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Il ritorno della Quarta Flotta: un messaggio di guerra

di Raúl Zibechi* - 19/05/2008




Il prossimo 1° luglio, l’esercito USA riattiverà la Quarta Flotta con l’intenzione di « combattere il terrorismo », le « attività illegali » e di inviare un « messaggio » al Venezuela ed al resto della regione. Si tratta, qui, della prima reazione con un proiezione di lungo respiro da parte di Washington, dopo l’attacco all’accampamento delle FARC (in Ecuador) del marzo scorso, che ha fatto tremare lo scacchiere regionale e ha messo in evidenza la debolezza della superpotenza e l’isolamento dei suoi alleati nella regione.



Il comunicato del Pentagono, emesso il 26 aprile, conferma che la riattivazione della Quarta Flotta – creata nel 1943 per far fronte alla minaccia dei sottomarini nazisti nei Carabi e nell’America del Sud e sciolta nel 1950 – servirà a « dimostrare l’impegno degli USA presso i loro partner regionali ». La flotta sarà comandata dal contrammiraglio Joseph D. Kernan, attuale capo del Comando della Guerra speciale navale ed avrà la sua base a Mayport, in Florida ; essa dipenderà dal Comando Sud che ha base a Miami.

Undici navi, tra cui una portaerei e un sommergibile nucleare, costituiranno il nucleo iniziale della flotta.



La decisione del Pentagono interviene in un momento di particolare tensione in America del Sud e di estrema volatilità sui mercati delle materie prime. Non va dimenticato che un terzo delle importazioni di petrolio degli USA proviene dal Venezuela, dal Messico e dall’Ecuador, il che fa della regione uno spazio strategico per mantenere la supremazia economica e militare del principale paese del pianeta.



Secondariamente, l’impero ha subito una serie di sconfitte nella regione. Tra le più significative : il trionfo di Fernando Lugo in Paraguay, l’immediata creazione del Consiglio sudamericano di Difesa su richiesta del Brasile e del Venezuela, il consolidamento del processo condotto da Rafaël Correa in Ecuador che implica delle sconfitte per le multinazionali del petrolio e minerarie ed il consolidamento dell’indipendenza economi8ca di paesi come il Brasile, che mirano a rafforzare un Mercosur ogni volta meno dipendente dalle economie del primo mondo.



In terzo luogo, a tutto ciò vanno aggiunte le forti tendenze all’instabilità nella regione, come dimostrano le recenti rivolte ad Haïti, l’intenso conflitto per l’egemonia in Bolivia e l’offensiva di settori del grande padronato contro Cristina Fernández in Argentina. Davanti a questo panorama, nel quale l’instabilità tende ad essere accentuata dalla feroce speculazione del capitale che provoca spettacolari rialzi dei prezzi degli alimentari, la riattivazione della Quarta Flotta significa che gli USA puntano su un interventismo di tipo aeronavale e non terrestre, come riconosce l’analista conservatore argentino Rosendo Framboisier (« la Quarta Flotta e i sottomarini di Chavez », su Nueva Mayoría del 28 aprile).



In effetti, impantanato come si trova in Iraq e in Afghanistan, il Pentagono non dispone di forze terrestri da « distrarre » in altri teatri operativi. Da qui, la sua scelta di rafforzarsi con mezzi aerei e navali per controllare una regione che si rivela sempre più ostile. Ma lo spiegamento della Quarta Flotta non è solo un avvertimento, è soprattutto una minaccia. Benché Hugo Chavez abbia dichiarato che « il vecchio impero non fa più paura », è senza dubbio generalmente vero sulla scena latino-americana che Washington è ancora concretamente capace di fabbricare delle crisi, come dimostrato in questi giorni in Bolivia. In questo paese andino viene messa in atto una strategia pianificata da lungo tempo, che pretende di imparare dagli « errori » commessi in Venezuela dove il fallimento del colpo di Stato dell’aprile 2002 è stato alla base della radicalizzazione del processo.



In Bolivia, al contrario, viene messa in opera una strategia meno stridente, ma distruttiva quanto il golpismo, basata su una richiesta di autonomia che, in realtà, fa parte del progetto strategico di Evo Morales ma che viene utilizzata con finalità opposte : invece di dare potere ai movimenti sociali ed alla società civile, essa cerca di blindare gli interessi dell’oligarchia della provincia di Santa Cruz e di frenare il processo di cambiamenti avviati dal governo di La Paz. Il risultato, nello scenario meno negativo, è la costruzione di un processo che può instradare il governo di Evo in una crisi di Stato che lo costringerebbe a negoziare al ribasso il programma di cambiamenti o che provocherebbe le sue dimissioni per evitare una guerra o la divisione del paese.



A questo punto, vale la pena di tenere conto delle riflessioni del geografo USA David Harvey, il quale sostiene che il neoliberismo si caratterizza con ciò che egli chiama «accumulazione per esproprio», cioè appropriazione di beni comuni, imprese e perfino Stati. In un recente articolo (« Il neoliberismo come distruzione creativa »), Harvey sostiene che per « restaurare il potere di classe » - minacciato dalle ribellioni a partire dagli anni 60 – vengono fabbricate delle crisi per poter imporre le ricette neoliberiste. Tali crisi possono prendere forme molto diverse : il colpo di Stato, come in Cile nel 1973; l'invasione come in Iraq ; o la minaccia di bancarotta, come accaduto con la città di New York nel 1975 per mettere in scacco i sindacati municipali.



Una cosa certa è che l’accumulazione per esproprio non si può fare senza violenza, materiale, simbolica o ambedue, in un processo totalmente antidemocratico d’imposizione verticale di un modello di società. Non si tratta più solamente di difendere i privilegi di una classe sociale, come accadeva negli anni 60 e 70, per mezzo di colpi di Stato in tutta la regione. Diciamo che quella era una tattica « di difesa » di chi stava in alto per mantenere i privilegi. Ora le cose sono completamente diverse : si cerca di rimodellare la carta della regione e del mondo per le multinazionali e l’impero, spostando intere popolazioni da territori in cui vi sono delle ricchezze naturali o da là dove il capitale cerca delle terre per produrre merci attraverso monoculture. E, a questo fine, si spazzano via con la corruzione o con la forza i governi che danno fastidio. La Quarta Flotta è un pezzo in più di questo ingranaggio.







"Quando dunque capiranno che qui non funzioneranno né le cannoniere né i cannoni ?"







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Articolo originale in spagnolo, Cuba Debate, pubblicato il 9 maggio 2008.



Versione italiana di Belgicus dalla traduzione francese di Fausto Giudice, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. .



* Raul Zibechi è uruguayano. Giornalista, commentatore e scrittore, è responsabile della sezione internazionale del settimanale Brecha, edito a Montevideo. Nel 2003, gli è stato assegnato il Premio di giornalismo latino-americano José Marti.



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© Copyright Raúl Zibechi, Cuba Debate, 15 maggio 2008