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Possiamo controllare gli sviluppi della scienza?

di Luigi Leonini (a cura di) - 24/01/2006

Fonte: Luigi Leonini

articoli interessanti per chi ha interesse a lanciare uno sguardo sugli sviluppi futuri della tecnologia immaginati dai tecnocrati che giocano a essere dio ma che non hanno il distacco necessario a valutare conseguenze ed effetti delle potenzialità tecnologiche della scienza moderna.
La saggezza e l'elevazione spirituale sembrano non essere neppure una qualità per questa gente .
Assomigliano a quei maghi che vogliono incrementare la propria potenza e sete di conoscenza senza prima liberarsi dei propri vizi,passioni e attaccamenti.
E che sono appunto considerati maghi neri .
Perchè non fanno altro che moltiplicare la propria hybris assieme alla potenza.Arrivando poi a un cortocircuito a cui fa seguito la catastrofe.
Che avverrà ,come del resto ipotizzato dai tecnocrati ,da quanche scienziato pazzo che inventerà un virus biologico o nanotecnologico con la capacità di agire con intelligenza.
La soluzione tecnocratica sarà allora una potentissima intelligenza artificiale che controlli ogni cosa,molecola per molecola.
Eccolo il destino meraviglioso promesso dagli scienziati occidentali!
La distruzione totale o la dittatura assoluta e molecolare.
Mi sa che lo scienziato pazzo dovremo chiamarlo salvatore.

Luigi Leonini
 

Possiamo controllare gli sviluppi della scienza? Colloquio con Michael Dertouzos

Joy, Kurzweil, Dertouzos
http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/kurzweil.htm

MICHAEL DERTOUZOS
Ma il futuro ci sfuggirà sempre

Possiamo controllare gli sviluppi della scienza? Michael Dertouzos, padre del Web, appena scomparso, dice di no. E lo spiega nel suo ultimo scritto

