglia benestante e la vita mondana per fondare un nuovo ordine monastico, i frati Minori. Alla povertà generale che stava montando non si poteva più rispondere con l'"ora et labora" perché il lavoro cominciava a scarseggiare e allora solo preghiera e povertà: "Gli altri, che promisero ubbidienza, abbiano un'unica tunica col cappuccio, e un'altra senza cappuccio, in caso di necessità, e cordone e brache. E tutti i fratelli indossino vesti vili, che possono essere rappezzate con tela da sacco o altro [...]. Quando i fratelli vanno per il mondo non portino nulla per la via né sacco, né bisaccia, né pane, né denaro, né bastone".(9) Francesco non ottenne la bolla di approvazione del nuovo Ordine ciò nonostante turbe di frati laceri e scalzi si slanciarono per le strade d'Europa predicando la povertà e l'amore. La chiesa ostacolò e perseguitò coloro che si attenevano alla prima Regola di S. Francesco, e approvò una nuova Regola che era molto più permissiva per quanto riguardava la povertà, che era riservata ai singoli fratelli, mentre l'Ordine dei frati Minori poteva (doveva) accaparrare beni per sé e per la chiesa. Si scatenò una vera e propria guerra tra la chiesa e gli intransigenti fino al punto che uno di essi Tommaso Occam giunse ad affermare che il papa non poteva modificare la Regola: "E se ardisce di farlo è manifestamente eretico, e per conseguenza perde ipso facto ogni autorità e dignità. Né alcun cattolico è tenuto ad obbedirgli, anzi tutti debbono fuggirlo se non vogliono intingersi nella sua pece [...] Se ardisce di levarsi a giudice, egli che è parte; se nega di riunire il Concilio e se usurpa l'autorità, è eretico manifesto".(10) La polemica imperversò per anni e ancora del 1296 Pier Giovanni Olivi, osservante la prima Regola di S. Francesco, nel suo libro Lectura super Apocalipsim, riprese le teorie apocalittiche di Tommaso da Fiore, che aveva previsto l'avvento di un regno dello Spirito Santo durante il quale: "al clero secolare che mal si conforma ai precetti di Cristo sottentrerà il monaco che spoglio di affetti terreni menerà una vita di sacrifici e di povertà, in una parola la Chiesa carnale, simboleggiata nell'impura donna dell'Apocalisse, farà luogo alla chiesa spirituale".(11) Tornava dunque il mito del millennio dei giusti e in questo caso dei frati, e ben si può capire che in piena crisi agricola questo mito potesse convincere i contadini impoveriti: "Anche nel '300 i Flagellanti diranno e predicheranno che Cristo era apparso ad un contadino e gli aveva miracolosamente ripieno di pane un cesto vuoto. Era come una riabilitazione ed esaltazione religiosa che gli infimi facevano di sé dinnanzi a Cristo e che in Germania, dal '300 in poi, sarà grandissimo, specialmente nei contadini: essi soli veri cristiani e capaci di intendere le Scritture: solo ad essi, rustici e poveri uomini, non ai sacerdoti, doversi far confessione, quasi siano ad essi soli commesse le chiavi del regno dei cieli!".(12)
I Flagellanti erano tra i tanti penitenti che giravano per le contrade d'Europa: "'manifestazione tumultuaria ed anarchica di vita religiosa, che rompe le strette dighe del rituale ecclesiastico e contrappone ai sacramenti espiatori, il flagello, all'inno ecclesiastico cantato in chiesa dai sacerdoti, in latino, grave e solenne la lauda appassionata, sentita, nuova, volgare, intonata per le vie: manifestazione popolare, se anche vi fu trascinata gente di ogni condizione, perché il popolo diede al movimento il carattere e le forme esteriori che ebbe, mentre i poteri costituiti, i signori, la borghesia, la Chiesa, dal più al meno l'avversarono fino a piantar le forche sulla strada dei Flagellanti".(13) Erano contadini senza casa e senza terra che si flagellavano per suscitare pietà ed elemosina, perché la condizione di semplici affamanti non era sufficiente, essendo comune e generale. Si flagellavano perché ritenevano di dover far penitenza di fronte alle catastrofi presenti, che preannunciavano l'avvento dell'Apocalisse. Vennero fondati vari Ordini mendicanti: i Saccati in Provenza e in Italia del nord, i Giambonitani e i Britti in Italia centrale e infine gli Apostolici in Emilia e Romagna. Questi ultimi vennero descritti dal francescano Salimbene come concorrenti sleali: "Sono guardiani di porci e di mandrie, contadini che hanno lasciato la terra ormai deserta di agricoltori: "stolti e bestiali uomini che vogliono vivere del lavoro e del sudore degli altri". E tutti procedono scalzi, a capo scoperto, avvolti in ampie tuniche, senza disciplina, senza capi e maestri [...] Si dicono Apostoli, mentre sono la Sinagoga di Satana. Predicano cose insane, ma il popolo crede ad essi più che ai Predicatori e ai Minori sebbene non confessino non assistono gli infermi, non lavorino".(14)
