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La gomma cinese cancella i piccoli produttori laotiani

di Luca Bernardini - 12/05/2008

Su La Repubblica e Il Manifesto sono apparsi articoli che raccontano come la Cina vada a caccia di grandi terreni agricoli da comprare in tutto il mondo per sfamare la crescente popolazione e le insaziabili industrie. America Latina, Africa e Sud Est Asiatico sono le prede preferite da Pechino, grazie al basso costo della manodopera e dei terreni.
Spesso la Cina stipula con i vari Paesi accordi di lungo termine con i quali in cambio di terre fertili o lo sfruttamento di materie prime si impegna a costruire infrastrutture indispensabili per lo sviluppo economico delle diverse regioni.
In questo caso si tratta di un do ut des, discutibile ma difficile da rifiutare.

Non sempre però è così. Imprese cinesi stanno acquistando grandi appezzamenti di terreno nel Laos, votati da secoli alla coltivazione di riso, per convertirli in piantagioni di alberi da gomma. Questo perchè, secondo le stime, il Paese della grande muraglia entro il 2020 consumerà un terzo della gomma prodotta in tutto il mondo. Dal canto suo il regime comunista del Laos punta alla gomma come coltivazione miracolosa che potrà, grazie ˝all’amico˝ cinese, sollevare il Paese dal ranking delle nazioni più povere del pianeta.

Gli unici a non guadagnarci in questo grande affare sono i piccoli produttori di riso laotiani, che stanno perdendo le loro terre ancestrali per diventare operai delle grandi corporation della gomma cinesi. Ma più che operai sarebbe più corretto dire servi della gleba, poiché le company sono accusate di ottenere le concessioni dei terreni corrompendo i funzionari senza compensare i contadini (veri proprietari delle terre), di violazione delle leggi sul lavoro, dei diritti umani e delle regolamentazioni sull’ambiente, in una situazione che gli osservatori internazionali definiscono di ˝totale anarchia˝.

Non a caso il Governo del Laos ha ordinato una moratoria sulle concessioni superiori ai 100 ettari, in parte perchè è ormai chiaro che il fenomeno sta diventando incontrollabile.

Fonte:
San Francisco Chrocicle
Associated Press
La Repubblica
Il Manifesto