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La vera storia dell'inquisizione

di Marco Managò - 13/05/2008

 



Il volume pubblicato da Edizioni Piemme ha l’obiettivo di chiarire il ruolo svolto dall’Inquisizione, e dai suoi tribunali, per cercare di svincolarla da un’annosa ritrosia scolastica; il tutto volto a ricercare l’imparzialità e liberarsi dai pregiudizi. Rino Cammilleri, pur autore di parte, non nasconde l’avversione per una critica dominata spesso dal forzato anticleralismo settecentesco e illuminista, di un fenomeno che, nella stragrande maggioranza dei casi, fu affare interno della Chiesa coinvolgendo sacerdoti e frati.
Una delle cause che impedì un regolare esame delle pratiche inquisitorie, fu l’enorme mole di lavoro prodotta, molta della quale non giunse sino a noi o lo fu in forma ridotta.
Franco Cardini, che cura la prefazione, premette: “Si dirà, senza dubbio, che è una storia dell’inquisizione ‘revisionista’. Ma la faccenda sta, appunto, nel fatto che la storia è sempre e necessariamente revisione delle interpretazioni storiche precedenti: se non fosse tale, non sarebbe nulla”.
Occorre valutare la risultante di una religiosità di stato, dopo l’editto di Teodosio del 381, che assimilava l’eresia al delitto contro lo Stato; ponendosi al di sopra della paccottiglia mediatica influenzata dalla scarsa conoscenza, dalla “parastoria” e dai “cascami di semicultura teosofico-antroposofica”, come efficacemente sintetizza Cardini.
Cammilleri sgombra il campo da altrettante personali costrizioni ideologiche e ammette: “E’ vero che l’Inquisizione fu intollerante e nemica della libertà di pensiero - precisa, però - ma tolleranza e libertà del pensiero sono concetti solo recentemente (e non ancora completamente) acquisiti dalla coscienza collettiva. I roghi contro gli eretici e le streghe vennero accesi anche nella Ginevra di Calvino e nell’America dei Padri Pellegrini”.
Svanito l’Impero romano, la Chiesa cristiana ne sentì la necessità di continuazione (assumendone anche il termine Romana). Nello svolgersi dei secoli coabitarono, sino al 1073 e al principio dell’autonomia (non separazione) dei poteri, le esigenze religiose con quelle imperiali. La coincidenza tra eresia e sovversione sociale era completa e si palesava nel reato di lesa maestà da punire col rogo.
La prima ondata eretica che sconvolse l’Europa, soprattutto intorno all’anno 1000, fu quella catara e dei vari movimenti neomanichei, quelli volti alla distruzione del corpo e della materia affinché il contenuto stesso della creazione svanisse e si tornasse ai primordi. Fu un braccio di ferro aperto e duraturo (sino al XV secolo), in cui anche il ruolo della plebe inferocita contro gli eretici e le loro violenze, giocò un ruolo notevole, stimolando quella che fu detta la “pietà clericale”.
Nel 1184 Lucio III decretò il nascere del tribunale inquisitorio, con l’obiettivo di avocare alla Chiesa processi e condanne per atteggiamenti e problematiche di fede e filosofia.
In un primo momento l’attività dell’Inquisizione si svolse attraverso i vescovi locali, anche se la connivenza col potere e la possibilità di cambiar diocesi crearono rallentamenti infiniti, a cui neanche l’invio di un legatizio da Roma, inviso alle genti del posto, riuscì a rimediare.
Cammilleri riassume: “Il fatto è che l’eresia era spesso utilizzata dai potenti per i loro giochi politici; essi le allentavano il guinzaglio o lo stringevano a seconda della convenienza. Molti vescovi, poi, erano generalmente propensi a chiudere un occhio nei confronti delle famiglie ricche che proteggevano i catari”.
La teoria e le pene previste non sempre trovavano applicazione pratica, anche per oggettivo interesse degli inquisitori, poco inclini a ricorrere alla tortura per ottenere confessioni. Sebbene sottoposta a severe norme di applicazione e prevista per gravi casi, la tortura, infatti, finiva spesso per agevolare i più resistenti e colpevolizzare eccessivamente i più sensibili. Per avere efficacia, inoltre, la confessione estorta doveva essere confermata dal reo anche in assenza di tortura, per questo molte volte le ritrattazioni determinarono processi infiniti.
Cammilleri avverte come, in molti casi, la clemenza degli inquisitori fu tale non per pietà cristiana, quanto per impedire la reazione furiosa dei sovrani e delle autorità laiche del luogo.
Anche per Giovanna d’Arco si utilizzarono pretesti di carattere religioso, pur di soddisfare l’esigenza inglese di distruggerne il mito e la persona attraverso processi farsa.
In Spagna, la riunificazione dei grandi Stati in cui era frazionata la penisola, pose l’esigenza (politica) di una parallela coesione religiosa, a farne le spese furono soprattutto le comunità ebraiche e i mori.
