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Il Pellegrinaggio in Oriente di Henry Corbin

di Glauco Giuliano - 15/05/2008




La figura intellettuale di Henry Eugène Corbin (Paris, 14.IV.1903-7.X.1978) è poliedrica: antico allievo di É. Gilson, come questi aveva fatto emergere dalla storia del pensiero medioevale europeo l’immagine d’una «filosofia cristiana» autonoma ma non conflittuale rispetto alla teologia, altrettanto egli s’adoperò a definire una «filosofia islamica», della quale veniva ponendo in luce le profonde connessioni con la cosmologia e l’angelologia. Contemporaneamente, introduceva in Francia l’opera di K. Barth e di M. Heidegger. Ma ciò per cui, come arabista ed iranista, Corbin s’è acquistato un merito incancellabile, con la sua opera di editore e traduttore, è la dimostrazione che la filosofia islamica non finì con la morte di Averroè, e le grandi edizioni di Sohrawardî e di Mollâ Sadrâ, insieme con quelle di molti altri pensatori arabo-persiani, rimangono a confermarlo.

Questo libro, il primo (e finora l’unico) in Italia interamente dedicato a Corbin, uscito in coincidenza con il Convegno celebrato alla Sorbonne dal 6 all’8 Novembre 2003 per il centenario della nascita, non pretende d’esaminare l’opera corbiniana nella sua integrità – al che sarebbero necessarie conoscenze specialistiche multiformi – ma solo di metterne in luce la dimensione «orientalistica», nel senso specifico, ch’egli attribuiva al termine, di Cerca dell’Illuminazione Orientale (Ishrâq), ossia della Conoscenza nella Presenza dell’Essere: conoscenza non rappresentativa, bensì unitiva, intuitiva e trasformante. È la proclamazione d’un Kérygma sofianico e gnostico, movente da una forte struttura ontologica e teoretica.

D’altra parte, l’orientalismo di Corbin riveste anche un significato più corrente: sia, anzitutto, per gli studî ai quali prevalentemente si dedicò, sia per le numerose aperture verso l’Oriente extra-islamico. Dalla sua opera emerge implicitamente il progetto d’una filosofia eurasiatica, che già era stato proposto da un altro suo maestro, P. Masson-Oursel.

Il duplice significato di tale «orientalismo» colloca Corbin nella categoria del «Pellegrinaggio in Oriente», con la quale H. Hesse aveva già sedotto molte coscienze europee, in un linguaggio precorrente le più tipiche espressioni corbiniane: «quella colonna di fedeli e devoti in cammino verso l’Oriente, patria della luce, fluiva senza posa e in perpetuo, era sempre in marcia attraverso tutti i secoli, incontro alla luce e al prodigio, e ciascuno di noi fratelli, ciascuno dei nostri gruppi, anzi l’intera colonna e il suo grande viaggio non erano che un’onda nella perpetua corrente delle anime, nella perpetua tendenza degli spiriti verso il mattino, verso la patria […]. La nostra meta infatti non era soltanto il paese di levante, o meglio il nostro Oriente non era soltanto un paese o un’entità geografica, ma era la patria e la giovinezza dell’anima, era il Dappertutto e l’In-Nessun-Luogo, era l’unificazione di tutti i tempi» (Die Morgenlandfahrt, 1932, c. I; Il Pellegrinaggio in Oriente, tr. it. di E. Pocar).

Intento della pubblicazione è dunque mettere in luce sia alcuni punti della metodologia storico-religiosa, dov’è facilmente riconoscibile l’impianto eliadiano della scienza delle religioni, nella sua tripartizione in storia, fenomenologia ed ermeneutica (ma senza con ciò suggerire una dipendenza); sia il complesso percorso dell’ermeneutica dalla materia onto-teologica all’esito metafisico, non esprimibile se non in termini hyperapophatici. Siamo messi in presenza d’una antropologia integrale, paragonabile al «nuovo umanesimo» auspicato da M. Eliade come incontro fra Occidente e Oriente; e d’una fenomenologia integrale e compiuta, dove la dualità fra il soggetto e l’oggetto appare completamente superata. L’ontologia del Mundus imaginalis, che ne risulta, consente di restituire con sicurezza le testimonianze spirituali e religiose iuxta propria principia, di diagnosticare e curare la malattia della demitizzazione e di ritrovare (G. Filoramo) l’«Oriente dell’Occidente».

