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Bisanzio, la culla della modernità

di Carlo Bertelli - 13/05/2008



Judith Herrin, docente ordinaria di storia bizantina al King's College di Londra, si rivelò a un'ampia cerchia di lettori nel 1987 con un libro che, nonostante il suo grande interesse, ancora attende di essere tradotto in italiano, The Formation of Christendom, ovvero «La formazione della cristianità » (pubblicato in Gran Bretagna da Basil Blackwell e negli Stati Uniti da Princeton University Press). Uno studio originale del processo per cui, nei quattro secoli tra il sacco di Roma nel 410 d.C. e l'incoronazione di Carlo Magno in San Pietro, venne formandosi un'unità di popoli cristiani in Europa. Un libro formativo, spesso consultato e chiosato.
Il suo nuovo saggio Bisanzio. Storia straordinaria di un impero millenario
(Corbaccio, pagine 480, e 22,60), che appare ora quasi contemporaneamente all'edizione inglese, non è un libro meno ambizioso del primo. Con la stessa facilità di attingere ai documenti originali, che affascina nell'altro volume, anche in questo Judith Herrin trasmette la gioia d'una ricerca che non ha esitato ad andare contro gli stereotipi. Contro un pregiudizio di lunga data, che vede nel millennio bizantino soltanto una prolungata decadenza, il libro registra l'incredibile inventiva e la novità della civiltà bizantina.
«L'impero d'Oriente — scrive Judith Herrin — fu capace di sviluppare il fuoco greco, adattarlo all'impiego navale e mantenere nei secoli il segreto della sua preparazione. Seppe provocare e quindi superare una lacerante controversia sul ruolo delle icone, dell'identità e della fede religiosa. Mentre la cristianità occidentale e l'Oriente musulmano decisero di mantenere le loro Scritture e le lingue sacre latina e araba, Bisanzio ebbe l'audacia di tradurre la Bibbia greca in una lingua scritta inventata dai suoi stessi studiosi, al fine di facilitare la conversione degli slavi. L'impero ebbe anche un sufficiente senso della disciplina per continuare a mantenere stabile la propria moneta aurea per oltre settecento anni, e l'abilità di elaborare forme di potere monarchico conservando l'amministrazione statale romana».
Nel 674-80 le mura di Costantinopoli resistettero al lungo assedio arabo e impedirono che l'Islam arrivasse fino all'Adriatico. Quando la città cadde nelle mani degli crociati occidentali, nel 1204, la civiltà bizantina resistette e dette origine a nuovi Stati. Insegnò allora la «maniera greca» ai pittori italiani. Infine, quando Bisanzio fu decapitata dagli ottomani, ancora i suoi intellettuali dettero un contributo sostanziale al rinascimento italiano.
In breve, è questa l'apologia di Bisanzio, il ritratto, tracciato con scrittura elegante e precisa, di una «società vivace e inventiva, appassionatamente fiduciosa in se stessa».
La traduzione italiana cade in un momento quanto mai opportuno, quando, purtroppo, ben pochi si rendono conto di quanto sia vitale per l'Europa conservare e incrementare il lascito della civiltà bizantina nei Balcani.