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L'Italia e il partito unico amerikano

di Luigi Tedeschi - 17/05/2008

 

La festa è finita, andate in pace. La mono
 tona ritualità di questa democrazia, che è tale solo per le sue periodiche liturgie elettorali, in quanto la società italiana è solo dirigista e omologata all’occidente americano, si è consumata all’insegna del rinnovamento. Ma il “nuovo” si rivela un ennesimo maquillage di un sistema votato alla eterna decadenza. A breve termine, il popolo italiano si accorgerà di essere stato, come sempre, disilluso ed ingannato dalle false aspettative della politica mediatica. il preteso rinnovamento, l’ansia del nuovo abilmente diffusa nella psicologia delle masse, altro non è, se non una fase successiva di un processo di progressiva omologazione dell’Italia, come dell’Europa, all’occidente capitalista a sovranità USA. Infatti, il bipartitismo sostanziale emerso dalle elezioni, rappresentato da partiti omologhi quali il PD e il PdL, è il risultato di una evoluzione in senso americanista del sistema. I due partiti rappresentano oggi una destra e una sinistra deideologizzate, dai programmi talmente similari, da suscitare reciproche accuse di plagio. Destra e sinistra, una volta cancellate le loro radici storiche novecentesche, e quindi i loro specifici contenuti politici, possono adempiere adeguatamente ad un nuovo ruolo: quello di intercambiabili amministratori preposti a fornire una legittimazione politica all’economia dei poteri forti del capitalismo globale. Ai fantasmi ideologici si è sostituito il carisma personale – mediatico dei leaders (Veltroni e Berlusconi), alle aspettative reali del popolo degli elettori fa riscontro la politica dell’immagine, in cui le esigenze della società si trasfigurano in impulsi emozionali indotti, generatori di un consenso generico, su programmi articolati con la medesima logica: la convergente conciliazione degli opposti. Nei programmi dei due leaders, infatti, convivono conservazione e innovazione, cattolicesimo e laicismo, populismo e liberismo.

L’ITALIA LIBERISTA
E IL PRIMATO AMERICANO 
Dopo tangentopoli, con le elezioni del 2008 è finito un lungo periodo di transizione: da un sistema bloccato a primato DC, con steccati ideologici definiti ed economia mista, si è passati ad un nuovo regime che riproduce in Italia il sistema politico ed economico americano, a colpi di liberalizzazioni economiche con relativi monopoli privati, partiti “leggeri” ed intercambiabili, labilità psicologica di massa, guidata dalla politica virtuale, sistemi di creazione del consenso del tutto simili alle politiche di marketing aziendale. Infatti, entrambi i partiti sono strutturati come apparati produttori di consenso, inteso come un bene di consumo generalizzato: così come si acquistano merci sulla base del consumo indotto, allo stesso modo il voto è un oggetto di consumo indotto dal marketing elettorale, un bene immateriale prodotto dalla pervasività della immagine virtuale. Berlusconi ha vinto perché ha saputo imporre un marketing più accattivante e persuasivo.
Il riconoscimento del primato americano, in termini sia economici che politici, è del resto confermato dal fatto che nella campagna elettorale sono stati assenti sia temi di politica estera che problematiche inerenti la crisi del sistema liberista globale, in cui l’Italia è pienamente coinvolta. Il vento americanista ha, ahimè, coinvolto la stessa Chiesa Cattolica, che, dopo la visita del Papa negli USA, ha nei fatti riconosciuto il primato politico e morale americano. La Chiesa ha incarnato, in questa vicenda, tutti i sensi di colpa e la sudditanza politica e morale dell’Europa attuale, senza storia e incapace di assumere altro ruolo nella geopolitica mondiale, se non quello di un protettorato dell’occidente americano.