Sei le tappe trascelte nel Pellegrinaggio ad Oriente. Il primo capitolo, dopo aver passato in rassegna alcuni temi generali e tipici di Corbin, ripercorre il cammino ermeneutico del Graal verso l’Iran (pre-islamico ed islamico), fino all’occultamento in “India”: qui, come fu già per i Rosacroce, si fonda l’idea della Cavalleria Spirituale. Il secondo considera alcune espressioni e modalità del cammino verso la Gnosi (la «Teosofia orientale» di Sohrawardî), che non sia conoscenza in questo mondo, bensì delle realtà al di là di esso, fino al riaccendersi in noi dell’Oriente delle Luci; molto spazio è dedicato al rapporto con C.G. Jung ed al tema del Combattimento per l’Anima. Il terzo descrive il progetto d’una nuova scienza “orientale” – una vera e propria fisica - dello spazio-tempo immaginale, peculiare all’interiorità psico-cosmica, letterale e non metaforico, oggetto di un’adeguata gnoseologia mentalistica: scienza che possa valere come un’alternativa alla reclusione nella materia corporea confermata dalle tecnoscienze dell’Occidente moderno - è una via nuova nell’interpretazione del pensiero di Corbin. Il quarto, dedicato agli elementi della Proclus Renaissance ritrovabili nell’opera del Nostro, riprende l’itinerario percorso da Apollonio Tianeo e da Plotino in direzione della Persia e dell’India, e dai neoplatonici antichi e rinascimentali alla ricerca della sapienza caldaica e mazdea – è la ripresa del cammino intrapreso da Damascio nel 531, e ripropone positivamente la riflessione sulla compatibilità fra espressioni del neoplatonismo e della gnosi. Il quinto studia la presenza, episodica ma non raramente esplicita, dei riferimenti all’Oriente non islamico (hindù, taoistico e buddhistico), anche nel confronto con analoghi riferimenti in M. Heidegger – ed alla luce di questa presenza dovrebbe esser compresa la gnoseologia corbiniana, a conferma del progetto più latamente “orientale”. Il sesto applica certe acquisizioni del capitolo precedente ed esemplifica alcune difficoltà dell’integrazione fra Oriente e Occidente (cfr. il dialogo con G. Vallin), alle quali – anche – è dovuta la problematicità della nozione di filosofia comparata; l’esame verte sulle nozioni di Unità dell’Essere e di Creazione perpetua, nel confronto con T. Izutsu. L’antologia, nella seconda parte del volume, propone, con due eccezioni, alcune pagine estratte dal monumentale En Islam iranien.

La gnosi di Corbin, quale risulta da queste pagine, si accomuna alla «gnosi filosofica di Eranos», e viene qui interpretata anche in funzione della gnosi della New Age, con la quale ha molti temi in comune: la gnoseologia e l’epistemologia mentalistiche, e quindi il ripudio del dualismo fra pensiero ed essere; l’importanza attribuita all’angelologia in correlazione con la cosmologia; l’adozione d’un modello onto-cosmologico unitario, olistico e sincronico, contrassegnato dalla pervasività del paradigma catoptrico e quasi olografico (cfr. Hanegraaff); l’interesse critico per le correnti neognostiche emergenti nel cosiddetto mondo scientifico; la rinascita del politeismo e della thealogia (benché nella versione sofiologica); la centralità e la funzione cosmologica attribuite all’immaginazione; un millenarismo declinato in versione neo-gioachimitica (da connettere con la thealogia); l’unificazione dei differenti gnosticismi nella Gnosi, ed il rifiuto del dogmatismo; la predilezione per le eresie e la non rara valutazione del Cristianesimo (in specie paolino) come antignosi, agnosticismo, “sociologia”; la proposta d’un rinnovato umanesimo, capace d’integrare le eredità propriamente spirituali d’Occidente e d’Oriente, nel quadro della «contemporaneità fenomenologica». Rispetto alla New Age, tuttavia, la prevalente restrizione all’orizzonte delle religioni abramiche costituisce il motivo di distanza più notevole (ed è l’orizzonte che queste pagine aspirano ad allargare). La persona teandrica di Corbin (unus-ambo, bi-unità, dualitudine), in particolare, non si spiega nel quadro della psicologia del profondo e neppure di quella transpersonale: essa è giustificabile solo in rapporto con la Trascendenza personale. Sembra esser questa, come appare più chiaramente in Nîtârtha, libro del medesimo autore pubblicato l’anno successivo, la questione che, nell’incontro fra l’Occidente e l’Oriente, costituisce e costituirà il problema più grave e, guardando alla meditata mediazione di Corbin, spera una soluzione.

Glauco Giuliano, Il Pellegrinaggio in Oriente di Henry Corbin. Con una scelta di testi. Lavis (Trento, Italia), La Finestra, 2003, p. 432, E. 42, ISBN 88-88097-27-9.
Fonte: http://www.amiscorbin.com/

GLAUCO GIULIANO, Nîtârtha. Saggi per un pensiero eurasiatico. Lavis (Trento, Italia), La Finestra, 2004, p. 284, E. 32, ISBN 88-88097-84-8