Olismo: la teoria dell'ordine implicato di David Bhom
di Emanuele De Benedetti - 23/01/2006
Fonte: globalvillage-it.com
Presentiamo qui la traduzione di un'intervista con David Bohm pubblicata sulla rivista americana New Age Journal, nel numero di settembre - ottobre 1989. L'intervista è stata fatta da John Briggs, autore di 'Fire in the Crucible' (St.Martin's Press), una rivista di scienza popolare sullo stato attuale delle ricerche sulla creatività e il genio. E' anche coautore del libro 'Looking Glass Universe' (Simon & Schuster), che tratta estesamente delle teorie di Bohm, e anche di un libro, uscito di recente, che tratta della teoria del caos e dell'olismo, 'Turbulent Mirror' (Harper & Row).
Olismo: il fluire del Tutto
Il termine olistico viene usato in questi giorni per descrivere di tutto, dalla medicina alternativa ai nuovi modi di trattare gli affari, dai metodi progressisti di insegnamento all'agricoltura vecchio stile. Ma che cosa significa veramente "olistico"?
Se mai qualcuno al mondo lo sa questo è David Bohm. In parte filosofo, in parte mistico, in parte attivista sociale, Bohm è principalmente conosciuto a livello mondiale come un fisico teorico, un esploratore scientifico che ha speso cinquant'anni a investigare l’affascinante teoria che tutte le parti dell'universo sono fondamentalmente interconnesse, e formano un tutto initerrotto, un flusso continuo.
Autore di libri quali Causality and Chance in Modern Physics (1957), The Special Theory of Relativity (1961) e la pietra miliare Wholeness and the Implicate Order (1980), Bohm ha creato delle teorie che si estendono alla religione, alla filosofia, alle arti, alle scienze umane oltre che a numerosi campi scientifici. Il lavoro di Bohm l'ha reso un outsider tra i suoi colleghi e lo ha decisamente posto sul fronte avanzato del movimento filosofico - scientifico noto come "la nuova fisica": una ricerca dell'olismo inerente alla natura, che ha trovato dei paralleli tra antiche idee spirituali e le ultime teorie sulle proprietà fondamentali della materia. Recentemente, l'attenzione di Bohm si è focalizzata nell'applicare quello che ha imparato dalla fisica ai problemi della società, ne sono risultati dei mezzi rivoluzionati per risolvere il conflitto sociale attraverso un processo olistico di discussione di gruppo che lo scienziato chiama "dialogo".
Oggi settantunenne e professore emerito di fisica teorica al Birbock College dell'università di Londra, Bohm è un uomo pallido, modesto, che indossa golf tradizionali col collo a" v" e giacche professorali di tweed. Sta seduto per lunghi periodi in apparente passività mentre ascolta le conversazioni che turbinano attorno a lui. Ma quando il soggetto tocca argomenti come la scienza o la trasformazione, il suo aspetto cambia. La sua voce sale di volume, le sue mani si muovono e le sue dita tremano come delle antenne che gli fanno strada attraverso dei raffinati percorsi logici, sconvolgenti nella loro chiarezza In questi momenti il completo assorbimento di Bohm nella sua scienza e nella sua filosofia della totalità diventa carismatico. Bohm è cresciuto nella parte ebraica della città mineraria di Wilkes
Barre, Pennsylvania, dove suo padre era un commerciante di mobili. Nel 1943 ha ricevuto il Ph.D. in fisica all'università della California, in Berkeley, ed è stato uno degli ultimi a laurearsi con J.Robert Oppenheimer, che poco dopo sarebbe andato a dirigere il progetto della bomba atomica a Los Alamos. Dopo la guerra Bohm ha preso un posto di insegnamento a Princeton e mentre era lì ha scritto un libro di testo di meccanica quantistica che venne lodato dal collega professore Albert Einstein e che venne usato molto diffusamente. In parecchie occasioni Bohm e Einstein hanno discusso i loro problemi rispetto alle interpretazioni comunemente accettate della meccanica quantistica, il sistema teorico usato dai fisici per investigare le proprietà della materia a livello atomico. L'insoddisfazione di Bohm rispetto a certi paradossi della meccanica quantistica lo ha condotto all'idea che il mondo dell'atomo è completamente interconnesso e non deve essere considerato semplicemente come una raccolta di parti indipendenti.
Nei libri di testo scientifici il nome. Bohm è stato dato a due fenomeni: "la diffusione di Bohm", per il lavoro che ha fatto a Berkeley e l"effetto Bohm-Aharanov per la sua ricerca fatta a Bristol, Inghilterra. Queste due idee hanno guadagnato a Bohm l'ammirazione dei suoi colleghi, ma le sue teorie iconoclastiche sull'olismo quantistico non sono state altrettanto ben accolte. In alcuni ambienti è stato beffeggiato come uno scienziato che è andato al di là dei limiti permessi della scienza.