Ma le masse di mendicanti erranti a volte assunsero anche connotati di vere ribellioni, così nel 1180 un carpentiere della Francia centrale fondò una "i Caputiati - così chiamati per la loro bianca uniforme a cappuccio - si erano trasformati in un movimento rivoluzionario di povera gente che proclamava l'eguaglianza di tutti gli uomini e insisteva sul fatto che tutti indistintamente avevano diritto alla libertà ereditata da Adamo e Eva. Alla fine, fattisi violenti, cominciavano a uccidere i nobili, finché vennero soppressi dall'esercito regolare".(15)
Questo spirito ribelle dei contadini si esprimeva anche in parole d'ordine, motti e proverbi di varie regioni d'Europa:
"Il povero lavora sempre, pena e fatica e piange, mai ridendo di cuore, mentre il ricco ride e canta..."
"Ogni uomo dovrebbe avere tanta proprietà quanta ne hanno gli altri, e noi non abbiamo nulla che possiamo chiamare nostro. I grandi signori hanno tutta la proprietà e la povera gente non ha che sofferenza e avversità...".
"Magistrati, prevosti sindaci e sagrestani, vivono quasi tutti di rapina ... Ingrassano tutti sui poveri, vogliono tutti spogliarli ... li spremono vivi. Il più forte deruba il più debole...".
"Vorrei strangolare i nobili e il clero, ognuno di loro ... La buona gente che lavora fa il pane di frumento ma mai lo mastica; no, tutto ciò che ottiene è il cruschello del grano, e del buon vino nient'altro che la feccia e del buon panno nient'altro che lo scarto. Tutto ciò che è gustoso e buono va ai nobili e al clero...".(16)
Nel 1251 cominciò nella Picardia un nuovo movimento detto dei Pastoreaux, che ben presto si diffuse nel Brabante, nelle Fiandre e nell'Hainaut: "Pastori e vaccari - giovani, ragazzi e ragazze senza distinzione - abbandonarono le loro greggi e, senza prendere commiato dai genitori, si radunarono sotto le strane bandiere su cui era raffigurata la Vergine. Per questo si unirono ad essi ladri, prostitute, fuorilegge, monaci apostati e assassini; e furono questi elementi a fornire i capi. Ma anche molti dei nuovi venuti si vestirono da pastori e tutti indistintamente divennero noti come i Pastoreaux".(17) Il movimento era partito come crociata, ed era guidato da Jacob, un monaco rinnegato, che aveva avuto una visione della Vergine che gli aveva ordinato di radunare tutti i pastori per liberare il Santo Sepolcro. Il monaco predicava contro il clero e frati mendicanti, che erano avidi di terra e proprietà, e ben presto le sue prediche vennero messe in pratica nelle varie città attraversate: "i Pastoreaux sparsi in città cominciarono ad aggredire membri del clero passandone molti a fil di spada e annegandone altri nella Senna [...] A Tours i crociati ripresero ad assalire il clero, specialmente i domenicani e i francescani. Trascinandoli a colpi di frusta per le vie cittadine".(18) Naturalmente un così grande turbamento dell'ordine costituito finì male per i ribelli: "Ora toccò ai Pastoreaux subire la violenza. Jacob venne inseguito da cittadini a cavallo e fatto a pezzi. Molti dei suoi seguaci vennero catturati dai funzionari reali a Bourges e impiccati".(19)
In Italia nel 1300 venne messo al rogo Gherardo Segarelli, capo degli Apostolici dei quali era stato detto: "questi porcai e guardiani di vacche vollero farsi largo e vivere piacevolmente e senza fatica delle elemosine di coloro che i frati Minori e Predicatori aveva educato a costo di strenuo lavoro e con l'esempio".(20) La storia degli Apostolici non avrebbe avuto particolare risonanza se alla morte del loro fondatore non gli fosse succeduto Dolcino da Novara. Infatti, mentre le loro posizioni - pauperismo e antiautoritarismo - non erano sostanzialmente differenti da quelli di altre sette religiose e per certi versi da quelle degli spiritualisti francescani, con la successione di Dolcino al comando della setta venne dato pieno sviluppo allo spirito apocalittico di tipo manicheo con "più tendenze all'azione, audacia rivoluzionaria più concreta. Il contenuto sociale ed economico che, latente, esiste più o meno in fondo a tutte queste eresie o follie religiose, qui si mostra più scopertamente".