In un famoso articolo sulla rivista Wired, Bill Joy (rinomato guru dell’informatica, n.d.r.) sostiene che le conseguenze della ricerca in robotica, ingegneria genetica e nanotecnologia potrebbero condurre a "una distruzione di massa incoraggiata dalla conoscenza... enormemente amplificata dal potere dell’autoriproduzione". Il rimedio che propone: "l’abbandono... limitando lo sviluppo di alcuni tipi di conoscenze". Non mi convince. Ciò che mi dà fastidio della sua tesi è l’arrogante idea che la logica umana possa anticipare gli effetti di azioni intenzionali e non preordinate, e l’ancora più arrogante idea che il ragionamento umano possa determinare il corso dell’universo. Cercherò di spiegare il perché e di offrire alcune alternative.
Di rado riusciamo a stabilire la direzione in cui ci muoviamo. Nel 1963, quando costruimmo i computer a partizione di tempo, lo facemmo per distribuire il costo di un processore da 2 milioni di dollari tra tutti gli utenti. Nel 1970, quando il Darpa sviluppò Arpanet (una rete con circa 60 mila calcolatori), lo fece per evitare di comprare costosi computer per i suoi fornitori, a cui venne detto di condividere le macchine in rete. Entrambe le iniziative ebbero successo, non per questi obiettivi, ma perché hanno consentito alle persone di condividere l’informazione. Internet venne lanciata per interconnettere reti di computer; nessuno aveva previsto che la sua maggiore applicazione sarebbe stato il Web. Il radar fu progettato a scopi militari, ma diventò la pietra miliare del trasporto aereo. La ricerca sulle armi nucleari rese importante la medicina nucleare. Migliaia di innovazioni hanno in comune lo stesso schema: le valutazioni iniziali non sono correlate al prodotto finale.
La nostra capacità di prevedere le conseguenze è così limitata da non essere neanche aiutata dal senno del poi. Dunque, le macchine sono state un bene o un male per la società? E l’energia nucleare, o la medicina nucleare? Siamo incapaci di giudicare se qualcosa che abbiamo inventato oltre cinquant’anni fa è oggi un bene o un male. Tuttavia Joy vuole che noi formuliamo questi giudizi in prospettiva, per determinare quali tecnologie dobbiamo abbandonare! Sviluppi futuri che oggi sembrano spaventosi potrebbero rivelarsi un miraggio. Si prendano ad esempio le macchine spirituali di Ray Kurzweil che preoccupano Bill Joy. Ho una grande stima di Ray e accolgo con favore le sue idee, come quelle di Bill, per quanto discutibili mi possano apparire. Ma bisogna tracciare una chiara linea tra ciò che è solo immaginato e ciò che è probabile. A rendere confusa questa linea è la ciarlataneria. Il semplice fatto che i chip e le macchine stanno diventando più veloci non significa che saranno più intelligenti o che addirittura si autoriprodurranno. Se si muovono le braccia più rapidamente, non si diventa più brillanti.
Al di là del gran parlare che si fa intorno agli agenti intelligenti, i sistemi computerizzati attuali non sono intelligenti nell’accezione normale della parola. Né sembra di vedere nell’orizzonte della ricerca le tecnologie critiche che dovrebbero condurli a questo punto. Dobbiamo bloccare lo sviluppo dell’informatica e la ricerca sull’Intelligenza Artificiale per il timore che un giorno le macchine intelligenti possano riprodursi e sorpassarci? La mia risposta è no. Credo che avrebbe più senso aspettare e vedere se i rischi potenziali sono supportati da qualcosa di diverso della nostra immaginazione.
Dato che non possiamo capire dove stiamo andando, dovremmo fermare del tutto la ricerca? Ciò mi fa venire in mente un anziano e saggio impiegato delle linee aeree con cui mi vantavo di aver smesso di volare con la sua compagnia aerea per la scarsa documentazione che fornivano sulla sicurezza. "Ascolti, signore" mi disse. "Se sul vostro visto d’uscita da questa vita è stampato "incidente aereo", anche se state nel vostro letto, l’aeroplano vi scoverà e vi cadrà sopra". In tal senso, all’alba del secolo tecnologico, non è alla moda prestare attenzione a forze esterne alla ragione. E’ il momento di riconsiderare tutto ciò, soprattutto se ci si illude di capire abbastanza dell’universo per controllare con successo il suo corso futuro, come propugna Joy.
Non dovremmo dimenticare che quanto facciamo come esseri umani è parte della natura. Non sto sostenendo di fare quello che vogliamo, proprio in quanto naturale, ma di tenere la natura — incluse le nostre azioni — in soggezione. Nell’elaborare complesse strategie per "regolare il problema dell’ozono", o qualunque altro grave problema del nostro mondo, dobbiamo essere rispettosi dei modi imprevedibili in cui la natura potrebbe reagire. E dovremmo avvicinarci con uguale rispetto all’idea che la naturale spinta umana a indagare il nostro universo possa subire una limitazione. La mia proposta è di allargare la nostra prospettiva alla pienezza della nostra umanità, che oltre alla ragione include i sentimenti e le credenze.
Talvolta, quando siamo alla guida della macchina del progresso scientifico e tecnologico, cambiamo direzione perché la nostra ragione dice così. Altre volte seguiamo i nostri sentimenti o ci lasciamo guidare dalla fede. La maggior parte delle volte ci affidiamo contemporaneamente a tutte e tre queste forze umane, che hanno già guidato le azioni umane per migliaia di anni. In questa prospettiva dobbiamo essere attenti, pronti a fermarci, se il pericolo è imminente, usando tutta la nostra umanità per prendere una simile decisione. In tal modo il nostro punto di riferimento sarà molto differente da quello attuale, basato su valutazioni iniziali di ordine razionale che ci hanno spesso portato al fallimento. Dobbiamo credere in noi stessi, nelle altre persone e nel nostro universo. E ricordarci che non tutto dipende da noi.

