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Schiavi del supermercato (recensione)

di Carlo Corsale - 20/05/2008

Titolo: Schiavi del supermercato
Autori: Monica Di Bari, Saverio Pipitone
Editore: Arianna Editrice/Il Consapevole, Casalecchio (BO) 2007
Pagine: 95

Il non luogo è un concetto tutto nuovo, si muove nella dinamica centrifuga delle non identità, della astoricità, vive laddove vita sociale e cultura non trovano spazio. Spazio appunto, variabile sconosciuta al non luogo che non conosce realtà tangibili, ma solo alienazione, inconsapevole e irrinunciabile desiderio di esserci, di contare qualcosa.
Vite che corrono sul filo dell’anonimato e che giocano le loro ultime carte nel momento in cui muovono i primi passi nel non luogo. Ma si può contare in termini qualitativi su una realtà apparente, su uno spazio che non esiste?
L’antropologo Marc Augè che ha coniato brillantemente la definizione di non luogo associandola ai grandi centri commerciali sostiene di no.
Monica di Bari e Saverio Pipitone si muovono sullo stessa onda lunga e “Schiavi del Supermercato” è certamente un valido strumento per la comprensione delle logiche che stanno alla base del sistema della grande distribuzione in Italia; spiegano i due autori, attraverso chiari e validi esempi, i come e i perché della vicenda che accomuna COOP, Auchan, IKEA e compagnia bella.
Ci dice il consumatore comune: “Ma io al Carrefour spendo meno, perché mi dovrei sbattere in città o al mercato, quando in un solo posto posso fare tutto?”
Cerchiamo di rispondergli.
La crescente invasione di Supermarket e grandi centri commerciali inizia in Italia verso la metà degli anni 90, ma conosce oggi più che mai il suo più luminoso successo. Eppure queste isole felici del risparmio sembrano non aiutare la gente comune perché stando ad un’indagine ISTAT sugli ultimi tre anni, il 47,5% della popolazione italiana si sente più povera e il 12% vive sotto la soglia di povertà.
Sempre più spesso (e il libro in questione contiene più di un esempio) si assiste a manifestazioni di consumatori che protestano davanti al caro prezzi dei Market e a famiglie intere che non riescono ad arrivare alla ormai celeberrima 4° settimana.
Ma come? Non si risparmiava?
Si certo, a volte si risparmia, ma si ottiene una parvenza di sconto solo quando i distributori lo decidono e in quale misura lo facciano non è dato saperlo; sappiamo soltanto che siamo noi cittadini ad applicarci buona parte di quegli sconti attraverso le nostre tasse. Le nostre tasse? Si certo signora, le nostre tasse sono da sempre utilizzate per coprire i costi delle infrastrutture, delle strade, degli aeroporti, tutti servizi che gli stessi grandi centri utilizzano per la distribuzione. Talvolta – e siamo al ridicolo – in prossimità di un importante Città Mercato vengono implementati svincoli particolari con lo scopo di regolare il traffico in entrata e in uscita. Con le nostre tasse!
Crediamo parecchio al fatto che molti dei costi di trasporto, organizzazione e distribuzione siano resi meno spigolosi alle varie Auchan di turno.
Il lavoro degli autori si produce in una strenua difesa della produzione locale, dell’autoconsumo, dell’accorciamento della filiera con esempi cangianti che disegnano al lettore scenari differenti dalle coloriture accese di IKEA e dei suoi salotti usa e getta. Non spetta a noi indicarli perché questo è il compito precipuo del libro, ma sarà sufficiente fornire al lettore più sordo un piccolo episodio che più di altri smaschera le falle che questo modello di società si impegna (peraltro con sempre più difficoltà) a nascondere.
Il caro vecchietto che quotidianamente saluta dallo schermo televisivo con il suo bonario sorriso i milioni di potenziali consumatori e che all’anagrafe risponde al nome di Francesco Amadori, mette in commercio (e dove? Al mercato sotto casa? No. Alla COOP, sveglia!) polli spacciati come ruspanti (con un contorno di vita agreste da avanspettacolo) e che in realtà son poco più che pulcini, i quali ai 21 giorni di vita (ventuno giorni, sveglia casalinga!) vengono messi in commercio dopo un’esistenza condotta in batteria e un’alimentazione che mischia mangimi contenenti Ogm e anabolizzanti. Mentre un qualunque agricoltore che abbia la pazienza di allevare qualche pollo secondo regimi normali dovrebbe aspettare tre volte di più rispetto ad Amadori.
Volete continuare ad andare alle Città Mercato di turno? Farci la spesa, comprare qualche scatola di Aulin, poi acquistare un televisore, un paio di scarpe e – a fine serata – andare al cinema per uno spettacolo?
Va bene, fatelo. Siete liberi. Liberi schiavi.