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Crisi Africana: Sudan, guerriglia alle porte della capitale

di Ersilia Contu - 14/05/2008

 

 
Crisi Africana: Sudan, guerriglia alle porte della capitale



Il Sudan ha annunciato di avere interrotto le relazioni diplomatiche con il Ciad dopo l’offensiva sferrata domenica su Khartoum e Omdurman dalle milizie del JEM, il Movimento per la giustizia e l’eguaglianza, provenienti dalla regione meridionale del Darfur.
Secondo quanto sostenuto dalle autorità sudanesi, le azioni della guerriglia godono del sostegno finanziario e militare della presidenza ciadiana guidata da Idriss Deby. Lo stesso governo sudanese ha precisato che i militari sono riusciti a respingere l’attacco ma che il coprifuoco imposto nelle due città proseguirà sino a data da stabilirsi poiché i militari sarebbero ancora impegnati a ricercare i miliziani asserragliati in alcune strade della capitale. “Si tratta sostanzialmente forze del Ciad, sostenute e addestrate dal Ciad e in seguito spostate dal Ciad sotto leadership di Khalil Ibrahim”, ha dichiarato il presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir, in un discorso pronunciato alla televisione di Stato in cui ha contestualmente annunciato la rottura di “tutte le nostre relazioni diplomatiche con questo regime”. Le autorità ciadiane hanno ovviamente respinto le accuse rivolte dal Sudan. “Il Ciad non ha niente a che vedere con questa situazione”, ha dichiarato il ministro dell’Informa-zione, Muhammad Hissein, in un’intervista concessa al network al Jazeera, in cui ha sollecitato le parti a rispettare gli accordi bilaterali di non aggressione, ultimo dei quali quello siglato lo scorso 13 marzo a Dakar, in Senegal, in cui i due presidenti si erano impegnati per iscritto e di fronte la comunità internazionale a non permettere che i rispettivi territori di confine divenissero zone in mano alle guerriglie ostili all’uno o all’altro governo. In realtà neanche questo accordo ha trovato seguito ed il conflitto non dichiarato tra i due Paesi risulta ormai permanente. A febbraio il regime ciadiano, sostenuto dalla Francia, aveva respinto un massiccio attacco contro la capitale N’Djamena da parte delle milizie dell’Unione delle Forze per il Cambiamento (UFC) accusate di essere finanziate dal Sudan. Il braccio di ferro tra N’Djamena e Khartoum si mantiene quindi costante così come le operazioni delle varie sigle guerrigliere nate a ridosso del confine comune appare sempre più strumentale alle politiche dell’una o dell’altra presidenza.
Dal punto di vista prettamente militare, l’offensiva lanciata domenica dal JEM è stata dichiarata ufficialmente stroncata. L’agenzia di stampa sudanese Suna ha reso noto l’arresto di circa 300 miliziani ed il sequestro o la distruzione di 60 mezzi. Se Khartoum sembra essere stata “bonificata” dalle forze sudanesi, più incerta è la situazione a Omdurman, metropoli più grande del Paese e suo vero centro nevralgico, politico ed economico. La città, circa tre milioni abitanti, è di fatto separata da Kahartoum soltanto dal Nilo il che pone seri dubbi sull’attendibilità dei bollettini vittoriosi diffusi nelle ultime ore dal ministero della Difesa. La presenza del JEM ad Omdurman è stata confermata anche dallo stesso leader del Movimento, Khalil Ibrahim, che ieri ha rilasciato le prime dichiarazioni ufficiali alla stampa internazionale sostenendo di trovarsi egli stesso nella metropoli. Lo stesso ha annunciato che l’attacco di domenica rappresenta “soltanto l’inizio di un processo la cui fine sarà la cacciata del regime”. In dichiarazioni telefoniche raccolte dalla BBC e dall’agenzia Reuters, Khalil ha ribadito che le sue forze sono pronte alla presa della capitale: “Molti altri guerriglieri stanno arrivando in zona”, ha annunciato.