Pierre Drieu La Rochelle: note per un romanzo sulla sessualità
di Stenio Solinas - 19/05/2008
N
otes pour unroman sur la
sexualité
(Galllimard,94 pagine,
11 euro) è l’ultimo
inedito, in
ordine di tempo,
di
Pierre Drieu La Rochelle a fare il suoingresso nelle librerie. Il prossimo anno la
sua produzione di romanziere dovrebbe
essere raccolta nella storica collezione della
Pléiade e sarà anche vero, come sostengono
alcuni intellettuali transalpini, che Drieu è
uno scrittore più amato dalla critica che dal
pubblico, ma resta il fatto che se lo si continua
a leggere è anche perché lo si continua a
ristampare e quindi non siamo di fronte a
una sorta di feticismo da topi di biblioteca...
Naturalmente, si può essere più o meno perplessi
sul senso di un’operazione
culturale quale la pubblicazione
di queste
Notes, dove sunemmeno cento pagine, una
buona metà è presa dall’introduzione
del curatore, Julien
Hervier, e le rimanenti rimandano
a considerazioni, temi,
memorie già evocati nella sua
narrativa come nella sua saggistica
o nei Diari degli anni della
Seconda guerra mondiale... E
tuttavia, che ancora alla fine del
1942 Drieu sentisse il bisogno di
fissare su carta non tanto un
insieme minuzioso di elementi
documentari in vista di un romanzo
naturalista, ma una sorta di
confessione su una giovinezza
ossessionata dal sesso e di una vita
in qualche modo dal sesso segnata,
il tutto senza indulgenze e/o compiacimenti,
getta un ulteriore luce
sul contesto storico in cui egli visse
e agì, e aiuta a comprendere meglio
quei concetti di decadenza europea
e di virilità “fascista” che così tanta
importanza hanno nella sua opera.
Inoltre, uscendo più o meno in contemporanea,
con il
pamphlet su LéonDegrelle,
Le sec et l’humide, di JonathanLittell, di cui abbiamo scritto la
scorsa settimana, una sorta di comparazione
fra i due è non solo lecita, ma,
come dire, si impone naturalmente, visto che
se c’è un autore per il quale “il sesso è politica”
questi è Drieu ed è perciò interessante
cogliere in questo raffronto assonanze e dissonanze
in materia.
Prima di entrare di più nel dettaglio, bisognerà
comunque ricordare che Drieu, secondo
una bella definizione di Victoria Ocampo,
“soffriva moralmente di insonnia”, ovvero,
secondo un’altra bella immagine, questa volta
di André Malraux, “aveva una memoria
selettiva al negativo”. Pochi scrittori sono
stati come lui così impietosi verso sé stessi,
così esigenti quanto a codice morale personale,
così refrattari a ogni sorta di ipocrisia
tesa alla propria salvaguardia. Drieu, in fondo,
non si è mai amato, né come uomo, né
come intellettuale, né come romanziere e le
sue confessioni finiscono sempre con l’assomigliare
all’elenco di un lungo, interminabile
fallimento... Ora, basta vedere, come suggeriva
appunto Malraux proprio a Julien
Hervier, l’altra faccia della medaglia, per
accorgersi che Drieu fu circondato in vita da
stima, ammirazione e simpatia, ci fu una
gara per salvarlo dall’epurazione, le donne
da lui amate gli dedicarono un fedele culto
della memoria, ebbe alcune delle più belle
donne di Francia, eccetera, eccetera.
Nota giustamente il curatore che un lettore
contemporaneo, nato e cresciuto cioè in un
Occidente dove la sessualità è un genere di
consumo, fatica a comprendere che cosa,
appena un secolo fa, essa fosse per un adolescente,
lo stato di “vera e propria frustrazione
nel quale un ragazzo, nell’epoca del trionfo
dei valori borghesi, viveva, a meno di non
ricorrere al servizio di prostitute. Incessantemente
sorvegliati dagli adulti, educati in istituti
che rispettavano strettamente la separazione
fra i sessi, privi delle libertà date da
vacanze indipendenti, questi giovani avevano
grandi difficoltà anche a incontrare compagni
della stessa età e dello stesso ambiente,
soprattutto se, come Drieu, vissero a lungo
una condizione di figli unici, con dei genitori
che, per problemi economici o di scarsa
socialità, non ricevevano
nessuno”. D’altra parte,
anche se tutto ciò fosse stato possibile, a rendere
comunque difficoltoso il tutto provvedevano
altre interdizioni di ordine sociale e
religioso: le ragazze erano chiamate a difendere
la loro verginità sia nell’ottica cattolica
della sacralità dell’unione, sia in quella laicoutilitaristica
di un “capitale” da non intaccare
fino alla conquista di un buon partito, e per
quelle che, per temperamento, curiosità, anticonformismo
e passione, sarebbero state
pronte a infrangere ogni divieto e ogni tabu,
restava il terrore della gravidanza extramatrimoniale
che una pratica contraccettiva
ancora rudimentale trasformava spesso in
aborti degni di un macellaio più che di un
medico.