 

CARLO FORMENTI
2040 La macchina creò l’uomo

Nuove teorie immaginano il sorpasso delle intelligenze artificiali su quelle naturali. Già si profila una strana religione fra materialismo e New Age

In una recente intervista Arthur Clarke - il famoso scrittore di fantascienza che ha creato il supercalcolatore ribelle di «2001 Odissea nello spazio» - torna ad agitare lo spettro di un futuro dominato dalle macchine. Clarke si è detto convinto che i computer supereranno le nostre capacità intellettuali entro vent’anni, dopodiché potremo solo sperare che essi «ci trattino con benevolenza». Del resto, l’idea che l’umanità stia inconsapevolmente creando una nuova forma d’intelligenza destinata a prenderne il posto, non è nuova. L’incubo di una tecnica sfuggita al controllo dei suoi creatori è già presente nella letteratura gotica ottocentesca (basti pensare a Mary Shelley), così come è al centro delle riflessioni di un pensatore geniale e misconosciuto come Samuel Butler. Contemporaneo di Darwin, Butler sosteneva che l’evoluzione è dotata di una forma immanente di «intelligenza» e che, analizzando la direzione che tale intelligenza imprime al processo evolutivo, balza agli occhi la follia di una specie che s’impegna a costruire macchine, cioè una specie artificiale destinata a soppiantarla. Alle idee di Butler, rivisitate alla luce delle attuali ricerche nel campo dell’intelligenza artificiale, s’ispira un recente libro di George B. Dyson (figlio del grande fisico Freeman Dyson). Il saggio L’evoluzione delle macchine (Cortina Editore) sostiene che fra l’evoluzione delle specie biologiche e quella delle macchine non esistono sostanziali differenze: l’evoluzione tecnologica non fa che proseguire (con altri mezzi e più rapidamente) quella naturale. E Dyson, pur dichiarando di stare dalla parte della natura, aggiunge di avere il sospetto «che quest’ultima stia dalla parte delle macchine». Se le cose stanno così, conclude lo studioso, esiste un solo modo per sopravvivere: lasciarci assorbire come neuroni dalla mente planetaria che le macchine «telepatiche» stanno costruendo, mente di cui Internet è un primo embrione. Non meno «butleriane» appaiono le tesi di due scienziati impegnati nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale, Hans Moravec e Ray Kurzweil, autori, il primo, di Robot: Mere Machine to Trascendent Mind , il secondo di The Age of Spiritual Machine , due saggi che in America stanno suscitando un vivace dibattito. Le idee di Moravec e Kurzweil divergono solo in merito alla data in cui i calcolatori riusciranno a superare le capacità intellettuali dell’uomo: per il primo ciò non avverrà prima del 2040, mentre il secondo pensa che potrebbe già succedere nel 2020. In quanto al modo in cui ciò avverrà, e alle conseguenze dell’evento, le posizioni coincidono. Il mostruoso incremento di potenza e velocità di calcolo che le scoperte nel campo del DNA computing e della computazione quantistica consentiranno di ottenere, metterà quanto prima le macchine in condizione di effettuare accurate scansioni dei nostri circuiti neurali e di riprodurne l’architettura in reti neurali artificiali. Rubato il segreto dell’hardware umano, i computer godranno del vantaggio competitivo della velocità e della «telepatia» artificiale (la possibilità di scambiare dati in tempo reale) per cui il sorpasso sarà inevitabile. Con quali conseguenze? Le macchine diverranno capaci di provare emozioni, di sviluppare valori e di esprimere volontà (tali asserzioni si fondano sulla concezione secondo cui certe facoltà «spirituali» non sono altro che proprietà emergenti della