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Grand tour monnezza

di Roberto Di Caro - 13/05/2008

 

Il centro vetrina dello shopping. E i cumuli di rifiuti. L'esercito dei precari. E la pioggia di euro. I turisti. E i camorristi. Viaggio in una metropoli senza speranza
Galleria Umberto I
Eh, Bassolino è nato mariuolo... Lo dice quasi con tenerezza, Dario che vende sedie e fuochi d'artificio in piazza Mercato, cuore della Napoli popolare in faccia al porto, piena di montagne di carrozzine, passeggini, bici e automobiline per bambini, mobili, lavatrici e frigoriferi. Come sindaco gli riconosce d'aver lavorato bene, come presidente della Regione gli imputa di aver ceduto a chi gli ha detto "facci mangiare pure a noi, sennò...", e porta il dito alla gola. Ora aspetta anche lui san Silvio, "che è un imprenditore!". Animaccia banderuola, Franza o Spagna, l'angioino e l'aragonese oggi uno accanto all'altro, in statua, sulla facciata di Palazzo Reale. Ma Napoli non sai da che parte prenderla per raccontarla, figuriamoci per governarla. Pare un atlante di sociologia immaginaria. Che saranno mai i 'sottoproletari indultati'? In quale altra città l'aver usufruito dell'indulto diventerebbe fattore di identità collettiva, vincolo di gruppo, categoria sociale? E i 'corsisti', quelli del Coordinamento di lotta per il lavoro di Napoli e quelli 'autorganizzati' di Acerra? Pare esuberanza verbale, la linguaccia di Pulcinella e lo sbeffeggio di Totò. Invece sono soldi. Sì, perché per 140 indultati il ministero della Giustizia ha stanziato 2 milioni e mezzo di euro da spendere in corsi di qualificazione professionale, stage, 'work experience', anglicismo ormai entrato nel linguaggio corrente sottoproletario al pari di videogame o pay-tv: dunque, ci si organizza per contrattare usi e destinazioni dei quattrini.

Stessa storia per la categoria dei 'corsisti', come spiega uno dei loro leader, Salvatore Fierro, 34 anni, una bambina di 5 mesi, una vita ad arrangiarsi: "Siamo i 3.500 precari del 'progetto Isola', che sta per inserimento sociale al lavoro. Nel marzo 2007 ministero del Lavoro e Regione Campania hanno stanziato 22 più 8 milioni di euro perché svolgessimo stage in piccole e medie aziende, panifici, botteghe, ristorazione, bonifica ambientale e raccolta rifiuti: a 500 euro al mese tutti a carico dell'istituzione, ma con la prospettiva che una parte almeno di noi restasse poi in azienda, anche con contratti atipici". Finita la pacchia della manodopera gratis, quanti ne hanno assunti, le imprese? Percentuale facile da calcolare: su 3.500, zero. Dunque, per non lasciarli a spasso, altri 22 più 8 milioni, più 10 di incentivi: ai precari perché in cambio di 100 euro al mese di rimborso pasti e trasporti la smettano di chiedere di essere assunti a fine progetto; alle imprese (basta panettieri e ristoranti, solo raccolta differenziata, porta a porta e compostaggio) solo perché accettino di farli lavorare, senza pagarli. Risultato: provvedimenti tampone, ammortizzatori sociali mascherati, disincentivo allo sviluppo, fondi a perdere in rivoli che sai dove partono, ma non controlli dove arrivano.