(21) Il nuovo capo degli Apostolici si rivolse loro con una lettera piena di profezie e di richiami all'Apocalisse e di forti critiche al papa, alla chiesa e ai frati perché accumulavano ricchezze: "mentre noi non abbiamo né case né dobbiamo portare con noi i frutti delle questue e per questo la nostra vita è la migliore e definitiva medicina per tutti".(22) L'avventura di Dolcino cominciò nelle valli del Trentino dove, col suo fido compagno Uberto, un ex fabbro di Cimego, predicava la povertà e l'uguaglianza evangelica: "traendosi dietro contadini e artieri, di cui egli, a differenza di Gherardo Segarelli, già si atteggiava a capo supremo, come per un potere conferitogli da Dio. Erano i primi guizzi di un incendio che nel '400 e '500 divamperà in vere rivoluzioni agrarie contro il vescovo di Trento e i signori, e sgretolerà anche lì qualche parte dell'edificio cattolico e feudale".(23) Ma la sua guerra contro la Chiesa Dolcino la combatté nelle valli di Novara e Vercelli dove si era rifugiato nel 1304 e dove: "l'antico predicatore trentino si mutò nel condottiero di contadini e di servi fuggiti dalle terre dei Vescovi di Vercelli e Novara e dei proprietari vercellesi e novaresi. Egli dové trovare fuoco sotto le ceneri, se attorno a lui poterono raccogliersi fino a 4.000 persone, tenute insieme dalla comune volontà e dalla comune passione, senza regole o ordinamenti coattivi".(24) Dopo vari scontri con le truppe dei signori e dei vescovi locali Dolcino e i suoi uomini dovettero affrontare una vera crociata bandita dal papa Clemente V: "E giunsero molti crociati, non soltanto dalla terra lombarda, quella che si chiama Gallia Cisalpina, ma anche dalla Gallia Transalpina, cioè da Vienne, dalla Savoia, dalla Provenza e dalla Francia...".(25) Stretti d'assedio sul monte Rubello Dolcino e i suoi resistettero un anno e un giorno e il 13 marzo 1307, stremati dalla fame, si arresero o furono catturati; altri circa un migliaio furono uccisi. Dolcino dopo tre mesi di carcere venne portato al rogo: "fu condotto in giro per la città e dolorosamente dilaniato con tenaglie roventi che gli strappavan la carne, lacerandola fino alle ossa. E i presenti notarono - ed è cosa davvero mirabile- ch'egli, fra tanti e tanto atroci tormenti, non mutò mai l'espressione del volto. Se non una volta, quando gli amputarono il naso, perché si strinse un poco nelle spalle e quando, vicino alla Porta Pinta, gli amputarono il membro virile, perché allora esalò un profondo sospiro che gli uscì dalle nari". (26)
Nel pieno della crisi agricola durante la piccola glaciazione medievale era facile che si formassero torme di affamati pronti a seguire un qualche profeta apocalittico in qualche impresa più o meno millenaristica. Così nel 1309, quando papa Clemente V inviò una spedizione di Cavalieri Ospitalieri per liberare Rodi: "quello stesso anno una gravissima carestia colpì la Picardia, i Paesi Bassi e la parte inferiore del Reno. Le due circostanze insieme bastarono a provocare un'altra crociata del popolo in quella zona. Ricomparvero colonne armate, costituite da miserabili artigiani e manovali con l'aggiunta di un pizzico di nobili che avevano dissipato la loro ricchezza (è il caso di ricordare i molti proprietari terrieri falliti). Questa gente attraversò il paese elemosinando e saccheggiando, uccidendo ebrei, ma altresì prendendo d'assalto i castelli in cui i nobili mettevano a riparo quelle preziose fonti di reddito".(27) Anche questa rivolta venne repressa nel sangue, ma pochi anni dopo tornarono a formarsi nuove torme di disperati per la carestia che continuava a imperversare in Europa: "Nel 1315, mentre una generale scarsità di raccolti spingeva i poveri al cannibalismo, lunghe processioni di penitenti nudi imploravano pietà da Dio e le speranze chiliastiche divamparono. In piena carestia cominciò a circolare una profezia secondo la quale i poveri, spinti dalla fame, avrebbero preso le armi quello stesso anno contro i ricchi e i potenti, rovesciando la Chiesa e una grande monarchia. Dopo un grande spargimento di sangue avrebbe avuto inizio una nuova era in cui tutti gli uomini si sarebbero uniti nell'esaltazione di un'unica croce".(28)