materia che ha raggiunto certi livelli di complessità). E allora che ne sarà di noi? Niente paura, rassicura Moravec, le macchine sono i nostri «mind children», creature costruite a nostra immagine e somiglianza, quindi, anche se sembreremo loro scemi, ci lasceranno campare. Anzi, ci aiuteranno a evolvere verso forme di vita superiori, postbiologiche, magari trasferendo copie delle nostre personalità nelle loro memorie e trasformandoci in entità disincarnate, in anime-software immortali, capaci di fluttuare liberamente nel cyberspazio. Questo bizzarro esito mistico di teorie ultramaterialiste aiuta a capire perché un recente studio dell’American Anthropological Association sostiene che le tecnoutopie dei guru di Silicon Valley rappresentano una vera e propria religione, coi suoi dogmi e le sue promesse di salvezza. E a confermarlo contribuisce una notizia pubblicata la scorsa settimana dal New York Times : Larry Starr, un astrofisico convertito alla ricerca informatica, ha presentato alla stampa i progetti di un nuovo centro di ricerca da lui diretto, finanziato dallo Stato della California. Ebbene: invece di parlare di Net Economy, Starr ha detto di voler concentrare le sue ricerche sulle proprietà emergenti del supercomputer planetario che sta nascendo grazie allo sviluppo della Rete, quindi ha aggiunto che il problema non è stabilire se, ma quando, tale entità diverrà cosciente. Se poi qualcuno pensa che a generare simili aspettative sia l’effetto destabilizzante della cultura californiana - un melting pot di fantascienza e misticismo New Age - sulle menti di alcuni ricercatori, e ritiene che la «razionale» Europa sia al riparo da simili tentazioni, lo invitiamo a leggere due libri - usciti da pochi giorni in Italia - del filosofo francese Pierre Lévy, il più noto studioso mondiale di temi antropologico-culturali legati allo sviluppo della realtà virtuale. Le tecnologie dell’intelligenza. Il futuro del pensiero nell’era dell’informatica (Ed.
Ombre corte) è un testo che risale a qualche anno fa, ma contiene già le tesi che Lévy ha sviluppato in saggi successivi. In particolare, contiene l’idea di una «ecologia cognitiva» planetaria fondata sull’esistenza di «collettivi di pensiero» fatti non solo da persone, ma da cose, ecosistemi naturali, istituzioni, macchine, eccetera. Idea che evolve verso una visione mistica identica a quella di Teilhard de Chardin, il filosofo gesuita che tentò di conciliare scienza e teologia. L’evoluzione, scrive Lévy, ha un senso che lo sviluppo del cyberspazio ci ha finalmente permesso di decifrare: gli uomini stanno progressivamente unendo le loro menti in una mente più grande. Incarnazione della noosfera immaginata da Teilhard de Chardin, il cyberspazio rappresenta, al tempo stesso, una sorta di doppio virtuale di Gaia, il pianeta vivente, e il luogo di condensazione di uno Spirito della Terra che raccoglie in sé la totalità delle intelligenze organiche e inorganiche. L’uomo non verrà superato dalle intelligenze artificiali, ma si fonderà con loro per generare un cervello cosmico «che sboccerà come un fiore fatto di amore infinito». A dissipare ogni dubbio sulla conversione di Lévy, ecco infine Il fuoco liberatore (Luca Sossella Ed.), professione di fede in cui il filosofo francese esprime gli stessi concetti attraverso il linguaggio delle tradizioni sapienziali del buddhismo e della Qabbalah: «I nostri cuori non formano che un solo cuore»; «Ciò che pensiamo non ci appartiene». Se le vie del Signore sono infinite, sembra che nella nostra era Egli abbia scelto decisamente la via dell’immaginario scientifico e tecnologico.