L'incontro tra oriente e occidente
Un giorno del 1959 sua moglie Sarah gli ha portato a casa un libro del filosofo indiano Jiddu Krishnamurti. Bohm ha visto immediatamente l'affinità tra il suo crescente interesse per l'olismo a livello atomico e l'insistenza di Krishnamurti sul fatto che tutte le relazioni del cosmo devono essere viste olisticamente, perché fondamentalmente nel cosmo non esistono divisioni.
Krishnamurti sostiene che ognuna delle nostre coscienze individuali è una manifestazione dell'intera coscienza umana, con tutta la sua storia, le sue percezioni e interazioni con la natura. Quindi l'osservatore è la cosa osservata.
Lo scienziato e il saggio sembravano una coppia improbabile. Krishnamurti era una figura spirituale austera, un ragazzo di Madras cresciuto in Inghilterra dai Teosofi che alla fine ripudiò la teosofia assieme a tutte le religioni organizzate e ai sistemi di credenze che si proponevano di dare una struttura alla verità. Bohm cercò Krishnamurti. Tra i due iniziò una profonda amicizia che è durata fino alla morte di Krishnamurti nel 1986. Molte delle loro discussioni metafisiche sono state pubblicate in libri quali 'Truth and Actuality' (1978) e "The Ending of Time"(1983) pubblicato in Italia dall' Ed. Ubaldini.
A metà degli anni '60, in parte come risultato della sua associazione con Krishnamurti, Bohm ha cominciato a sviluppare la sua teoria dell'ordine implicato della totalità. Bohm qualche volta usa la metafora dell'ologramma per spiegare la sua teoria. Un ologramma è un'immagine fotografica prodotta da una luce laser. L'immagine viene immagazzinata su una lastra fotografica e poi ricreata illuminando con un laser la lastra per creare un'immagine tridimensionale. Curiosamente, se illuminiamo col laser una piccola parte tagliata via dalla lastra fotografica originaria, l'immagine che compare è ancora l'intera immagine anche se con qualche dettaglio in meno. In altre parole, ogni parte ha implicitamente trattenuto l'informazione del tutto. Gli ologrammi, tuttavia, sono delle immagini statiche e non catturano quel movimento dinamico che Bohm vede come basilare per l'ordine implicato complessivo dell'universo, dove ogni 'parte' del flusso porta con sé un'immagine implicita del tutto che è in continuo dispiegamento.
La coscienza implicata del Tutto
Una delle più strabilianti applicazioni dell'ordine implicato è la nuova comprensione della relazione tra mente e materia. Gli scienziati sono arrivati a credere che la coscienza umana sia il risultato di una lunga evoluzione in cui gli atomi semplici si sono raggruppati tra di loro in forme sempre più complesse, dalla singola cellula ai rettili, dalle scimmie all'Homo sapiens coi loro cervelli ricchi di corteccia.
La teoria dell'ordine implicato dice, tuttavia, che la coscienza non è solo una proprietà degli animali superiori. La coscienza è intessuta implicitamente in tutta la materia e la materia è intessuta nella coscienza.
Nell'universo bohmiano materia e significato si influenzano continuamente a vicenda, come a livello individuale lo stato della mente può influenzare il corpo e lo stato del corpo può influenzare lo stato della mente.
Riguardo ai problemi sociali Bohm vede il mondo come un luogo pieno di problemi, lacerato da divisioni e conflitti tra gruppi e individui, tra l'uomo e la natura, e pensa che molti di questi problemi potrebbero essere risolti se ci focalizzassimo sulla totalità invece che dare un valore supremo alle parole. Lo scienziato crede che si potrebbe attuare un drammatico cambiamento della società se anche solo pochi individui fossero capaci di realizzare questo spostamento di ottica, perché, secondo la sua teoria, 1a coscienza è già interconnessa con tutte le altre coscienze.
Negli ultimi anni Bohm si è dedicato alla grande sfida di far accadere questo spostamento verso la totalità. In raduni e piccoli gruppi in Europa e in America ha incoraggiato la gente a impegnarsi nel processo di dialogo che ha inventato, che è il suo modo di mettere in pratica la sua idea di ordine implicato in termini sociali.
