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Vicino Oriente: palloncini neri per celebrare sessant'anni di lutto

di Antonella Vicini - 17/05/2008

 

Vicino Oriente: palloncini neri per celebrare sessant'anni di lutto


Si chiama Tribunale dei Popoli la faccia scomoda del vertice di Lima, quello ufficiale tra Paesi del Centro e Sud America, dei Caraibi e l’Unione europea che oggi ospiterà una sessantina tra capi di Stato e di governo ed il cui sguardo non riesce ad andare al di là della prospettiva neoliberista.
Un Tribunale insediato dal Vertice dei Popoli, quel summit non ufficiale che nella capitale peruviana sta facendo da contrappeso al vertice ALC-UE, catalizzando le esperienze e le strategie dei movimenti indigeni, delle associazioni non governative, dei sindacati non istituzionalizzati. E che sta, soprattutto, dimostrando all’opinione pubblica internazionale che le alternative al mondialismo ci sono e possono essere applicate.
Mentre una Lima blindata accoglie le delegazioni istituzionali europee e latinoamericane, dodici giudici nominati dal Vertice dei Popoli sviscerano senza sosta l’operato di 26 aziende transnazionali europee che operano in America Latina su cui grava l’accusa di lesa umanità.
Imprese, come ha sottolineato il presidente del Consiglio Latinoamerica-no delle Scienze Sociali, Atilio Borón, che “non piombano più come una volta più nelle comunità indigene distruggendo chiunque vi si opponeva: oggi hanno adottato metodi più sottili”. Il caso amazzonico è emblematico, con un’intensificazione delle attività estrattive che va di pari passo con la privatizzazione di ettari ed ettari di foresta. ‘Enlazandos Alternativas’ è la rete internazionale che ha promosso il Vertice dei Popoli e che denuncia con i fatti un legame intercontinentale basato su un modello economico che è la principale causa delle profonde disuguaglianze che emergono con particolare ferocia in America Latina. I negoziati ufficiali in corso a Lima tra Ventisette, Comunità andina, Mercosur, Comunità centroamericana e caraibica, sono incentrati sul raggiungimento di accordi commerciali e lo sviluppo di normative comuni intese a proteggere gli investimenti delle società multinazionali europee nell’emisfero sud occidentale. I cosiddetti “accordi di associazione” che si cerca di raggiungere nel vertice ALC-UE, sostengono da ‘Enlazandos Alternativas’, serviranno esclusivamente a rafforzare le attività speculative europee ed a perpetuare il modello economico neoliberista.
Una denuncia che non sembra trapassare i cordoni di polizia che proteggono il regolare svolgimento del summit ALC-UE, ma che resta nelle piazze e che, tutt’al più, trova uno scontato appoggio da parte di quei Paesi latinoamericani che hanno già fatto una scelta alternativa all’imposizione mondialista. Ciò che emerge fortemente dall’appuntamento di Lima è la sordità con cui le alte sfere europee affrontano la sfida per rendere il dialogo tra i due blocchi continentali una vera e propria complicità. Al punto che il presidente della Commissione europea, José Manuel Durao Barroso, dopo aver snocciolato priorità dal sapore demagogico (“la coesione sociale nella politica di aiuto e cooperazione e l’associazione progressiva delle organizzazioni internazionali e della società civile”) si è scagliato contro chi questi obbiettivi se li è quantomeno posti da un punto di vista “altro” da quello neoliberista. Non ha sorpreso così che il dirigente di Bruxelles abbia espresso “preoccupazione per un neo-nazionalismo populista che è molto negativo per lo sviluppo politico e culturale”, tirando così una lunga linea rossa sulle politiche bolivariane espresse da molti degli interlocutori che oggi si siederanno al tavolo con lui. Cecità o strumentalizzazione? Il presidente venezuelano Hugo Chávez, evidentemente il primo destinatario delle accuse di Barroso, ha risposto con lucidità esortando i Ventisette a “non temere la sinistra latinoamericana” e chiedendo alla Ue “collaborazione e sostegno reciproci”.
Senza mai dimenticare, ha sottolineato il primo mandatario di Caracas, che nella regione sudamericana è in atto un evidente cambiamento storico di cui prima o poi anche le istituzioni europee dovranno rendersi conto.