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Ex soldato israeliano svela gli abusi sui Palestinesi

di Ilene R. Prusher - 17/05/2008

     

 Doron Efrati è stato assegnato alla brigata Kfir, parte di un battaglione di fanteria creato appositamente per operare in Cisogiordania dopo lo scoppio della seconda intifada.

Poiché avrebbe dovuto prestare servizio militare in ogni caso, ha pensato di offrirsi per andare nei territori occupati da Israele, "per vedere cosa accade veramente e forse cambiare le cose", dice. "Ma non ci sono riuscito".

Oggi è uno dei 39 soldati da poco congedati le cui testimonianze fanno parte di una nuova triste relazione sulla condizione di Hebron (Cisgiordania) dove le Forze di Difesa Israeliane (IDF) sorvegliano una volatile popolazione di circa 7-800 coloni ebrei che...

vivono in mezzo a quasi 170000 Palestinesi. La relazione, di 118 pagine, che parla di sistematici maltrattamenti dei Palestinesi da parte sia dei soldati che dei coloni, è stata pubblicata durante le vacanze per la Pasqua ebraica.

[...]

La relazione, preparata dal gruppo non-governativo "Breaking the Silence" [Rompere il silenzio, N.d.T.] intende mettere in discussione quello che il gruppo considera una semplice assunto di Israele, secondo cui il contrasto Israele-Palestinesi in Cisogiordania si è calmato da quando l'intifada Al-Aqsa si è esaurita nel 2004.

"Molte persone vengono a dirci 'Oh, è tutto passato'" – spiega Yehuda Shaul, direttore esecutivo del gruppo, che ha portato 3000 persone a Hebron per aprir loro gli occhi. Al contrario, aggiunge, vede gli abusi divenire legalizzati in maniera sempre crescente. "Il principio di Break the Silence è comprendere l'elevato costo morale di un'occupazione militare."

Interrogato sulla relazione, il portavoce dell'IDF ha detto in un comunicato scritto che "tutti i soldati dell'IDF di tutti i gradi hanno ordine di seguire un rigido protocollo di guida morale che regola i codici di condotta in combattimento. I soldati dell'IDF operano secondo questo protocollo, che indica il modo in cui devono e hanno ordine di comportarsi in ogni momento."

Ma, nella relazione, 39 soldati da poco congedati che hanno prestato servizio nell'area di Hebron tra il 2005 e il 2007 descrivono una costante e ripetuta violazione di questi protocolli. Efrati è uno dei cinque che ha reso pubblica la propria identità; la maggior parte è rimasta anonima. L'IDF non investiga "denunce anonime", ha detto il portavoce, che ha chiesto di non riferire il suo nome per rispettare la politica dell'esercito israeliano.

Una delle peggiori esperienze di Efrati è iniziata quando alcuni ragazzini palestinesi hanno lanciato pietre e bottiglie Molotov contro la sua unità quando era di pattuglia nella parte sud di Hebron. Circa 40 minuti dopo, afferma, altri soldati della sua unità hanno identificato e ucciso uno dei giovani che tiravano bottiglie incendiarie. Aveva 11 anni.

"Nei media israeliani venne data la notizia che era stato ucciso un terrorista con una bottiglia Molotov" ricorda, sedendo in un bar di Tel Aviv. "Non mi sentivo a mio agio, ma alla maggior parte dei miei amici non importava, e avevamo così tanto da fare. Queste cose accadevano di continuo", afferma.

Il portavoce dell’IDF ha detto che in caso di incidente "gli ufficiali di ogni unità in contatto diretto con la popolazione civile della Cisgiordania prendono le misure necessarie ad assicuare che incidenti simili, che siano un fatto comune o altamente inusuali, non si ripetano".

Ma Efrati descrive numerose azioni di cui è stato continuamente testimone. Una di queste azioni consiste nel chiudere a chiave una famiglia intera in una stanza e poi usare il resto della casa – compreso il tetto – come una base. Ha detto che in una di queste azioni, nel villaggio di Tarkumiyeh vicino Hebron, i soldati sono rimasti nella casa per tutta la notte. Altre jeep [israeliane] con le sirene accese sono arrivate al mattino, con l’intento di provocare la folla. Quando sono cominciate a volare le pietre, i soldati potevano sparare dal tetto.

Michael Manekin, uno dei leader di Breaking the Silence, che ha raccolto le testimonianze di oltre 500 soldati, dice che questa è una "procedura standard". Efrati afferma che l’unica spiegazione data loro per questa operazione è che c’erano "un sacco di terroristi nel villaggio." Ha detto che in una occasione, quando è stato testimone di una chiara violazione delle regole (un commilitone che picchiava qualcuno che era già stato ammanettato ed era calmo) ha protestato con il suo comandante. La risposta? "I panni sporchi si lavano in casa."

Efrati descrive anche le missioni notturne cui veniva regolarmente destinato, che consistevano nell’irrompere nelle case alle prime luci dell’alba, mettere a soqquadro la casa e cercare armi. Spesso queste missioni avevano lo scopo di fare una "mappatura" – tenere traccia di chi vive dove – ma lui e molti altri che hanno testimoniato per la relazione affermano che questa tecnica non serve a colpire specifiche attività militari, ma per instillare la paura. "Si fa così perché vogliamo che i Palestinesi abbiano la sensazione che noi possiamo essere ovunque in qualunque momento. La prima volta che entri nella casa di qualche famiglia, ti chiedi perché lo stai facendo. Ma dopo due o tre volte ti abitui."

Le storie di Efrati non sono affatto le peggiori della relazione. Le testimonianze includono dettagli di pestaggi di Palestinesi, di arresti per controlli senza ragione, di obbligo a mantenere posizioni scomode. Secondo una difficile testimonianza, un soldato – infastidito da un contadino palestinese che frustava il suo mulo – decide di cavalcare l’uomo e di fargli provare un assaggio della stessa frusta.

I soldati descrivono un flusso costante di violenza e vandalismo da parte dei coloni contro i Palestinesi, in parte catturato dall’esteso sistema di videocamere attraverso cui l’IDF monitora cosa accade nella città. Ma se la relazione è corretta, le riprese raramente vengono date alla polizia per accusare i coloni.

Alcune delle prove più schiaccianti sono state date a condizione dell’anonimato – alcuni soldati temono azioni legali, e altri temono le pressioni sociali per rimanere in silenzio. Dice Shaul: "Spero che facendo questo, le persone riusciranno a rompere prima il loro silenzio".

 

Christian Science Monitor, traduzione di Giorgio Mattiuzzo da Cronache da Mileto