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Iraq, Giocando la carta del petrolio

di Robert Baer - 12/05/2008



Se qualcuno avesse avuto qualche dubbio che l’Iraq riguardava molto il petrolio, non dovrebbe più averlo dopo la recente apparizione in Campidoglio [quello di Washington, dove ha sede il Congresso Usa NdT] del nostro ambasciatore a Baghdad, Ryan Crocker. In una audizione a porte chiuse di fronte alla Camera dei rappresentanti, Crocker ha spaventato a morte il Congresso. Il suo messaggio: se ce ne andiamo dall’Iraq, l’Iraq destabilizzerà il Golfo, e un Golfo destabilizzato equivale a prezzi del petrolio instabili.

Con il balzo del petrolio che sta spingendo oltre i 120 dollari al barile, potete scommettere che nella stanza si sarebbe potuto sentire volare una mosca. Ma di che cosa stava parlando esattamente? Miliziani sciiti iracheni che invadono Kuwait e Arabia Saudita, incendiando i loro giacimenti petroliferi, facendo salire il prezzo della benzina a 10 dollari al gallone [1 gallone = 3,78 litri NdT], e spingendo noi in una depressione? Crocker non ha voluto approfondire i suoi avvertimenti vaghi, preferendo lasciarli in sospeso con una sensazione di paura.

C’era un tempo in cui potevamo contare sull’Arabia Saudita per compensare una insufficienza di petrolio quando spuntava qualcosa di simile all’Iraq. Durante la Guerra del Golfo, l’Arabia Saudita aumentò la sua produzione di 3,1 milioni di barili al giorno per compensare i 5,1 milioni di barili al giorno di produzione kuwaitiana e irachena che era sparita dai mercati. I prezzi del petrolio aumentarono relativamente di poco.

Oggi, l’Arabia Saudita rifiuta o non è in grado di aumentare la sua produzione. Le Cassandre del peak oil [concetto secondo il quale la produzione mondiale di petrolio ha raggiunto il suo massimo, e ora inizierà a diminuire NdT] sono convinte che i sauditi non possono. I mega-giacimenti dell’Arabia Saudita come Ghawar sono svuotati, dicono. E faremmo meglio ad abituarci alla benzina a 4 dollari al gallone e oltre.

Ma Crocker non ha dato solo brutte notizie. Ha detto che se dovessimo stabilizzare l’Iraq, e attrarre investitori nel settore petrolifero, l’Iraq potrebbe diventare il maggiore produttore mondiale, superando l’Arabia Saudita. Crocker non l’ha messa in termini così espliciti, ma avrebbe potuto anche dire: manteniamo un esercito in Iraq, e torniamo ai tempi del petrolio a buon mercato. Chiunque può permettersi di guidare un fuoristrada, se vuole averne uno.

Crocker ha assicurato al Congresso che stiamo facendo progressi. Quella stessa settimana, il governo iracheno ha ripreso il controllo del porto di Bassora, il principale terminale delle esportazioni dell’Iraq. E adesso che il governo ha il controllo totale delle infrastrutture petrolifere irachene le cose miglioreranno.

Quello di cui Crocker non ha parlato è stato l’Iran - e i suoi piani per il petrolio iracheno. Alcuni mesi prima di riprendere Bassora, il governo iracheno aveva iniziato trattative con l’Iran sul fare arrivare un oleodotto fino ad Abadan, il principale terminale per le esportazioni iraniano. L’Iran ha detto inoltre che avrà da dire la sua riguardo al mega giacimento iracheno di Majnun, che potrebbe contenere 30 miliardi di barili di petrolio - rivaleggiando con il maggiore giacimento dell’Arabia Saudita. Io sospetto, tuttavia, che se gli avessero chiesto dell’Iran, Crocker avrebbe risposto semplicemente che è una ragione di più per la quale dovremmo rimanere in Iraq, per tenere a bada l’Iran.

Crocker potrebbe avere ragione. Non abbiamo idea di cosa abbia in mente l’esponente religioso populista Muqtada al-Sadr. Se a Sadr venisse consentito di controllare il terminale petrolifero di Bassora, bloccherebbe le esportazioni di greggio dell’Iraq? Bombarderebbe i giacimenti del Kuwait?

Nessuno lo sa veramente, che è proprio quello su cui sta contando l’amministrazione Bush. Ci hanno ficcato in questo casino fin dall’inizio sfruttando le paure della gente, e ora stanno continuando a farlo. E la benzina a 10 dollari al gallone è il suo equivalente di un’arma di distruzione di massa economica.


Robert Baer
, ex agente della CIA assegnato in Medio Oriente, è editorialista di TIME.com sulle questioni di intelligence, e autore di See No Evil, e, più di recente, del romanzo Blow the House Down.

TIME.com

(Traduzione di Ornella Sangiovanni)