I POTERI FORTI
DESTITUISCONO LA POLITICA
Queste elezioni hanno smentito il diffuso senso di distacco dalla politica, già evidenziatosi da circa un anno a questa parte e che ha dato luogo al fenomeno dell’antipolitica culminato nel “grillismo”. La somma delle astensioni dal voto, delle schede bianche e nulle è stata del 20% circa (10 milioni di elettori), percentuale fisiologica, comunque non determinante. All’affermarsi di una partecipazione elettorale di massa, che ha comportato la svolta a destra dell’elettorato italiano, con la clamorosa vittoria di Alemanno su Rutelli a Roma, fa riscontro il moltiplicarsi sui media delle denunce sui privilegi della Casta, sullo stato di corruzione mafiosa in cui versa la politica italiana. Questi due fenomeni sono apparentemente contraddittori, tanto più che la Casta dei politici non sembra affatto scalfita da tali campagne scandalistiche. In realtà, queste elezioni hanno destituito con Prodi, una determinata classe politica e un sistema di relazioni tra la politica e i poteri forti dell’economia. da più di un anno gli organi di stampa più vicini alla Confindustria e al sistema bancario (Corriere della sera e Sole 24 Ore), hanno attaccato e delegittimato Prodi & C. La grande industria e le banche hanno disconosciuto Prodi quale intermediario della politica nei confronti dell’economia, perché ormai poco funzionale ai propri disegni egemonici e poco affidabile perché leader di un governo condizionato dai veti incrociati della sinistra radicale e le componenti moderate della maggioranza. E’ da rilevare l’arroganza e la supponenza con cui Montezemolo, Draghi & C. esprimono le proprie istanze in tema di riforme in senso liberista del lavoro, della previdenza, della pubblica amministrazione, veri e propri diktat per la linea politica del nuovo governo, al di là della prevalenza di questo o quello schieramento politico. A nulla sono valse le politiche fiscali di Prodi a favore delle imprese, delle banche, delle assicurazioni. Possiamo ipotizzare in futuro, una accentuata criminalizzazione della Casta perché i costi della sua sussistenza si rivelano, per i referenti dei potentati economici troppo elevati e parassitari, a fronte dei servizi da essa resi per la legittimazione politica di interessi lobbistici che i poteri forti possono ormai gestire per proprio conto. Potremmo assistere ad una riedizione di fenomeni quali tangentopoli, al fine di destituire una classe politica non più idonea a rappresentare gli interessi delle lobbies.

L’AMERICA PIACE SOLO ALL’EUROPA
La svolta a destra italiana è perfettamente compatibile con analoghi orientamenti registratisi in Europa, in Francia con Sarkozy, in Germania con la Merkel. Tali governi hanno frantumato le residue velleità europee di autonomia dagli USA. Dobbiamo però riconoscere che l’unica a riconoscere il primato americano come una necessità immanente è l’Europa. In Asia si afferma la Cina, che contende il primato economico agli USA, la Russia contende in campo energetico e strategico le pretese egemoniche americane, il Sud America si è affrancato in gran parte dalla soggezione neocoloniale USA. L’egemonia americana nel mondo è in crisi, parallelamente al suo sistema economico, quale crisi del modello liberista, al suo sistema politico che si rivela non suscettibile di esportazione, alle sue guerre, che producono solo morti, fame, forme di resistenza incontrollabili, un terrorismo che si espande quanto più l’aggressione militare americana si intensifica. Solo l’Europa riconosce come suo destino ineluttabile il primato americano: è una scelta voluta dalle sue classi dirigenti, che conservano la loro permanenza al potere delegando, in cambio della subalternità europea agli USA, il potere decisionale nella geopolitica, nella economia, nella difesa.

ESISTE PIÙ UN’OPPOSIZIONE AL MODELLO CAPITALISTA?
L’evoluzione bipartitica a destra costituisce senz’altro una novità nella politica italiana. Ma comunque il nuovo non significa necessariamente progresso. Anzi, un sistema che si è liberato dai residui ideologici novecenteschi, quali il comunismo, il socialismo, il fascismo, si è trasformato in un sistema bipartitico liberale assoluto, visto che nessun altro modello politico-ideologico è rappresentato nel parlamento italiano. Dalla fine della prima repubblica si registra un orientamento costante: gli italiani votano sempre contro qualunque coalizione governativa in carica. E’ una reazione plausibile, dato che l’Italia vive una fase di regresso progressivo, sia in campo politico che economico – sociale. Pare, paradossalmente, che questo liberalismo assoluto riproduca il parlamento post unitario dei governi Cavour, Ricasoli ecc.. Ricordiamo inoltre, che il parlamento italiano, grazie alle liste bloccate, si risolve in una partitocrazia autocratica assoluta, con una classe politica che, per età media, continua ad essere la più vecchia d’Europa. In realtà, data l’identità ideologica di fondo dell’attuale bipartitismo in senso liberale totalizzante, è facile concludere che al di là delle contrapposizioni strumentali e di facciata, il sistema politico italiano si traduce in un regime a partito unico liberal capitalista amerikano assoluto, in cui l’unanimismo nelle impostazioni di fonde è addirittura sconcertante. Esiste oggi un solo parlamentare italiano che non si riconosca nella liberaldemocrazia occidentale? Esiste un solo parlamentare contrario al lavoro flessibile, che propugni il conflitto sociale, che sia contrario alle liberalizzazioni economiche, che affronti battaglie contro i poteri forti dell’industria, che si proponga di denunciare il signoraggio delle banche centrali, che metta in discussione le scelte dell’Europa della BCE? Esiste infine un solo parlamentare che in politica estera non sia amerikano, non giuri fedeltà alla Nato, che sia critico verso il sionismo, svolga campagne contro le guerre made in USA, sia contrario all’indipendenza del Kosovo? Lo stesso riconoscimento da parte di leaders post fascisti quali Fini e Alemanno del 25 aprile quale valore fondativo della repubblica, in quanto anniversario della conquista delle libertà democratiche, è esemplare. In realtà viene riconosciuta come legittima dai post fascisti stessi  l’interpretazione ideologica di stampo azionista dei valori dell’antifascismo come valori fondanti della costituzione già propugnata da Ciampi. Secondo tale interpretazione, la liberazione dell’Italia coincide con l’occupazione americana dell’Italia, e l’avvento della liberà con l’instaurazione di un regime democratico e neocoloniale filo statunitense. Quindi, i valori fondamentali della repubblica italiana sarebbero ora, per unanime riconoscimento di derivazione americana. Da ciò si deduce allora, che la sovranità limitata italiana sarebbe legittimata costituzionalmente e storicamente dall’occupazione degli USA, quali artefici e missionari della libertà degli italiani.

