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Niente acqua per i boscimani

di redazionale - 17/05/2008




Sono tornati nella loro terra grazie ad una sentenza storica, ma il governo botswano continua a mettere i bastoni tra le ruote ai boscimani: non permette loro di prelevare acqua. Un privilegio concesso solo a agenzia turistiche e a miniere di diamanti.


È  passato quasi un anno e mezzo dalla storica sentenza in Botswana, nel dicembre 2006, che riconosce ai boscimani il diritto di tornare a vivere nella loro terra, dopo il trasferimento forzato dal Central Kalahari Game Riserve (Ckgr), ad opera del governo botswano tra il 1997 e il 2002. Uno sfratto che la Corte ha definito illegale.
Nonostante la sentenza ancora oggi i boscimani non riescono a vivere in pace nella loro terra: all’interno del Kalahari il governo. Non assicura l’assistenza sanitaria e la fornitura di energia elettrica. Soprattutto, impedisce loro di cacciare e di usare l’acqua.  I boscimani chiedono almeno la riapertura del pozzo di Mothomelo, attivo fino al 2002, quando le autorità lo chiusero, costringendo di fatto la popolazione a trasferirsi nei campi di reinsediamento. Era la principale fonte d’acqua del popolo boscimane.
Da quando il governo ha smantellato e cementato il loro pozzo, durante gli sfratti del 2002, i Boscimani non hanno mai cessato di chiedere alle autorità il permesso di riaprire quella che costituisce, per loro, una risorsa d’acqua vitale durante la stagione secca. I Boscimani si sono offerti di cercare di finanziare da soli l’estrazione dell’acqua ma le autorità restano irremovibili adducendo il pretesto che il pozzo è di “proprietà governativa”.

Il presidente Festus Gontebanye Mogae continua a motivare questa rigida presa di posizione come una tutela dell’ambiente, in realtà nel sottosuolo del Kalahari ci sono ricchi giacimenti diamantiferi.
Recentemente, all’interno della riserva, vicino a Gope, sono stati scavati dei  nuovi pozzi esplorativi alla ricerca di fonti d’acque. I pozzi non sono però destinati ai boscimani, ma alla Gem Diamonds, per l’apertura di una miniera di diamanti, che, in base alle previsioni, dovrebbe fruttare oltre 2 miliardi di dollari statunitensi. L’ipocrisia del governo botswano è scandalosa: lo stile di vita boscimane, in perfetta armonia con la natura, viene bollato come pericoloso, mentre dall’altro lato si permette la perforazione del suolo della riserva naturale alla ricerca di diamanti. Le operazioni di scavo e di perforazione necessitano di enormi quantità d’acqua.

Lo scandalo non si ferma a questo: il governo ha indetto una gara d’appalto per la costruzione di villaggi turistici  in tre diverse località della riserva. Una delle tre aree è molto vicina ad una comunità boscimane, quella di Molapo. Alcune compagnie turistiche specializzate in Safari, come la Afro Ventures Botswana o la Safari Adventure Company  sono state invitate a fare un’offerta per accaparrarsi le concessioni.