Ancora una volta la profezia dei mille anni del regno di Cristo sulla terra, dopo la battaglia finale contro i re della terra e l'Anticristo, aveva infiammato le menti dei diseredati. In questo clima apocalittico diffuso qualsiasi occasione era buona per far partire una nuova rivolta, e così successe nel 1320 quando un'altra crociata dei poveri partì nella Francia del Nord al seguito di un prete spretato e che faceva circolare profezie e racconti di un'apparizione della Vergine che prometteva la vittoria ai nuovi crociati: "Come nel 1251, i primi a rispondere furono pastori e porcari, alcuni ancora bambini; e così anche questo movimento finì per essere conosciuto come la Crociata dei pastori. Ma ancora una volta, mentre le colonne attraversavano le città, altri elementi si univano ad esse, pezzenti di entrambi i sessi, fuorilegge, banditi; e l'esercito che ne nacque si fece ben presto turbolento. Di modo che gruppi di Pastoreaux vennero arrestati e imprigionati; ma i loro compagni entusiasticamente appoggiati dalla plebaglia, presero ogni volta d'assalto la prigione e li liberarono".(29) L'esercito dei nuovi Pastoreaux raggiunse Parigi e l'attraversò senza trovare resistenza, uccidendo ebrei e saccheggiando i loro beni. Lo stesso fecero a Tolosa dove vi fu un vero massacro di ebrei. Ma poi cominciarono ad attaccare i preti cattolici e si disse che progettassero l'espropriazione di tutti i beni della Chiesa e dei monasteri. Quindi Papa Giovanni XXII scomunicò i Pastoreaux vietando a tutti di ospitarli o di dar loro da mangiare. Fu così che: "molti Pastoreaux perirono miseramente di fame. Molti altri furono uccisi in combattimento in varie località fra Tolosa e Narbona, o catturati e impiccati agli alberi in gruppi di venti-trenta. Inseguimenti ed esecuzioni continuarono per circa tre mesi".(30) Nuove rivolte di contadini scoppiarono in quegli anni in altri paesi, dove le tradizioni delle ribellioni precedenti alimentarono nuovi episodi: "Nel 1325 i liberi e agiati contadini della Fiandra Marittima, appoggiati dagli operai dell'industria dei panni di Bruges, rifiutarono di pagare decime e imposte e presero le armi contro i proprietari fondiari, ecclesiastici e laici. Ne risultò una feroce guerra civile che durò fino al 1328, quando il re di Francia intervenne sconfiggendo i ribelli a Mont Cassel".(31)
Ma oltre la carestia e forse anche come conseguenza della carestia, un nuovo flagello si abbatté sull'Europa dal 1347 al 1351, l'epidemia di peste che fece morire un quarto e più della popolazione europea. Questa nuova catastrofe alimentò ulteriormente il clima apocalittico ricordando la prima delle "sette piaghe", che dovevano precedere il ritorno di Cristo sulla terra. Il mito dell'Apocalisse era sistematicamente rievocato dagli spiritualisti francescani e diffuso in tutta Europa con le loro teorie sull'avvento dell'era dello Spirito Santo. Nel 1356 il francescano Giovanni di Roquetaillade scrisse il Vademecum in tribulationibus, poi tradotto in inglese, catalano e ceco. Il libro conteneva profezie di sventura per tutta la cristianità: "perché tra il 1360 e il 1365 gli umili insorgeranno contro i grandi. In quegli anni la giustizia popolare si leverà a colpire con una spada doppiamente affilata nobili e tiranni; molti principi, nobili e potenti saranno estromessi dalle loro cariche e dalla loro vana ricchezza".(32) La spada "a due tagli" è quella che esce dalla bocca di Cristo nell'Apocalisse di Giovanni. Ma nella profezia di Roquetaillade tornavano anche altre immagini apocalittiche: "Un Anticristo occidentale apparirà a Roma, mentre un Anticristo orientale divulgherà le sue false dottrine da Gerusalemme [...] Miseria e massacro castigheranno il clero, e in particolare i francescani, purificati dalla sofferenza e ridotti a un'assoluta povertà, come quella che si riteneva fosse stata proprio di Cristo e degli Apostoli".(33) Non fu dunque un caso se nel 1358 scoppiò la rivolta dei contadini della regione di Parigi, nota come Jaquerie, dal soprannome dato ai contadini di "Jaques Bonomme". In realtà a questa grande rivolta parteciparono elementi di tutti i ceti sociali: calzolai, bottai, muratori, commercianti di uova, polli e formaggi, macellai, carradori, alcuni sottufficiali e funzionari del re e anche chierici, preti e perfino un canonico di Meaux.(34)