Ecco, assai più che nelle tonnellate di immondizia tuttora sparse per la città ma non per il centro-vetrina, il disastro presente e prossimo venturo di Napoli sta tutto nel meccanismo che abbiamo descritto e che si riproduce su vari piani dei comportamenti collettivi e della gestione della cosa pubblica. Nei giorni in cui riescono a togliere la monnezza in faccia a Palazzo Reale o in quel salottino colto che è piazza Bellini, poco o nulla, del crollo incombente, percepisce il viaggiatore di passaggio o il turista inglese reduce da quella specie di outlet grandi firme in un pugno di metri quadri che è diventata Capri. Al Gambrinus la tazzina è bollente e il caffè ineccepibile, come ieri e come gli stucchi. Da Nennella, a Montecalvario cuore dei Quartieri spagnoli, Ciro Vitiello urla come un ossesso ma ti nutre da papa con una manciata di euro, fila perenne di abitanti, turisti, camorristi, manager e impiegate della city due vie più sotto e artigiani di piazzetta Barracche, dove un ricovero di guerra del 1940 è diventato museo, artisti e ragazzi hanno dipinto murales, peccato solo i giochi dei bambini, distrutti dai vandali e mai sostituiti. In città è un fiorir di salotti, fa il pieno di visitatori 'Il martirio di Sant'Orsola', l'ultimo Caravaggio esposto in Banca Intesa, e a giugno s'attende uno sfavillante Festival nazionale del teatro, esordio con una plurilingue messinscena delle 'Troiane' di Euripide. Cos'è, dunque che non quadra, sotto la crosta? "Il fatto che a Napoli hai ormai ricchezza senza sviluppo, gestione senza governo, voti (il Pd in città è addirittura aumentato di un paio di punti) senza consenso", dice Uberto Siola, che è stato preside di Architettura, assessore all'Urbanistica nella giunta Valenzi, sparato dalle Br, deputato Pds e ora consigliere d'amministrazione Anas. Al di là dei tatticismi, non c'è ombra di una nuova classe dirigente. Ed è impensabile che una città tracolli così senza qualche responsabilità della cultura, dell'università, dei centri di ricerca: "Infatti una consulenza, un incarico, un favore non si negano a nessuno. La questione è: se i soldi si continuano a spendere in assistenzialismo mascherato e keynesismo di ritorno, che sarà nel 2013, quando la Campania cesserà di essere area obiettivo 1 dell'Unione europea e finiranno i 6 miliardi dei fondi Por? Ci mettiamo a addestrare serpenti in piazza Plebiscito come a Marrakesh? Dallo sbandierato 'rinascimento napoletano' allo stantìo folklore partenopeo non c'è poi tutta questa distanza: si fa in fretta a tornare indietro...".
Per anni si è discettato se Neapolis dovesse tornare tappa nobile del Grand tour di stampo ottocentesco, con i robusti siderurgici di Bagnoli riciclati in camerieri di lusso, o diventare avamposto di Dubai, piattaforma logistica per il Mediterraneo, merci, business, import-export, trasporti, investimenti, infrastrutture e quant'altro. Beh, il dubbio è sciolto: con la monnezza, addio Grand tour, e col porto raccontato da Roberto Saviano ti arrivano al massimo sigarette taroccate e giocattoli al piombo dal nuovo Impero Celeste. Scommessa persa, largo agli ammaestratori di serpenti? Insomma, non è detto. Non se parli con Giuseppe Errico, segretario della Camera del lavoro, ai tempi metalmeccanico all'Alfasud, un'impressionante somiglianza con Guglielmo Epifani: "Nell'area ovest c'è quel gioiellino della ricerca che è la Città della scienza, ma attorno non s'è costruito altro, a parte il vecchio pontile Italsider trasformato in passeggiata a mare. Nell'area est producono ancora e vanno bene sia l'Ansaldo trasporti sia la Whirlpool, ma del previsto Acquario si continua a parlare senza un solo passo avanti". Lui le risorse le vorrebbe concentrate sul recupero di attività industriali: "Mica possiamo costruire solo musei e ipermercati!".

Acquario e parco marino, bonifica dell'area degli impianti petroliferi Q8, Città della musica a Bagnoli, linea 6 del Metro dopo i buoni passi avanti sulle linee 1 e 2: se una cosa non manca mai a Napoli sono i progetti. Questa città, anche nei periodi più neri, è sempre campata di futuro: come appesa a un domani immaginato, studiato, preparato, qualche volta anche realizzato. Ora invece è come azzoppata. Enzo Gragnaniello (famosissima la sua 'Cu' mmè'), lui che, corrisposto dalle folle, la città l'ha cantata e musicata sempre d'istinto, oggi la descrive come "un televisore fuori sintonia, che distorce immagini e suoni, volti e parole, e li rende irriconoscibili, incomprensibili. Quando mai i napoletani hanno avuto paura di non farcela, si sono sentiti dei perdenti? Ora sono pieni di ansie e paure: così mi dicono quando mi fermano in strada".

Sarà che l'ansia si placa con lo shopping, ma tutto questo crollo dei consumi non si vede, almeno non più che altrove. Via dei Mille e via Chiaia assicurano il lusso alle signore con solide carte di credito, e via Toledo veste non senza gusto le ragazzine che a migliaia tengono sul display del cellulare la foto del bello di turno: Cosimo Di Lauro, figlio di Ciruzzo 'o milionario boss di Secondigliano, chioma liscia e faccia da duro di Hollywood immortalato il 20 gennaio quando i carabinieri gli misero le manette (vedere box qui sotto). Il 1 maggio i vigili urbani sono in sciopero, ma non è che gli altri giorni ti accorgi tanto di più della loro esistenza; né, in generale, di quella del Comune, visto che il grosso dei soldi li gestisce la Regione di Bassolino, ieri santo oggi 'mariuolo'. Il sangue dell'altro beato, san Gennaro, si scioglie come sempre sabato 3 sull'altare del Duomo nell'ampolla sollevata dal cardinale Crescenzio Sepe che tuona contro il fallimento di "una politica tramortita e senza etica, resa sterile dai suoi stessi vizi".

Non è il primo appello del genere. Anzi. Il cardinale è un interventista, un combattente, un leader. Alieno dalle untuosità di certo linguaggio ecclesiastico, dice e fa quello che ci si aspetterebbe dai politici, come l'appello ai camorristi a consegnare in chiesa le armi. Ha finito per diventare punto di riferimento, volto del potere: nel senso di uno che può. E la percezione del potere si porta dietro le sue rogne: ai primi d'aprile, invece dei soliti uffici comunali, è la secentesca basilica di Santa Maria del Carmine che hanno occupato gli sfrattati di Melito, brande tra i banchi e fornello a gas sull'altare. Sgomberata dalla polizia il 26 aprile, il Carmine ospita di nuovo caotici matrimoni con scollatissime signore. Scollati anche i marmi nella prima cappella: un giorno forse, come Napoli, qualcuno li rimetterà a posto.