Molti ebrei furono “invitati” a convertirsi, a scegliere tra battesimo (i conversos) ed esilio (misura già avviata in altri Stati, come l’Inghilterra). Gli ebrei convertiti solo sulla carta, ma giudaizzanti nella realtà, costituivano una minaccia costante che fu alla base dell’Inquisizione. A farne parte furono chiamati proprio i conversos, ritenuti in grado di comprendere meglio i millantatori di fede cristiana (lo stesso Torquemada discendeva da famiglia convertita).
L’autore ricorda come, nonostante la severità del Tribunale, non vennero meno occasioni di crescita della Spagna, sintetizzate in quello che fu detto el siglo de oro (Cervantes, Calderón de la Barca, El Greco, Velázquez).
Giudicata come atto di superstizione, la stregoneria, diffusa in gran parte d’Europa e in grado di coinvolgere eminenti personalità, rimase sino alla diffusione delle idee illuministe. Sorprende la notevole diffusione geografica, nonché le numerose analogie in località remote tra loro. Per molti studiosi, riferisce Cammilleri si tratta: “… di un antico culto demonico di ascendenza pagana, una specie di religione della fertilità annidata nelle campagne e riesplosa al tempo della grande crisi cinquecentesca, crisi che fu a un tempo religiosa, politica, sociale ed economica”.
La convivenza con gli ebrei fu abbastanza tranquilla, a Roma si tutelava attraverso il Ghetto, voluto dagli stessi rabbini, in grado di impedire operazioni clandestine e di poter seguire il credo nel rispetto reciproco. Alcune volte gli inquisitori furono richiamati all’ordine, in quanto nessuno voleva perdere l’amicizia con le influenti famiglie ebraiche.
La suddivisione dell’Italia in una serie di piccoli stati impediva una condotta comune e uniforme, le normative in alcuni casi erano più tolleranti, in altri più severe e si poteva godere di tale difformità spostandosi a seconda della contingente necessità. Convertirsi significava anche ricevere regalie non indifferenti e, inoltre, prevedeva la cancellazione dei debiti, come se il battezzato fosse nato a nuova vita, in tutti i sensi.
Le idee protestanti provenienti dalla Germania mettevano in allarme i vari sovrani italiani (e non solo), in quanto ogni nuova rivolta dottrinale recava con sé disordini di carattere civile, sommosse.
Supportata dalla nascente stampa, l’eresia protestante si diffondeva pericolosamente e costringeva i sovrani italiani a tollerare faticosamente gli inquisitori provenienti da Roma.
Il Sant’Uffizio fu sciolto nel 1965 e denominato Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Indice dei libri vietati fu eliminato.
Anche gli stati protestanti conobbero repressione religiosa, pur di salvaguardare l’integrità statale, è il caso dell’Inghilterra e della Germania.
I casi celebri di eresia quali quelli di Giordano Bruno, di Tommaso Campanella e Galileo Galilei si devono considerare, secondo l’autore, come episodi singoli privi di quella ferocia repressiva che tanto affascinò l’anticlericalismo illuminista e risorgimentale.
A proposito del nolano, Cammilleri ricorda come: “La statua che lo ritrae fu eseguita nel 1899 da Ettore Ferrari, Gran Maestro della massoneria; venne inizialmente posta per dispetto di fronte alla Cancelleria Apostolica, in quanto, richiesto ufficialmente d’aiuto nei confronti della minaccia costituita per il regime liberale dal nascente socialismo, il papa aveva opposto il solito non possumus”.
Galileo sostenitore dell’eliocentrismo, dopo le affermazioni di Copernico, pagò in gran parte l’invidia dei colleghi accademici, che cercarono in tutti i modi di renderlo inviso alle autorità politiche pronte, invece, a contenderselo.
La polemica diffusione popolare che il genio favorì, per avversare la boria accademica, finì per attirare le attenzioni della Chiesa che, attraverso il Bellarmino, chiese allo scienziato di modificare l’atteggiamento e di valutare l’idea copernicana come una delle possibili e non l’assioma. Da un lato l’insistenza dello scienziato, dall’altro gli inviti della Chiesa a correggere il tiro e dimostrarsi filosofo anziché teologo: il tutto determinò l’alloggio forzato a Roma.
La vicenda di Galilei significò l’emergere di una forma nuova di religione “lo scientismo”, la cieca e assoluta devozione alla scienza e alle sue scoperte. Dimentico dell’empirismo e del suo intrinseco procedere per errori e prove, il progresso scientifico dogmatico finì per spezzare il giusto compromesso fra fede e scienza così come disegnato da San Tommaso d’Aquino.
Condanna per un fenomeno repressivo del pensiero e dell’azione, culminato in centinaia di esecuzioni, ma altrettanta ricerca delle giuste e reali dimensioni, in considerazione delle implicazioni laiche, dell’uso che il potere temporale ne fece per rafforzarsi e dell’uso strumentale del pregiudizio anticlericale che mosse filosofi e autori, alcuni dei quali tornati sui propri passi; questo l’obiettivo del messaggio di Cammilleri.