Quindi Bohm rimane un outsider. Sarah Bohm dice che gli amici scienziati dei vecchi tempi qualche volta le fanno delle domande taglienti su suo marito. Chiedono che cosa fa e perché, come se sentissero che è un traditore e aggiunge: "Qui c'è un uomo che era brillante e che ha lasciato i colleghi del suo gruppo in un modo tale che essi si sentono criticati. Li fa sentire a disagio".
Ho intervistato Bohm recentemente in un giorno freddo e piovoso, nella cucina di campagna della fattoria Bailey, un ritiro in una zona agricola della contea di Westchester, nello stato di New York. Lui e Sarah si sono fermati lì durante il loro pellegrinaggio annuale a Ojai, California, dove Bohm era stato invitato a parlare alla fondazione Krishnamurti.
John Briggs: Che cosa hai imparato dalla tua ricerca scientifica sulla natura che pensi potrebbe essere importante condividere con quelli che non sono degli scienziati?
David Bohm: ho imparato che dobbiamo capire l'unità del mondo . Il modo attuale di romperlo in frammenti non è adeguato. E' questa la ragione per cui abbiamo bisogno di cominciare un dialogo serio, per evitare una maggior frammentazione e per riparare la frammentazione che è già avvenuta.
J.B.: Che cosa intendi quando dici che stiamo rompendo il mondo in frammenti.7 . D.B.: Guardati in giro. Abbiamo ogni genere di divisione. C'è lo scienziato, il non scienziato, il medico, l'uomo di affari. Nella scienza ci sono campi come la fisica, la biologia, le scienze sociali. Entro a ogni campo ci sono altri campi particolari e si capiscono a fatica l'uno con l'altro. In :medicina gli specialisti di una parte del corpo capiscono a fatica che cosa succede in una parte del corpo che è strettamente legata al primo. Ci sono esempi senza fine.
J.B. Perché questo è un problema? Se hai qualche problema alla vista non vai da un oculista, da qualcuno che sia specializzato in quella parte del corpo?
D.B. Pensiamo che il nostro approccio frammentario alla realtà non sia un problema perché molti di noi hanno l'assunzione metafisica inconscia che la natura sia fatta di parti separate. L'occhio è una parte, l'orecchio un'altra parte e queste parti interagiscono. Io faccio l'ipotesi che la realtà non sia fatta così. Se hai qualche problema agli occhi l'ipotesi corrente è che il problema nasca in quella parte. Ma potrebbe non essere così. Potrebbe avere origine nell'intero corpo, nella mente, nella società. Per esempio il problema potrebbe essere lo stress o l'inquinamento. La società che abbiamo creato causerà un deterioramento in ogni genere di parte. Puoi riparare le parti contemporaneamente, ma è come spingere l'inquinamento a monte mentre cerchi di rimuoverne dei pezzi a valle. L'inquinamento stesso è un tipico approccio frammentario. Forse è l'esempio che colpisce di più. Ognuno fa le sue cose, guadagna la sua parte di denaro e produce il suo prodotto, e quindi aggiunge la sua parte di inquinamento. E poiché il mondo è finito, tutti questi piccoli pezzi si influenzano l'uno con l'altro, così il suolo e l'aria sono avvelenati, i pesci muoiono e il clima cambia.
J.B. Questo avviene perché la nostra tecnologia è basata sull'assunzione che puoi estrarre le cose di valore dalla terra, il suo uranio, oro, olio, pesce, ma quando estrai quello che consideri di valore ci sono dei prodotti collaterali che non vuoi?
D.B. Allora possiamo liberarci dei prodotti secondari. E' spazzatura e nessuno sa cosa farsene. L'idea di scavare miniere e di saccheggiare il mondo per ricavarne dei prodotti e, come conseguenza, di generare dei prodotti secondari non desiderati, deriva da un punto di vista atomistico: la gente e i gruppi si pensano come atomi separati. Un gruppo ha voluto produrre bombolette spray e non ha pensato ai risultati. Tutto quello di cui si preoccupavano era di fare delle bombolette e dei frigoriferi, questa era la loro piccola parte.
Ma è saltato fuori che il gas fuoriesce e attacca l'ozono. Un altro gruppo brucia carbone per produrre energia: questa è la loro piccola parte. La gente dell'Amazzonia dice che brucia la foresta solo per ottenere un po' di terra da coltivare. I russi facevano dell'energia nucleare per risolvere i loro problemi, ma Chernobyl è scoppiata e ne è risultato un danno per tutto il nord Europa. Nessuna di queste attività prende in considerazione il fatto che tutto è interconnesso dinamicamente. Le nazioni fanno finta di essere sovrane ma quando il clima cambierà, ci sarà la carestia dappertutto. La gente qualche volta parla del Tutto o tenta di creare delle organizzazioni come le Nazioni Unite, ma è solo un finto atto servile nei riguardi del Tutto: in realtà alle Nazioni Unite non è permesso di fare nulla di serio.