Fu importante per lo scoppio della jacquerie la lotta delle corporazioni parigine, guidate da Etienne Marcel, contro il delfino Carlo e i nobili. Infatti gli insorti si schierarono con la nascente borghesia delle città contro i nobili del contado: vennero assaliti e distrutti molti castelli della regione parigina e dei dintorni di Amiens, Senlis, Meaux, Beauvais, Rouen, Orleans e Gien. L'odio dei contadini contro i nobili, a lungo represso, trovò l'occasione per svilupparsi: durante le due settimane della rivolta molti castellani e i loro familiari furono uccisi. La rivolta continuò durante le due settimane tra maggio e giugno, e poi venne sconfitta dai nobili, che si scatenarono in una feroce repressione: entro il 20 giugno ben 20.000 persone vennero uccise.
L'anno dopo, 1359, una nuova insurrezione scoppiò nelle Fiandre: gli operai tessili di Gand, Bruges e Ypres si impadronirono delle città e le governarono per due anni. Altre insurrezioni si verificarono a Ypres nel 1367, nel 1370 e nel 1377: in tutti questi casi gli "orribili tessitori" guidavano le masse popolari contro "la ricca borghesia e tendono visibilmente alla realizzazione d'un ideale non soltanto democratico, ma completamente egualitario".(35)
I Francescani che erano presenti a Bruges fin dal 1225, a Gand dal 1226 e a Ypres dal 1255, avevano ospitato presso i loro conventi le prime associazioni di artigiani (36). Ma oltre alle predicazioni dei Minori contro la ricchezza, "nella seconda metà del XIV secolo, le città formicolavano di Begardi, di Beghine, di Lollardi", che propagavano oltre che dottrine eretiche "dei sogni confusi di comunismo"(37) e che erano comunque intrise di pauperismo di origine francescana. I nomi di queste sette avevano un carattere spregiativo. Lollardi significava i biascicanti o borbottanti, perché esprimevano il ribellismo millenaristico di quel periodo: a Ypres nel 1377 "gli operai dell'industria dei panni, oltre a venire impiccati come ribelli, venivano giudicati dall'Inquisizione e bruciati come eretici".(38)
Finalmente nel 1379 la popolazione di Gand, guidata dai soliti tessitori, si impadronì del potere e lo mantenne per tre anni. L'insurrezione si estese a Bruges e Ypres, e praticamente a tutte le Fiandre, e negli anni 1381-82 anche Parigi - e le città della Piccardia - insorsero al grido di "viva Gand". Erano i vecchi luoghi in cui avevano imperversato i Pastoreaux e ancora una volta i contadini si ribellarono contro i padroni e il fisco: "Il primo obiettivo dei rivoltosi era sempre l'esattoria, dove distruggevano i registri, facevano man bassa dei forzieri e assassinavano gli esattori; subito dopo veniva il quartiere ebraico, dove assassinavano e saccheggiavano a sazietà. A Rouen arrivarono al punto di eleggersi un re, che mostrarono in trionfo e ai cui ordini uccisero non solo gli esattori, ma persino alcuni dei cittadini più facoltosi".(39) Tutte queste rivolte vennero prima o poi represse.
Ma fu in Inghilterra che la critica alla proprietà raggiunse la più alta formulazione teorica con Occam e Wyclif e produsse la più clamorosa insurrezione dell'epoca: "la sollevazione inglese del 1381".
Il francescano Occam si era schierato con gli Spiritualisti fin da quando era studente a Oxford. Divenuto nel 1321 insegnante di logica e teologia nella stessa università, aveva sostenuto che la proprietà e l'autorità sono il triste retaggio del peccato originale e aveva riproposto il millennio gioachimita di una società di eguali e liberi nella chiesa universale, liberata dalle ricchezze e dal potere.
Qualche anno più tardi il giovane Wyclif, anche lui studente a Oxford, si formò nella tradizione dell'insegnamento di Occam, e più in generale nell'atmosfera del millenarismo francescano. In particolare fu influenzato dalle espressioni usate dallo Spirituale Gherardo da Borgo San Donnino, che aveva definito la Chiesa di Roma "la Chiesa carnale", "la meretrice di Babilonia", "la sinagoga di satana", che aveva detto che il papa era "l'anticristo mistico e il precursore del vero Anticristo", e aveva previsto che "nell'arco di sei anni lo Spirito Santo avrebbe introdotto una nuova era nella quale il mondo sarebbe stato regolato dalla povertà e dall'amore".(40)