 

 

ROBERTO GIOVANNINI
"Attenti, ora serve una scienza etica"
Polemico saggio di Bill Joy su "Wired"
 
La SiliconValley non ne vuole sapere proprio dei preoccupati richiami lanciati da uno dei suoi più prestigiosi esponenti. Le tesi del saggio di Bill Joy su "Wired" hanno avuto vasta risonanza in America, ma ben poca attenzione e soprattutto adesione effettiva hanno raccolto tra gli addetti ai lavori, ovvero esattamente i destinatari dell'appello lanciato dal "Chief scientist" di Sun Microsystems. Lo stesso Joy afferma che " non c'è stata una gran reazione di allarme nel settore. La gente normale sembra molto più in grado di capire quello che sta accadendo".
Un tipo un po' particolare di reazione è quello di Hans Moravec, guru della robotica e amico di Joy, che prevede come inevitabile la graduale trasformazione della razza umana in forme di vita robotiche, e che considera questo evento come una fase naturale del processo di evoluzione. Per Moravec, l'allarme lanciato da Joy è fondamentalmente inutile: "Diventeremo tutti Robot - dice - è allo stesso tempo inevitabile e desiderabile".
In ogni caso, la stragrande maggioranza della comunità scientifica vede la proposta di bloccare alcuni filoni della ricerca scientifica come "irrealistica" e "irresponsabile". "L'abbandono di certi filoni - afferma l'esperto di nanotecnologie Ralph Merkle - è impossibile e illusorio, specie se si considera che altri paesi possono sviluppare questa stessa tecnologia". Altri studiosi accusano Joy di non fare altro che ripetere cose già dette (e meglio) da altri in passato: "Tutte queste questioni dice il programmatore genetico John Koza - a partire dall'allarme per l'intelligenza artificiale e l'ingegneria genetica sono state già discusse nei primi anni '90.
Quando iniziò il Progetto Genoma Umano, gli scienziati erano molto preoccupati per i rischi della clonazione". Insomma: cose dette, andiamo oltre.
Dunque, nessuna esitazione, e nessuna preoccupazione. Anche perché oggi nella Silicon Valley la ricerca e realizzazione di nuovi prodotti significa soldi, e per la precisione è una vera e propria montagna di soldi, cui difficilmente le aziende e gli scienziati stessi intendono rinunciare. Non sembra preoccupato affatto della cosa Merkle, il nanotecnologo, secondo cui "la struttura basata sul mercato e la competizione che esiste attualmente ha lavorato più che bene, e non ci sono motivi per serie preoccupazioni. Sembra un po' prematuro abbandonarla proprio ora ... ".
Resta il fatto, se non altro, che Joy fa discutere. Qualche giorno fa, all'Università di Stanford, Bill Joy ha partecipato insieme a un gruppo di studiosi e luminari - tra cui i suoi visionari colleghi Moravec (il roboticista) e Ray Kurzweil (scrittore e inventore) - a un forum sui rischi dell'innovazione tecnologica. Sala strapiena, attenzione alle stelle per un evento propagandato attraverso un tam tam via Internet. Qualcuno ha definito la serata "l'equivalente, per il mondo della tecnologia, di un concerto rock".
Se a parlare fosse stato un ambientalista "estremista o un lama buddista, nessuno si sarebbe sorpreso. Anzi. Ma il colpo, l'attacco determinato (e angosciato) alla cultura dominante nella nostra società - che resta fondata sull'accettazione immediata, incondizionata e acritica delle nuove tecnologie, e su un'aspettativa di sviluppo inesauribile e progressivo arriva da uno dei principali esponenti del mondo della cultura scientifica e industriale occidentale: Bill Joy, 44 anni, "Chief Scientist" (capo scienziato), CEO, cofondatore e azionista della Sun Microsystems, uno dei colossi del software. Joy ha inventato microprocessori, ha contribuito alla creazione dei linguaggi Java e Jini, e tra le moltissime altre cose è stato nominato nel '97 da Clinton co-presidente di un Comitato di consulenza sull'"Information Technology". Ebbene, Bill Joy ha scritto sul numero di aprile del mensile "Wired" (8.04) un lunghissimo saggio, che ha sollevato molte polemiche e molte discussioni. Il titolo, chiarissimo, è "Why the future doesn't need us", "Perché il futuro non ha bisogno di noi".Dove "noi", siamo noi, donne e uomini: le potenti tecnologie del ventunesimo secolo - robotica, ingegneria genetica e nanotecnologie, che ci entusiasmano e ci fanno pensare a un avvenire prospero e felice, in realtà minacciano di far finire la razza umana sulla lista delle specie biologiche a rischio.
