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Tibet: vittima dello sviluppo

di Alessandro Michelucci - 19/05/2008

 
 
 
Da 58 anni il Tibet vive sotto l’occupazione cinese, con effetti sociali, culturali ed ecologici
spaventosi. In Italia, sono molte le iniziative di solidarietà alle quali aderire.

I tragici fatti documentati recentemente dalla stampa hanno riportato in primo piano la tragedia del Tibet. L’avvicinarsi delle ventinovesime olimpiadi, che si terranno in varie città cinesi dall’8 al 27 agosto, hanno contribuito a ravvivare l’attenzione per un tema che buona parte dell’opinione pubblica aveva accantonato.

Il Tibet vive da 58 anni sotto l’occupazione cinese. Gli effetti sociali, culturali ed ecologici di questa situazione sono spaventosi. Per capire come si è arrivati alla situazione odierna è necessario ripercorrere, seppure sommariamente, la politica di annientamento che il governo cinese ha perseguito dall’invasione (1950) a oggi. Questa può essere riassunta in tre aspetti:

>> culturale-religioso
>> demografico
>> ambientale

Il problema demografico
Negli ultimi anni, stando alle fonti ufficiali, il governo cinese avrebbe optato per una politica più rispettosa dell’ambiente. La verità è un’altra: Pechino continua a costruire autostrade, dighe, aeroporti, complessi petrolchimici, basi militari e nuove città per ospitare gli immigranti che provengono dal resto della Cina. Tutto questo ha un impatto ambientale tremendo. Lo stesso vale per i faraonici progetti concepiti per lo sfruttamento del sottosuolo, che contiene fra l’altro oro e rame.
Secondo alcuni esperti, gli effetti negativi di queste attività non interesseranno soltanto la Cina, ma anche alcuni paesi confinanti. Stiamo parlando del paese più popoloso del Pianeta: 1 miliardo e 300 milioni di abitanti secondo le statistiche ufficiali. Al tempo stesso è il terzo per estensione, dopo la Russia e il Canada (9.572.900 km2, 32 volte l’Italia). Nonostante questo, la rete delle comunicazioni è ancora poco sviluppata: 62.000 km di ferrovie e 1.800.000 km di strade, in entrambi i casi appena il doppio della Francia. Data la scarsa quantità di autovetture (1 ogni 100 abitanti), lo sviluppo della rete ferroviaria assume un rilievo fondamentale. Questo riguarda anche il Tibet, dove è stata costruita la linea Pechino-Lhasa: la ferrovia più alta del mondo, quasi 2000 chilometri
che vengono percorsi in 48 ore.

La versione completa dell'articolo "Tibet: vittima dello sviluppo" di Alessandro Michelucci è disponibile sul numero di maggio di Terra Nuova.