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Stati Uniti: obiettivo America Latina

di Siro Asinelli - 23/05/2008

 

Stati Uniti: obiettivo America Latina


Un piano già definito per tentare di destabilizzare la regione latinoamericana e cacciare con la forza i governi democratici e popolari che hanno sancito la fuoriuscita dall’orbita statunitense dei propri Paesi. È questo lo scenario di cui, a detta del ministro degli Esteri venezuelano Nicolás Maduro, gli Stati Uniti saranno i protagonisti nei prossimi mesi e nei prossimi anni. A Caracas, ma anche a La Paz, L’Avana e Quito, danno ormai per scontato lo spostamento dell’attenzione Usa dal Vicino e Medio Oriente – dove nonostante la massiccia presenza armata i risultati sono stati scarsi o nulli – all’America Latina.
L’occasione per lanciare l’ennesimo allarme alla comunità latinoamericana ed internazionale è stata la conferenza stampa che ha seguito l’incontro tra il capo della diplomazia venezuelana e l’ambasciatore degli Stati Uniti a Caracas, Patrick Duddy. Dal diplomatico Usa il governo caraceño si aspettava spiegazioni convincenti sul perché un aereo della Marina militare statunitense, modello S-3 Viking, abbia violato lo spazio aereo venezuelano lo scorso 17 maggio sorvolando senza autorizzazione alcuna l’arcipelago de La Orchia, a circa 160 chilometri a nordest dalla capitale. L’esecutivo e la presidenza venezuelane non hanno ottenuto soddisfazione dall’incontro con Duddy: “Si sono limitati a confermare l’accaduto ma non hanno fornito alcuna spiegazione”, ha commentato Maduro nel sottolineare come Palacio Miraflores stia da tempo cercando di ottenere dagli Stati Uniti “un’intesa sul rispetto della sovranità aerea venezuelana e della sovranità politica del nostro paese”. Accordo difficile da strappare a Washington dove, al contrario, soffiano ben altri venti che quelli del compromesso.
La Repubblica Bolivariana non sembra comunque disposta a farsi trovare impreparata di fronte la possibilità che gli Usa possano intensificare le provocazioni, anche sul piano militare. “Fortunatamente i sistemi radar funzionano, sono operativi, ed ogni giorno di più siamo in grado di aumentarne le capacità dal punto di vista tecnologico per fare fronte ad eventi come quello accaduto lo scorso 17 maggio”, ha spiegato Maduro.
Ma il Venezuela non è l’unico Paese dell’area costretto a fronteggiare l’offensiva provocatoria degli Usa. In Bolivia, dove la presidenza Morales sta combattendo una battaglia politica ed istituzionale contro le potenti sacche di resistenza conservatrici e neoliberiste fedeli a Washington, la minaccia è reale. “Di fronte alle aggressioni esterne la pazienza ha un limite”, ha ammonito il primo mandatario di La Paz che proprio ieri ha reso pubbliche una serie di informative dei servizi segreti boliviani su “cospiratori mandati dall’impero per agitare e destabilizzare” il Paese andino. Informative che legano le attuali minacce separatiste provenienti dalle lobby delle ricche regioni della Media Luna direttamente agli Stati Uniti. Lo stesso ambasciatore della Casa Bianca a La Paz, Philip Goldberg, è da tempo al centro delle accuse boliviane. È dal marzo del 2006 che le autorità centrali denunciano le ingerenze indebite negli affari interni del Paese da parte della diplomazia statunitense. Recentemente Goldberg è stato convocato al ministero degli Esteri per rispondere di accuse relative al reclutamento per conto dell’intelligence Usa di studenti nordamericani che nel Paese andino svolgono borse di studio. Sempre recentemente la Bolivia ha denunciato l’ormai famigerata USAID, l’Agenzia degli Usa per lo sviluppo internazionale Paz, perchè finanzierebbe ong affinché queste operino contro l’amministrazione boliviana.
Sul fronte caraibico, martedì sera la televisione di Stato cubana ha mostrato in diretta prove video, scritte e digitali sull’esistenza di progetti golpisti e sovversivi che il governo degli Stati Uniti continua a finanziare senza sosta. Un’offensiva che l’eventuale affermazione del repubblicano John MacCain alla Casa Bianca potrebbe intensificare, dato il suo forte legame con la lobby cubano-americana si Miami. Un’inchiesta del direttore del quotidiano Granma, Lázaro Barredo Medina, ha dimostrato cometra il 1993 ed il 1999 l’USAID e la NED (National Endowment for Democracy) abbiano portato avanti oltre 350 operazioni finanziarie a favore di gruppi e progetti anticastristi.
Ma il livello d’allarme è destinato a salire comunque nei prossimi mesi, sia che alla Casa Bianca vada un repubblicano, sia che a spuntarla sia una Clinton o un Obama. Come nella migliore tradizione dell’interventismo imperialista a stelle e strisce, infatti, quando si tratta di del “cortile di casa” latinoamericano asini ed elefanti del Congresso vanno sempre a braccetto.