Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Immigrati

Immigrati

di Uriel - 16/05/2008

La paura degli immigrati sta raggiungendo livelli di parossismo, mentre in ultima analisi tutto cio' che sanno fare i vari partiti e' di prendere posizioni ideologiche: da un lato sicurezza ad ogni costo, anche sparando nel mucchio, dall'altro accoglienza ad ogni costo, e pazienza se poi ti svaligiano la casa.

Ho gia' specificato in passato come la percezione della criminalita' sia legata principalmente a due fattori: il livello di tolleranza considerato accettabile e la valutazione del rischio di esserne vittime.

Il primo fattore e', ovviamente, a sfavore degli immigrati: da un lato l'immigrato e' considerato qualcuno che prima non c'era -e vivevamo lo stesso- ergo qualcuno cui si potra' facilmente rinunciare. Di conseguenza, non e' accettabile nessun genere di comportamento deviante. Non lo e' perche' se il trattamento -qualsiasi esso sia- del criminale locale e' assolutamente un problema locale, nel caso del criminale straniero e' percepito come un problema legato alla sua presenza sul suolo patrio. In pratica, il problema perenne riguardo all'immigrato e' "permettergli di stare qui o no?".

La prova di questo e' la continua sequela di permessi pediodici che deve chiedere per rimanere: una volta che e' entrato e per prima cosa ha trovato casa e lavoro, e' abbastanza chiaro quale stile di vita si prefigga. Perche' allora deve chiedere un rinnovo ogni anno? Perche' egli vive nella perenne condizione di "sei una cosa che prima non c'era, e potremmo decidere che non ci sarai piu'".

Questa condizione di precarieta' vale sia per l'ospite che per l'invasore: che differenza passa , tra i due? Beh, l'ospite e' gradito , l'invasore e' sgradito. Per cui, lo straniero che delinque e' un invasore e come tale viene combattuto, lo straniero che non lo fa rimane un ospite, precario come e' qualsiasi ospite, ovvero dipendente dalla decisione del padrone di casa di ospitarlo.

Per questa ragione la criminalita' dell'immigrato soffre di una soglia di tolleranza estremamente bassa: essa concorre alla valutazione continua riguardo all' opportunita' di ospitarlo ancora.

Il secondo fattore, il fattore di pericolo, e' ancora piu' a svantaggio dei nuovi arrivati; qualora si diano alcrimine dovranno occupare aree non gia' occupate dalla criminalita' locale. Questo fa si' che si producano in reati che destano scalpore perche' non sono usuali; il fatto che non si sia abituati a questo tipo di reati fa si' che si possa dire "prima che arrivassero loro queste cose non si sentivano".

Che sia il luogo, il tempo , la misura o il modo nel quale l'immigrato delinque, sara' per forza di cose diversa rispetto alla criminalita' locale, con la quale l'immigrato (almeno i primi tempi) non ha la forza criminale per scontrarsi.

Inoltre, per l'immigrato ogni cittadino locale e' bersaglio: se la criminalita' locale prende di mira generalmente i ricchi, per l'immigrato che non possiede nulla TUTTI i locali sono piu' ricchi.

Inizieranno cosi' una serie di furti, crimini, truffe, tutte a danno degli indigeni che non sono necessariamente i piu' ricchi. Il peso numerico dei bersagli e' enormemente piu' alto, se siamo in un regime di democrazia. L'anonima sequestri , che rapisce generalmente ricchi imprenditori capaci di pagare cospicui riscatti, non ha mai sollevato l'allarme sociale di una banda di ladri di villette . La faida mafiosa, che colpisce principalmente addetti ai lavori, non ha mai sollevato l'allarme sociale degli stupri per le strade, che colpiscono potenzialmente qualsiasi donna.

Ma nessuno di questi due fattori, normalmente legati alla percezione della realta',  e' davvero esplosivo se non si unisce ad essa un fattore emotivo: la paura di perdere tutto.