Quello che realmente ci importa sono le nostre divisioni. Ci siamo attaccati. Queste divisioni avrebbero senso se effettivamente il mondo fosse fatto di parti e se le parti fossero indipendenti, ma non lo sono, e così il nostro modo di procedere è una forma di auto inganno.
J.B.: Da dove viene questa ideologia delle parti?
D.B. Nel secolo diciassettesimo l'idea che l'universo fosse come un orologio fatto da Dio. Ogni parte è indipendente e interagisce spingendo e tirando rotelle e ingranaggi. Una macchina può essere smontata e rimodellata scambiando le parti. Poi la gente ebbe delle idee più raffinate sulla macchina. Diceva che era fatta di atomi che si tiravano e si spingevano gli uni con gli altri. Adesso pensano che sia come un superconduttore. Qualunque sia l'ultimo modello di macchina, la gente pensa che sia il modello della natura.
il modello meccanico fa della natura un mezzo per un fine. Questo implica che la natura è lì perché noi possiamo tirare fuori quello che vogliamo. Io sostengo che questo modello non è adeguato. Non sono contrario a trattare le cose come delle parti, ma dobbiamo capire cosa significa la parola parte. Una parte non ha significato se non in termini di un tutto. L'idea di trattare una cosa come soltanto una parte, può funzionare un po' ma non per tempi lunghi.
J.B. Ovviamente la tua idea che non funziona ti deriva dai molti anni in cui hai studiato la meccanica quantistica, c'è qualcosa nella meccanica quantistica che suggerisca che nella natura ci sia fondamentalmente una olisticità?
D.B. Fino alla fine dei diciannovesimo secolo l'idea di poter ridurre tutto a una macchina di qualche genere è prevalsa nella scienza. Poi, nella prima parte di questo secolo, è stato scoperto che gli elettroni, che si pensava fossero le "parti" più piccole della materia, avevano delle proprietà ondulatorie. La meccanica quantistica ha anche scoperto che le onde di luce possono agire come delle particelle. I fisici hanno trovato che un elettrone agisce come un'onda o come una particella a seconda di come viene fatto l'esperimento, in altre parole dipende dall'ambiente circostante. Questo va contro l'idea meccanica che una parte è indipendente da dove si trova, l'ambiente non la cambia e il guardarla non la cambia. Ma un elettrone è più come una persona che si comporta in modo diverso se sa di essere osservata. Negli esperimenti quantistici troviamo che l'osservatore è l'osservato. Quello che sai dell'atomo come risultato del tuo tentativo di vederlo, non può essere separato dal contesto in cui .esiste l'atomo, il che include anche l'osservazione. Di nuovo, questo assomiglia a quello che succede alla gente che viene disturbata quando si sente osservata. Il modello meccanico che vede il mondo come parti non funziona a livello quantistico. Prendi l'esempio della superconduttività. E' un buon esempio di un fenomeno che è difficile da spiegare col modello meccanico.
J.B. Che cos'è la superconduttività?
D.B. Di solito, quando attraverso un metallo viene inviata della corrente, gli elettroni che costituiscono la corrente incontrano molta resistenza. Mentre attraversano il metallo, gli elettroni colpiscono varie imperfezioni del metallo e deviano e si deviano gli uni con gli altri. In questo modo entrano in un movimento di tipo casuale e perdono il loro momento. Ma nella superconduttività la corrente fluisce indefinitamente. Non ha resistenza.
Questa proprietà della superconduttività si manifesta solo a temperature piuttosto basse, dove vediamo che gli elettroni improvvisamente cominciano a muoversi insieme con un'energia elevata, che rimane ordinata e non diventa casuale. Possono aggirare gli ostacoli come dei ballerini che girano attorno a una parte dello scenario sul palcoscenico. A temperature più alte gli elettroni cominciano a rompersi in piccoli gruppi indipendenti. Infine, quando la temperatura è abbastanza alta, diventano come delle persone che si muovono in giro indipendentemente, urtandosi tra di loro. Qui vediamo che in una situazione gli elettroni si comportano come parti, mentre in un'altra, a bassa temperatura, si comportano come un tutto.
J.B. Come spieghi questa differenza così grande nel modo in cui si comportano gli elettroni?