Tutto ciò ebbe sulla psicologia maschile un
impatto foriero di una drammatica dicotomia:
da un lato la realtà delle esigenze sessuali,
dall’altro un senso dell’onore che investe
proprio chi, se non ne fosse portatore suo
malgrado, “disonorerebbe” volentieri le giovani
amiche che la vita gli pone accanto. La
dissociazione, insomma, fra sesso e sentimento,
favorisce l’idealizzazione da un lato,
ma porta a vedere nell’atto sessuale più una
degradazione che un piacere o una conquista.
Anche Drieu, dunque, si costruisce mentalmente
un doppio femminile che vede, da un
lato, l’Infermiera bianca, verginale, procreatrice,
materna e dall’altro l’Infermiera rossa,
prostituta, infida, calcolatrice, lo stesso procedimento
che Littell, sulla scorta del lavoro
psicanalitico di Klaus Theweleit, vede come
elemento fondante di una psicologia e/o psicopatologia
fascista. Ma mentre in quest’ultima
lettura è assente ogni componente freudiana,
sulla base dell’assenza di un Io formato
e cosciente, nell’esperienza di Drieu il
complesso edipico è presente con piena consapevolezza
da parte di chi ne è affetto e
quindi tutta la lettura dei successivo comportamento
è profondamente diversa. Drieu è
uno che, bambino, ha nutrito un amore incestuoso
verso la propria madre e un odio verso
il proprio padre, quest’ultimo visto da un
lato come un rivale e dall’altro come un
incapace che li ha condotti al fallimento economico,
ma questo lungi dal farlo pendere
verso la figura materna gli ha fatto aprire gli
occhi su quella che giudica “la ripugnante e
vischiosa sentimentalità femminile”, quella
stessa che permette alla donna di mancare di
dignità, di restare allacciata e piangente a
uomini che non la amano e la umiliano, vittima
e carnefice di sé stessa. Così, alla fine,
Drieu ripeterà con le donne il comportamento
del padre, ma mentre c’è in questi l’assenza
di qualsiasi rimorso in materia, in Drieu
resta la consapevolezza di un comportamento
sbagliato e che non causa altro che reciproco
dolore.
L’elemento freudiano così disinvoltamente
saltato da Littell e Thewelit non è in Drieu
accidentale e/o innocente. Freud arriva in
Francia grazie anche all’attenzione dei surrealisti
e Drieu è per un certo tempo un loro
compagno di strada. Rispetto all’inconscio e
ai complessi che esso si porta dietro, Drie è
tuttavia più avanti, più che un soggetto psicanalitico
è lo psicanalista di sé stesso.
“Freud.Certo, ho amato mia madre. Ma lo sapevo.
Sono stato cosciente del mio amore per mia
madre. Si desidera il corpo della propria
madre, poi si ha orrore di questo desiderio e
non solo perché la coscienza sociale si risveglia,
ma anche perché la madre invecchia.
Verso i dodici anni, quando la pubertà si era
del tutto risvegliata, desideravo coscientemente
mia madre, sapendo cioè che era un
crimine e amando il mio crimine, sedotto da
quel gusto unico, e contemporaneamente
sentivo nascere in me rabbia e disprezzo perché
lei invecchiava e imbruttiva”.
Del “male di vivere” del suo tempo, Drieu è
dunque testimone e paziente esemplare. C’é
questo mondo dominato dall’immagine equivoca
del bordello da un lato, della vergine
sacrificale dall’altro, c’è un vecchio modello
di società borghese che va in pezzi con la
Grande guerra e, a conflitto finito, rimanda a
casa dei reduci che si portano nella mente gli
orrori del carnaio bellico e il disprezzo per le
convenzioni. C’è fortissimo il tema della
decadenza di una nazione, di un popolo, di
una civiltà, che si mischia con quello della
sterilità individuale, della paura nei confronti
del futuro. C’è, insomma, fra pubblico e privato,
fra annotazioni ed elucubrazioni, fra
interessi intellettuali e passioni, tutto l’armamentario
ideologico, sentimentale e politico,
che via via Drieu dipanerà nei suoi libri, nelle
sue azioni, nella sua vita. La psicanalisi, si
sa, non è una scienza, ma aiuta a capire e a
formarsi un’idea. L’estrema sensibilità, l’eterno
senso di colpa, l’incapacità sempre e
comunque a giustificarsi e ad assolversi, il
disprezzo verso sé stesso, il complesso rapporto
di amore e odio verso l’altro sesso raccontano
Drieu quanto, se non meglio, una
classica biografia di soli fatti e gesta.