LA DISINTEGRAZIONE DELLA SINISTRA
Sono inoltre finiti gli estremismi, con la sparizione dal parlamento sia della sinistra radicale che dell’estrema destra. E’ singolare che la dissoluzione dell’estrema sinistra si sia verificata in concomitanza con la crisi globale, sistemica del capitalismo. La sinistra paga il prezzo della sua perdita di identità e della sua incapacità ad affrontare i problemi della società attuale con una logica diversa da quella massimalista ottocentesca. Le classi subalterne del nord, così come quelle romane, si sono sentite tradite da una sinistra che da decenni ha abbandonato la conflittualità sociale per abbracciare cause di stampo ideologico liberal americano, quali i diritti umani, quelli dei gay, del femminismo, del pacifismo, dell’immigrazione, della società multiculturale. La disintegrazione della sinistra si riassume in un suicidio politico – culturale identitario da lungo tempo annunciato: essa ha voluto omologarsi al processo di globalizzazione adeguandosi alla sua ideologia cosmopolita – liberal di fondo, rendendosi infine omogenea e funzionale al capitalismo assoluto, gestendo e anestetizzando il dissenso, rivelandosi infine culturalmente subalterna al suo atavico nemico capitalista. Agli orizzonti cosmopoliti, virtuali, globali dei diritti umani della sinistra, si contrappongono quelli pseudo identitari ed etnici di una estrema destra sempre più settaria e chiusa nella difesa ideologica di un tradizionalismo ormai storicamente esaurito. Entrambe le posizioni si rivelano perdenti, perché estranee ad orizzonti futuri assai complessi e di dimensione mondiale. Per contrastare il capitalismo globalizzatore, occorrono forme di coesione comunitarie sempre più vaste e di carattere continentale, non individualismi globali e astratti, o localismi specifici e grettamente concreti.

AMERICANISMO
E PRECARIETÀ IMMANENTE
L’americanismo di questa destra berlusconiana, come quello della sua omologa sinistra veltroniana, si rivela evidente nell’accettazione senza riserve della precarietà, quale condizione permanente nel campo economico, psicologico, morale, esistenziale. Il vangelo da tutti professato è quello dell’adeguamento incondizionato alle trasformazioni imposte dal mondo globalizzato all’esistente. Il sistema politico e sociale italiano è strutturato quindi su una precarietà immanente, quale modello di vita imprescindibile ed auspicabile. La politica subisce i fenomeni indotti dall’economia, ma non sa e non vuole incidere sulla realtà per trasformarli e/o dominarli. Questo sistema non è il “nuovo”, si evolve a senso unico liberista, ed è eternamente stabile è il suo relativismo etico, stabile ed immobile la sua precarietà immanente.
Si può constatare come la virtualità mediatica del marketing elettorale abbia avuto la capacità di esorcizzare dalla psicologia delle masse i problemi di una crisi economica e sociale di portata mondiale e per ora senza sbocchi. le masse sembra abbiano emotivamente rimosso i problemi e le angosce quotidiane in funzione dell’entusiasmo per il trionfo di Berlusconi – Alemanno e/o della depressione esistenziale per la disfatta del tandem Veltroni – Rutelli. Presto avverrà l’amaro risveglio dinanzi alla realtà immutata dell’impoverimento delle famiglie che non arrivano a fine mese, del quasi – fallimento di Alitalia, della disoccupazione, del rincaro dei prezzi, dell’assenza di crescita, dell’indebitamento generalizzato, delle insolvenze sui mutui. I temi di una politica sociale ormai assente, non sono esorcizzabili dal marketing virtuale elettorale dell’americanismo di provincia di stampo berlusconiano o veltroniano.

VERSO NUOVI ORIZZONTI
Non rimpiangeremo di certo gli ex opposti estremismi, ridotti a forme caricaturali dei valori politici e culturali del novecento. Tuttavia, lo spazio politico lasciato vuoto da essi, potrà utilmente e nel tempo essere riempito dalla nascita di nuove formazioni politiche, ormai estranee alle barriere ideologiche degli estremismi defunti, perché possa affermarsi una nuova e diversa politica, improntata al recupero dei valori etici e sociali di una comunità italiana da decenni plagiata e violentata dalla virtualità della politica dell’immagine made in USA.