D.B. La mia idea è che un elettrone è una particella, ma è accompagnato da un nuovo tipo di campo, Potremmo chiamarlo un campo olistico. Un campo è qualcosa che si espande in tutto lo spazio. Un buon esempio è un magnete. Se spargi della limatura di ferro su della carta sopra a un magnete, rivela un campo che diventa sempre più debole man mano che si estende nello spazio. Se carichi elettricamente una palla di metallo, diffonderà un campo attorno a sé. Immagina un'onda d'acqua che si diffonde, con un tappo che galleggia all'interno. Campi del genere sono noti da secoli e la proprietà comune a tutti è che il loro effetto diminuisce con la distanza. Questa proprietà permette alla gente di pensare a cose a distanza come a parti separate, indipendenti, che interagiscono attraverso i propri campi. Tutti accettano questo. Ma quello che, come dico, è nuovo riguardo alla meccanica quantistica, è che implica un nuovo genere di campo olistico.
L'elettrone ha questo campo sottile, che è veramente un campo di informazione attiva, che lo guida. La parola "sottile" significa "elusivo", "intangibile", ma anche "finemente interconnesso". Il campo dell'elettrone è finemente interconnesso all'ambiente circostante. Potremmo dire che questo campo elettronico sottile ha una qualità mentale rudimentale.
Una delle qualità della mente è che è attiva in relazione alla forma. Non prendi dentro la tua mente la sostanza o il materiale dell'universo, solo la sua forma. Quando leggi un giornale non assimili il giornale, assimili la forma delle lettere che hanno un significato, e quell'informazione guida la tua attività.
J.B. L'elettrone, col suo campo guida sottile, è quindi come un corpo umano con la guida dell'intelligenza della sua mente.
D.B. Mentre cammini sei guidato dalla mente. Non sei tirato o spinto dagli alberi circostanti. Il corpo fisico viene guidato assimilando le forme dell'ambiente circostante illuminato dalla luce. Questo è ciò che intendo quando dico che l'elettrone ha, di base, una qualità di tipo mentale. Questo suggerisce che non ci sia una divisione così netta tra materia e mente. C'è mente persino a livello quantistico. Quindi, come l'informazione assimilata dalla mente attraverso i sensi ti guida in una passeggiata, così questo campo mette informazioni nell'energia della particella e ne guida il movimento. Il campo dell'elettrone è influenzato da tutto quello che lo circonda. Se hai parecchie particelle allora hai, secondo il mio modello un campo singolo interconnesso, o un pool di informazioni per tutti. Sono in contatto istantaneo attraverso il campo di informazione. Questo è quello che succede anche agli esseri umani. Se prendi parecchi esseri umani che siano legati strettamente da un rapporto e qualcuno colpisce uno di loro, gli altri entrerebbero immediatamente in agitazione. L'agitazione non deve necessariamente essere trasferita meccanicamente. Gli umani, per mezzo delle loro menti, esistono in un campo di informazione. Vediamo di nuovo la somiglianza del mondo subatomico col nostro mondo.
J.B. E la superconduttività viene spiegata dalla tua idea di un nuovo campo elettronico?
D.B. Nella superconduttività, se hai un grande numero di particelle a bassa temperatura, ogni particella è governata dal pool comune di informazioni. Di nuovo è come dei ballerini che hanno tutti un pool comune di informazioni. Ma, man mano che la temperatura aumenta, questo pool di informazioni si rompe, fino a che c'è, praticamente, solo un pool per particella. Quindi tutte le particelle sembrano indipendenti e sembra che agiscano meccanicamente, rimbalzando lontano l'una dall'altra. L'aspetto olistico subentra solo quando abbassi la temperatura.
J.B. La tua idea di dialogo come è connessa con queste idee scientifiche sulla unità inerente alla natura?
Elevare la coscienza dell'intera società
D.B. La mia ipotesi è che abbiamo bisogno di imparare a dialogare gli uni con gli altri a causa di tutta la frammentazione che c'è nel mondo, di cui abbiamo parlato prima. Mi sembra che l'unico modo in cui possiamo superarla e di fare insieme l'esperienza della nostra interconnessione. Abbiamo bisogno di una specie di illuminazione sociale per aiutarla ad accadere. In passato alcune persone avevano sviluppato dei modi per facilitare l'illuminazione individuale, per facilitare la crescita di un'intelligenza più alta dell'individuo per mezzo della meditazione, dell'intuizione mistica o di tecniche analoghe. Ma non abbiamo ancora sviluppato modi per far crescere un'intelligenza sociale più elevata. La difficoltà principale è che abbiamo organizzato la società per algoritmi cioè per insiemi di regole con cui tentiamo di influenzarci l'un l'altro come parti di una macchina. Il risultato è che non possiamo comunicare tra di noi su cose che sono veramente importanti. Questo è evidente a livello internazionale, dove gli argomenti veramente importanti non possono essere discussi al tavolo della conferenza. Discutiamo dettagli minori su quante bombe o carri armati o navi devono essere eliminati. Ma il soggetto importante sono i principi dichiarati che ci mantengono nemici. Per esempio, i russi professano il collettivismo e gli Stati Uniti l'individualismo. Ma a Ginevra non ne parliamo.