Wyclif fu affascinato dalla dottrina della povertà evangelica e nella sua opera La regola e il testamento di San Francesco sostenne la tesi degli Spiritualisti sulla piena validità della regola. Nel 1377 Wyclif fondò l'Ordine dei Poveri Predicatori. Ispirati al modello francescano, essi dovevano andare in giro per le strade e nei villaggi a denunciare gli abusi e a predicare il Vangelo, a illustrare i comandamenti e i sette peccati capitali, usando la lingua inglese e non il latino. Essi dovevano vestire solo una tunica di tessuto grezzo lunga fino ai piedi, senza sandali, bisaccia, o borsa, con un lungo bastone in mano, e senza altro possedere che poche pagine della Bibbia tradotta da Wyclif.
I primi di questi Poveri Predicatori dovettero essere i più entusiasti tra gli studenti del teologo di Oxford e alcuni di questi, di origine boema, si preoccuparono di tradurre i testi di Wyclif nella loro lingua e diffonderli in patria. Questi predicatori dovettero dare notevolmente fastidio alla chiesa ufficiale, che subito li definì Lollardi e sostenne che predicavano senza autorizzazione, cioè essendo laici.
Dopo quattro anni di queste prediche da parte di Wyclif e dei suoi Poveri Predicatori, Lollardi, nel maggio del 1381 scoppiò la più vasta insurrezione mai vista in Inghilterra: furono coinvolti 330 villaggi dell'Essex, del Kent, dell'Hertfordshire, del Suffolk, e infine di Londra. Partita alla fine di maggio dalla resistenza degli abitanti di alcuni villaggi dell'Essex al pagamento delle tasse, si estese alle altre zone dove esistevano altre ragioni di malcontento: "Per riassumere, la rivolta rurale nelle quattro contee coinvolse un gran numero di persone in centinaia di villaggi, che attaccarono obiettivi "politici", si abbandonarono in alcuni crimini convenzionali, ma si diressero anche su piccola o vasta scala ad atti di ribellione contro i beni, le terre, i privilegi e il potere giurisdizionale dei nobili".(41)
Anche in questa rivolta, come nella jacquerie del 1358, non furono solo i reietti della società a ribellarsi, ma anche proprietari di terre e beni, nonché alcuni tra la bassa nobiltà e il basso clero. Quando poi l'ondata insurrezionale arrivò a Londra, essa coinvolse, oltre alle masse diseredate della città, anche il proletariato delle prime manifatture. Ancora una volta la differenza sociale dei partecipanti e le differenti rivendicazioni rendono difficile una spiegazione esauriente dell'insurrezione, che invece risulta chiara se si tiene conto dello spirito apocalittico che impregnava la società.
Infatti, il 10 giugno venne liberato dalle prigioni di Canterbury John Ball, il "prete matto del Kent", che aveva a lungo predicato contro la proprietà e fatto profezie millenaristiche: "Buona gente, le cose non possono andare bene in Inghilterra, né andranno finché i beni non saranno in comune, e non ci saranno più né villani né nobili".(42)
I contadini continuarono la marcia su Londra cantando i versi di John Ball: "Quando Adamo zappava ed Eva filava dov'erano i nobili?".(43) Il 13 giugno i rivoltosi, attraversato il ponte di Londra indifeso, entrarono in città e si unirono al popolo londinese, che aveva già incendiato il palazzo Savoy del duca di Lancaster. Il giorno successivo gli insorti decapitavano l'arcivescovo Sudbury, che era il Cancelliere del re, e anche il suo tesoriere Hales venne ucciso.
Fallito l'incontro tra il re e gli insorti, tenutosi il 15 giugno a Smithfield, cominciò la repressione: Wat Tyler, leader dei contadini, venne ucciso dal sindaco di Londra, mentre John Ball venne impiccato a St. Albans. Prima di essere impiccato, John Ball avrebbe confessato di essere stato allievo di Wyclif e di aver conosciuto i suoi più stretti collaboratori lollardi e "se non fosse stata fatta alcuna resistenza alle loro prediche nel giro di due anni tutto il regno sarebbe andato distrutto".(44)
Questa confessione fu o inventata più tardi o estorta con le torture per mettere in difficoltà Wyclif e i suoi Predicatori lollardi. In realtà non esistono prove di un coinvolgimento diretto del teologo di Oxford o dei suoi allievi nella rivolta, anche se Wyclif cercò di giustificare gli insorti: che diritto aveva un arcivescovo di tenere la Cancelleria, "l'ufficio più secolare del reame? Un tale prelato è un traditore di Dio e della Chiesa".(45) Inoltre condannò la durezza della repressione: centinaia di insorti furono impiccati e i loro corpi lasciati marcire sulla forca.