La paura di perdere tutti non e' necessariamente legata all'immigrazione, ed e' da considerarsi un fattore indipendente. Ma funge da catalizzatore e da amplificatore per i fenomeni di cui sopra.

Se hai paura di perdere tutto, per diversi motivi che vanno dalla congiuntura economica alla mancanza di ammortizzatori sociali, qualsiasi senso di pericolo produce l'isteria.

Se siedi su una comoda poltrona puoi rimanere calmo mentre il bambino saltella per casa. Se sei in equilibrio su una corda oscillante, e temi di cadere nel baratro, gli griderai -isterico- di smettere di agitarsi.

Se l' Italia fosse immersa in un boom economico, si reagirebbe con allarmi, porte blindate, vigilanza privata , piu' automobili e meno gente a piedi sulle strade, eccetera. Ma l'italiano si sente fragile, e non ha la forza di proteggere casa propria, i propri averi (se ne ha ancora), la propria persona.

Ritengo quindi che il parossismo arrivato in italia sia qualcosa che la la struttua di una pila, di uno stack:

  1. Il layer zero, che chiamero' "stato di paura" e' dovuto al fatto che la persona si percepisce fragile, economicamente, socialmente, fisicamente.
  2. Sullo stato di paura si innesca il fatto di sentirsi bersaglio: al criminale immigrato sembri ricco, e quindi sei una preda. 
  3. Su entrambi  si innesca la convinzione che l'immigrato sia  qualcosa in piu', che prima non c'era, e che se non supera una  prova si puo' cacciare via.
Al termine di questo stack, la persona combatte l'immigrato per esorcizzare le proprie paure: gia' ho poco, se me lo rubi come faro' a ricomprarlo?Come potro'mantenere il mio stile di vita se  tutti i miei status symbol vengono rubati e io non posso ricomprarli?Una volta queste cose succedevano solo ai ricchi,ma loro hanno i soldi per rimettersi in piedi!

L'ultima affermazione e' quella che costituisce il trait d'union : ad essere cambiato non e' il crimine o il criminale; il vero problema e' che sia cambiato il bersaglio.

Cioe', una componente maggioritaria della societa', gia'spaventata dal proprio declino, scopre di essere anche bersaglio dello straniero.

Non puo' reagire contro le cause del suo impoverimento , non puo' reagire contro le cause delle sue insicurezze; ma improvvisamente trova un bersaglio chiaro. Qualcuno che individualmente e dichiaratamente attenta al suo stile di vita, ai suoi beni ed alla sua vita.

Hanno poco da parlare di tolleranza; hanno poco da distinguere tra immigrati onesti e non, il risultato sara' il medesimo. Al massimo cambierebbe il bersaglio: la paura si materializza SEMPRE.

E la paura diffusa tra la popolazione si materializza sempre con il volto di un popolo.

E' irrilevante qualsiasi genere di campagna educativa e/o qualsiasi invito alla tolleranza; il problema degli italiani non sono i rom, e neppure gli mmigrati. Alla base della catena della paura c'e' il declino economico, la precarieta', la carenza di welfare. Dare contributi a chi affitta le case ai Rom come fa il comune diTorino non serve a nulla, anzi: "ci tolgono anche le case". Perche' l' Italiano di oggi sente di poter perdere anche la casa: ogni intervento sul mercato delle case accrescera' le sue paure.

L'italiano teme di perdere i propri averi, il proprio lavoro, la propria famiglia.

L'immagine-paura dell'immigrato criminale e' quella della persona che colpisce la tua famiglia con la violenza,  i tuoi averi col furto,  il tuo lavoro accettando di lavorare per meno, in nero.

Ed e' contro l'immagine-paura che sta venendo combattuta la guerra.

L'unico modo per fermarla non e' agire sugli immigrati, sia in un senso che nell'altro. E' di agire sulla paura.

Eliminando il precariato, fermando il declino economico, creando spazi di sicurezza.

Altrimenti, ci sara' sempre un'immagine-paura da combattere.