J.B. Non sarebbe comunque inutile? Non si trasformerebbe in nient'altro che una disputa accanita?
D.B. E' vero. Ma se non possiamo parlare delle radici del problema, non lo risolveremo mai discutendo soltanto di bombe e navi. Il punto è che non appena la gente prova a parlare di queste cose la loro temperatura sale. Si eccitano e non sono più in grado di ascoltare. Diventano come dei singoli elettroni che si urtano rimbalzando via.
J.B. Quindi nei negoziati teniamo la temperatura bassa, ma non c'è coinvolta molta energia.
D.B. I negoziatori la tengono bassa perché non vogliono eccitarsi troppo. Evitano tutti i problemi di fondo, come fa spesso la gente quando si incontra in società. Sanno che non sono d'accordo sui punti importanti e quindi parlano educatamente. Questo modo di fare non ha molta energia. E quindi non c'è neppure molta intelligenza.
J.B. Quindi quello che possiamo fare è di tentare di negoziare, per trovare qualche terreno comune per i nostri interessi che sono in conflitto.
D.B. E' la stesa metafisica che dice che il mondo è fatto di parti. Dice che ogni persona è un sé separato dotato di un insieme di interessi personali. Ma bisogna chiedersi perché le persone, in Russia, hanno interessi personali russi, mentre le persone in America, hanno .interessi personali americani. Le stesse persone nate in posti diversi avrebbero avuto degli interessi personali diversi.
Un tale interesse personale non nasce dal sé. E' appreso dall'ambiente circostante, dalla cultura locale.
J.B. Va bene, diciamoci d'accordo che siamo condizionati dal nostro ambiente, religioso, politico o altro. Ma questo non è un dato di fatto?
D.B. Ma se fai questa ipotesi allora il problema del conflitto tra le persone è insolubile. Io dico che prima o poi questa ipotesi atomica si frantumerà. Se potessimo stare del tutto da soli, potremmo continuare a pensarci come atomi separati di individui o nazioni. Ma tutti vivono in situazioni così affollate che a un certo punto l'ipotesi che siamo fondamentalmente separati si rivelerà falsa.
Massa critica e sovrappopolazione
J.B. Quello che stai dicendo è che siamo cosi tanti sul pianeta che abbiamo raggiunto una massa critica?
D.B. Sì, è diventato pericoloso. La gente vive nelle città e dice: "Vivo nel mio piccolo appartamento e sono separato e al sicuro''. Ma quando escono fuori per la strada non sono al sicuro. Perché hai ignorato le altre persone e hai permesso loro di degenerare, non sei al sicuro. Queste altre persone potrebbero attaccarti, e ucciderti. L'assunzione che siamo degli atomi separati non funziona: Cal nostro livello di tecnologia e la nostra capacità di distruggere noi e l'ambiente, continuare con quell'assunzione potrebbe significare l'estinzione. Attualmente, a causa di Gorbaciov, sembra che questi pericoli stiano diminuendo. Ma se fallisce, cosa che è sicuramente possibile, ritorneremo alla situazione vecchia e peggio. La popolazione del pianeta è veramente troppo grande perché la gente possa vivere con lo standard che vorrebbe.
Ma non si può discutere di questo. Per esempio, quando la gente cerca di discutere sul controllo delle nascite e l'aborto, non riesce a farlo. Alcuni dicono che il feto ha assoluto diritto di vivere mentre altri dicono l'opposto. Quando cercano di comunicare tra di loro, non ci riescono. E il fatto che non riescono a comunicare è un problema molto più serio dell'argomento particolare che li divide. Non sembra che quelli che dicono che il feto ha diritto di vivere se. ne curino molto dopo che è nato. Si specializzano sul feto. Nello stesso tempo la mortalità infantile aumenta e non sembra che la gente lo noti. Il problema del feto e della mortalità infantile non sono separati. Ma ogni partito si specializza in una parte dell'argomento e ignora gli altri fattori.
Quindi queste persone, ognuna con la sua diversa specialità, sono incapaci di parlare tra di loro. I tentativi di farlo conducono a uno scontro e a considerare l'altro come malvagio. Come potremo parlare insieme? Il dialogo, nel senso in cui io uso questa parola, ha questo scopo. Non è uno scambio, non è una discussione.