In quanto alle sue teorie e alle prediche dei suoi Lollardi, esse erano molto simili a quelle di John Ball, ma la spiegazione potrebbe stare nella fonte comune, nelle prediche degli Spiritualisti francescani sulla povertà: "Dai frati John Ball aveva imparato a denunciare il cumulo delle cariche e i vescovi politici dell'epoca. [...] Fu un Francescano di Dorchester che guidò la rivolta degli affittuari di Middleton Abbey contro le esazioni".(46)
Certamente le idee di Wyclif, anche se riportate di seconda mano da qualche Povero Predicatore, ebbero una qualche influenza sulla rivolta, visto che aveva teorizzato che "Il diritto a governare dipende dal buon governo: non c'è obbligo morale di pagare tasse o decime a cattivi governanti sia nella Chiesa sia nello Stato".(47) Inoltre Wyclif aveva riproposto la teoria della predestinazione - si salvano solo coloro ai quali Dio imperscrutabilmente ha concesso la grazia - che divideva gli uomini in eletti e reprobi, in buoni che si salveranno e cattivi che saranno comunque dannati, coi quali dunque non si deve scendere a compromessi. Questa divisione apocalittica tra santi e malvagi, tra fedeli di Cristo e seguaci dell'Anticristo avrebbe radicalizzato tutte le rivolte politico-religiose che si verificarono nel corso dei secoli successivi.
Comunque, in seguito alla rivolta, Wyclif abbandonò Oxford e si ritirò nella sua parrocchia di Lutterworth, continuando però a predicare e a scrivere contro il clero corrotto e contro la compravendita delle cariche ecclesiastiche. In particolare se la prendeva coi cardinali: "Cardinal" secondo Wyclif significava "Capitano degli Apostati del Regno del Diavolo, Impudente e Nefasto Alleato di Lucifero".(48)
Tutto questo alla fine produsse un'altra presa di posizione contro di lui da parte del nuovo arcivescovo di Canterbury, che il 17 maggio del 1382 fece condannare 24 tesi di Wyclif: 10 furono dichiarate eretiche e le altre 14 erronee. Tuttvia non furono presi provvedimenti contro di lui; invece fu proibito ai suoi seguaci lollardi di predicare senza autorizzazione, pena l'arresto e il carcere.
Infine, all'inizio di giugno, fu proibito anche a Wyclif e ai suoi più fedeli allievi di predicare e insegnare a Oxford, dove furono pubblicate le 24 tesi condannate. Poiché questa università era popolata da Lollardi, venne posta sotto inchiesta il 13 luglio dello stesso anno e molti seguaci di Wyclif furono costretti a ritrattare. Ma il movimento dei Lollardi sopravvisse alle persecuzioni e alla morte del maestro avvenuta il 31 dicembre 1384.
Nell'arco di pochi anni i Lollardi divennero così numerosi e influenti, anche presso il ceto politico, che riuscirono a presentare al parlamento del 1395 dodici "conclusioni" per la riforma della Chiesa. Dopo aver premesso che la Chiesa di Roma era diventata "matrigna" della Chiesa d'Inghilterra, si elencavano le tesi dei Lollardi: il sacerdozio non è previsto dal Vangelo, il celibato è contro natura, nell'eucaristia non vi è transustanziazione, la consacrazione delle cose è magia, i chierici non possono ricoprire cariche pubbliche, le preghiere per i morti sono inutili, i pellegrinaggi e il culto delle immagini sono da condannare, la confessione non è necessaria per la salvezza, la guerra è contraria ai principi del Vangelo, gli ornamenti delle chiese sono da evitare.
Intanto continuavano le condanne delle opere di Wyclif: durante il Concilio di Costanza del 1415, venne ribadita l'erroneità delle 45 tesi già condannate dalle università di Oxford, Parigi e Praga. Il Concilio decise anche che il corpo di Wyclif fosse dissepolto e le sue ossa fossero disperse. Passarono però tredici anni prima che si eseguisse tale decisione: finalmente nel 1428 "Richard Fleming, dietro pressioni di papa Martino V, si prese cura dell'esecuzione: la salma che era stata pacificamente sepolta a Lutterworth, fu disseppellita, bruciata e le ceneri disperse nello Swift. Ormai il teologo di Oxford era un "eretico" a tutti gli effetti"'(49) Quanto ai Lollardi, essi continuarono a essere perseguitati fino alla secessione della Chiesa d'Inghilterra: ancora negli anni 1521-22 quattro di essi furono bruciati sul rogo nel Chilterns, mentre altri 50 si salvarono con l'abiura".(50)
Ma fu in Boemia che i seguaci di Wyclif giocarono una partita decisiva nella storia del millenarismo europeo.
1. LE ROY LADURIE, Tempo di festa, tempo di carestia, Einaudi, 1982, p. 292.