Discussione significa rimandarsi la palla avanti e indietro come a ping pong. Ha un qualche valore, ma nel dialogo cerchiamo di andare più a fondo.
J.B. Puoi specificare meglio la tua proposta?
D.B. Creare una situazione dove possiamo sospendere le nostre opinioni e i nostri giudizi per riuscire ad asco1tarci a vicenda. L'idea è che potremmo generare una specie di superconduttività sociale e molta energia nell'interscambio, pur mantenendo bassa la temperatura.
Per farlo abbiamo bisogno di una situazione in cui la gente possa parlare insieme liberamente senza un ordine del giorno o uno scopo specifico che guidino il dialogo. Ci vuole, inoltre, un gruppo abbastanza numeroso da poter sviluppare un certo numero di sottoculture. Se si riuniscono due persone con visioni diverse, in genere eviteranno i problemi importanti. Proteggeranno i loro pool separati di informazioni evitando quelle connessioni che potrebbero farli agitare.
Ma quando abbiamo venti o trenta persone ci saranno senz'altro dei sottogruppi all'interno dei quali salteranno fuori i problemi più profondi. Non è più controllabile. Alla fine il dialogo toccherà le assunzioni non negoziabili di qualche individuo e questo libererà molta energia.
J.B. Puoi fare un esempio?
D.B. Abbiamo tenuto un gruppo di dialogo in Israele ed è saltato fuori il soggetto del sionismo. Alcuni del gruppo dicevano che il sionismo rende impossibile risolvere il problema arabo
ebraico. A questo punto uno è saltato su e ha detto che senza il sionismo Israele e gli Ebrei andrebbero in pezzi. Era molto turbato. La discussione aveva colpito, una delle sue assunzioni non negoziabili. Altre persone, hanno cominciato a eccitarsi. Era un momento pericoloso. L'incontro poteva esplodere, però c'erano ancora delle persone che non erano coinvolte così tanto e queste sono entrate tangenzialmente e hanno mantenuto bassa la temperatura, di modo che abbiamo potuto cominciare ad affrontare questi argomenti. Anche la persona che si era così eccitata sul sionismo non si è arrabbiata abbastanza da andarsene via. Se se ne fosse andato avrebbe fermato il dialogo. Infine la situazione si è calmata (raffreddata) e lui ha potuto guardare le proprie opinioni insieme a quelle degli altri. Questo ha creato un pool di informazione. Tutti hanno cominciato ad operare partendo dallo stesso pool di informazioni.
Creare campi collettivi olistici
Quando ascolti qualcun altro, che ti piaccia o no, quello che dice diventa parte di te Quindi se la temperatura è alta si crea un conflitto sia fuori che dentro. Ma nel dialogo la temperatura viene abbassata e viene a crearsi un pool comune dove la gente sospende le proprie opinioni e ascolta gli altri, quindi le opinioni di ognuno vengono assorbite da tutti gli altri. Questo è quello che intendo per pool comune di informazione.
Prima o poi la gente riconosce che questo pool comune è più importante dei pool separati. Da questo scaturisce uno stato di intelligenza elevata, di intelligenza sociale; puoi chiamarla un tipo di superconduttività.
Così come la superconduttività rende possibili delle cose meravigliose, come i treni che si muovono senza attrito o circuiti dove l'elettricità fluisce a una velocità incredibile allo stesso modo l'intelligenza che nasce dal dialogo crea la possibilità che qualcosa di nuovo entri nelle relazioni umane.
J.B. Lo scopo del dialogo è di scoprire il terreno olistico che è stato ignorato dal modo in cui operiamo come individui e come gruppi di atomi.
D.B. Diciamo che cominciamo con quello scopo, ma che più partecipiamo più lo scopo si ritirerà in sottofondo man mano che lo raggiungiamo. Non vogliamo che lo scopo ci sia di ostacolo. Una volta che cominciamo, i nostri scopi entrano nell'ombra. Scopriamo nuove cose che brillano molto più intensamente dello scopo con cui avevamo iniziato.
J.B. Il dialogo che tu descrivi significa imparare a sospendere la propria posizione. Ma non è un atteggiamento di base degli esseri umani operare partendo da una posizione e avere dei giudizi e delle opinioni immediate sulle posizioni degli altri.
D.B. Gli antropologi che hanno studiato i gruppi di cacciatori raccoglitori dicono che molti di loro si siedono in cerchio senza prendere delle decisioni e sembra che dopo sappiano che cosa fare. Non hanno un individualismo completo, ne ricevono pressioni da parte del collettivo. E' un genere di vita che non porta allo stress che abbiamo noi oggi. E' stato solo con la crescita della tecnologia che abbiamo sviluppato autorità, punizioni, ricompense per indurre gli altri ad adottare le nostre posizioni. Abbiamo dovuto creare degli eserciti per proteggere queste posizioni e ogni genere di tortura e di crudeltà e di inganno. In altre parole, la crescita della tecnologia ci ha portato a un peggioramento della nostra situazione psicologica.
J.B. Ma gli antropologi non sostengono anche che è la tecnologia, la nostra abilità di fare degli strumenti che ci rende diversi dalle altre specie?
D.B. Non penso che quello sia una buona misura dell'intelligenza. Pensa ai delfini o alle balene. Non hanno capacità di costruire degli strumenti. Hanno dei cervelli grandi, ma apparentemente la loro intelligenza è indirizzata diversamente. Qualcuno mi ha raccontato il caso di 8 delfini che si riunivano insieme quando uno di loro veniva attaccato da un pescecane. Formavano un cerchio attorno al pescecane e poi si muovevano verso il centro e lo schiacciavano. Era un'azione collettiva, come la superconduttività e, evidentemente, è nata dalla loro capacità di comunicare.
Non sono sicuro che la capacità di costruire strumenti sia veramente una caratteristica cruciale dell'intelligenza. Forse la capacità di parlare è la più cruciale. Penso che il dialogo libererà una forma di intelligenza più sottile di quella usata per costruire strumenti e attrezzi. L'intelligenza che crea e usa attrezzi non è capace di organizzare la società in modo appropriato da tenere conto delle conseguenze di quegli strumenti.
J.B. L'intelligenza che usa degli attrezzi è l'intelligenza che enfatizza le parti.
D.B. Ed enfatizza anche l'usare le cose come mezzo per un fine. Nel dialogo non enfatizziamo le parti. Non usiamo dei mezzi per uno scopo. Il dialogo non funziona dicendo che stiamo tentando di manipolarci l'un l'altro o il gruppo per uno scopo. Piuttosto stiamo partecipando, parlando insieme, esplorando, creando. Lo scopo non è conosciuto.
J.B. In genere, quando la gente parla di una intelligenza più elevata, parla di un individuo che attinge alla sua intelligenza superiore, ottenendo una realizzazione individuale. Tu pensi che sia disponibile una intelligenza di gruppo?
D.B. Forse un individuo può attingere a una mente superiore, ma abbiamo bisogno, in aggiunta, che questa mente superiore operi socialmente, altrimenti non sopravvivremo.
La maggior parte della nostra vita è sociale. Se non riusciamo à gestire le cose socialmente, l'intelligenza superiore individuale non farà molta differenza.
J.B. Come sai, hai dei critici. Gli scienziati sostengono che sei troppo filosofo per essere uno scienziato. I filosofi sostengono che sei troppo scientifico per essere un filosofo. Talvolta parli di fare della scienza come un artista fa dell'arte e, nella tua discussione del dialogo, c'è una grande parte di psicologia e di sociologia. Come ti definiresti?
La vita muore quando l'amore è finito
D.B. Francamente penso che sia un segno di degenerazione e di frammentazione voler etichettare arbitrariamente la gente.
J.B. Allora come descriveresti una persona che si interessa all'interconnessione del tutto?
D.B. Non penso che abbiamo bisogno di etichettare la gente al di là del dire che sono esseri umani. Puoi dire che sei interessato a ricercare quello che è alla base delle cose. Puoi dire così.
J.B. Puoi ricordarti se da bambino ti interessavi agli argomenti che stiamo discutendo qui?
D.B. Quando ero in quarta, sono stato molto influenzato in direzione della scienza da un libro di astronomia che l'insegnante mi aveva prestato. Parlava del sole, della terra, dei pianeti e mi affascinava molto.
Ho sentito che era qualcosa al di là di tutto il caos e la piccolezza di quello che facevamo nella nostra piccola città. Il libro aveva in frontespizio una piccola poesia di Francis Bourdillon,
"La notte ha mille occhi
il giorno solo uno,
eppure la luce del mondo luminoso muore
col sole che muore. \la mente ha mille occhi,
e il cuore solo uno,
eppure la luce di un'intera vita muore,
quando l'amore è finito."
Era una specie di avvertimento di non dare troppo valore a questa affascinante roba intellettuale. Poteva essere tutto solo come la luce di una stella, era un pensiero che mi faceva rabbrividire. Più tardi mi è diventato chiaro che non importa che cosa facciamo nella scienza o in ogni altro campo, non ci aiuterà se non troviamo un modo di essere connessi l'uno con l'altro a un livello profondo.