2. Ivi, p. 288.

3. M. MONTANARI, op.cit., p. 87.

4. Ivi, p. 88.

5. Ibidem.

6. Cit. in M. LIVI BACCI, Popolazione e alimentazione, Il Mulino, 1993, p. 79.

7. Cit. in M. MONTANARI, op.cit., p. 88.

8. Ivi, p. 89.

9. Dal capitolo secondo della prima Regola di S. Francesco, cit. in F.TOCCO, L'eresia nel Medioevo, Sansoni Editore, Firenze, 1884, p. 423, nota 2.

10. Ivi, pp. 536-7.

11. Ivi, p. 498.

12. G. VOLPE, Movimenti religiosi e sette ereticali, Sansoni Editore, 1961, p. 119.

13. Ivi, pp. 118-9.

14. Ivi, p. 120.

15. N. COHN, I fanatici dell'Apocalisse, Edizioni Comunità, 2000, p. 118.

16. Ivi, p. 117.

17. Ivi, pp. 111-2.

18. Ivi, p. 113.

19. Ivi, p. 114.

20. SALIMBENE de ADAM, Cronica, in Fra DOLCINO, a cura di, R. Orioli, Milano, 1984, p. 43.

21. G. VOLPE, op.cit., p. 121.

22. B. GUI, in ORIOLI, op.cit., p. 119.

23. G. VOLPE, op.cit., p. 121.

24. Ivi, p. 122.

25. BENVENUTO da Imola, in ORIOLI, op.cit., pp. 212-13.

26. Ivi, p. 213.

27. N. COHN, op.cit., p. 120.

28. Ivi, p. 121.

29. Ivi, pp. 121-2.

30. Ivi, p. 122.

31. Ivi, p. 123.

32. Ivi, p. 124.

33. Ibidem.

34. R. CAZELLES, The Jacquerie, in The English Rising of 1381, Cambridge, 1984, p. 76.

35. H. PIRENNE, Histoire de Belgique, Bruxelles 1928, livre ler, p. 54.

36. E. MOREAU, Histoire de l'Eglise en Belgique, Bruxelles 1945, tomo III, p. 487.

37. H. PIRENNE, op.cit., p. 354.

38. N. COHN, op.cit., p. 124.

39. Ivi, p. 123.

40. H. WORKMANN, John Wyclif, Hamden 1966, vol. II, p. 100.

41. C. DYER, Social and Economical Background to the Revolt of 1381, in The English Rising, op.cit., p. 12.

42. J. FROISSARD, Les Croniques, Paris 1837, vol II, p. 150.

43. Ibidem.

44. H. WORKMANN, op.cit., p. 237.

45. Ivi, p. 243.

46. Ivi, p. 239.

47. Ivi, p. 240.

48. LANDI A., op.cit., p. 28.

49. LANDI A., op.cit., p. 36.

50. J.THOMSON, The later Lollards 1414-1520, Oxford, 1965, p. 238