Il ragionamento di Joy, sintetizzato, è questo: la rivoluzione delle tecnologie dell'informazione degli anni' 90 ha portato con sé uno strano e "ottuso" entusiasmo nei confronti della tecnologia e delle sue implicazioni. La vecchia angoscia per il pericolo dell'Olocausto atomico, che ci aveva accompagnato per quasi tutta la seconda metà del secolo, sembra sparita del, tutto, e anche se periodicamente si riaccende il dibattito sui rischi e pericoli insiti in un progresso tecnologico "costruito" e alimentato da meccanismi puramente economici, totalmente "scollegato" invece da una ricerca di tipo etico sui valori che debbono guidare e ispirare questo processo. Fin qui, come dire, sono considerazioni molto ragionevoli e largamente condivise, anche se si tratta di tesi che di rado vengono discusse all'interno del mondo che quel progresso tecnologico sta costruendo.
Ma c'è un passaggio in più, che rende il discorso di Bill Joy decisamente inquietante e meritevole di interesse. Attenti, ci dice: il progresso scientifico sta avvenendo con una velocità talmente spedita da rendere possibile e concretamente realizzabili imprese che un tempo erano confinate al mondo dei racconti di fantascienza. Ad esempio, la robotica. Joy racconta molto candidamente la sua storia di informatico, alle prese con computer e sistemi che tutto possono fare, fuorché pensare e agire "autonomamente". Si è pensato a lungo che la crescita esponenziale delle capacità dei semiconduttori, (la cosiddetta legge di Moore) dovesse incontrare intorno al 2010 un qualche limite fisico. Ma il recente rapido e radicale progresso nell'elettronica molecolare ("stampare" circuiti piazzando singoli atomi e molecole) e nelle nanotecnologie (costruire macchine piccolissime, con pezzi fatti di molecole) fa ritenere che nel 2030 sarà possibile costruire macchine un milione di volte più potenti dei pc di oggi. Mettendo insieme questa capacità di "pensare", con i progressi delle scienze fisiche, della nanotecnologie e del la genetica, dice Joy, si ottiene uri prodotto totalmente nuovo, e fantascientifico: la capacità - oggi riservata alla natura - di produrre macchine o organismi in grado di autoreplicarsi. Insomma, oggi l'uomo può "scatenare un enorme potere di trasformazione".
Un potere che può essere adoperato per il bene, certo. Robot possono svolgere i lavori "sporchi", e con arti robotici possiamo allungare e migliorare la nostra vita; potremo forse "downloadare" la nostra coscienza in macchine, e vivere in eterno; l'ingegneria genetica potrà aiutare a curare malattie oggi mortali. Ma allo stesso tempo, "ognuna di queste tecnologie mette in moto una sequenza di piccoli, singolarmente sensibili progressi, che porteranno all'accumularsi di un grande potere, e dunque, di un grande pericolo". Il pericolo nasce da un atteggiamento della nostra cultura. La nostra attitudine verso il nuovo è fatta di una immediata e incondizionata accettazione del cambiamento e dell'innovazione. Tutto sommato, l'uomo occidentale è riuscito a mantenere questo approccio anche quando più alto era il rischio legato alle tecnologie di distruzione di massa (bombe atomiche, batteri, e così via). Armi strapotenti, ma complesse da creare e difficili da manipolare; oggi, al contrario, armi, legate o derivanti dalle tecnologie GNR (genetiche, nanotecnologie, robotiche) possono essere prodotte anche da singoli. Sono quelle che Joy definisce armi di distruzione di massa "knowledge-enabled", cioè "attivate dalla conoscenza". Armi futuribili (ma non irrealizzabili nel medio periodo) che potrebbero ad esempio distruggere l'intera biosfera, trasformando tutto ciò che è vivente in una "gelatina grigia".
La cosa che più crea angoscia a Joy, è l'evidente rifiuto da parte degli scienziati di ogni tentativo di riconquistare un controllo sulla tecnologia, il loro atteggiamento passivo, il loro abdicare alla responsabilità morale di assumere scelte responsabili, la generale rinuncia a cercare di pensare "il lungo periodo". Al contrario, spiega nel saggio su "Wired", "il perseguimento scientifico della verità dev'essere temperato da considerazioni sul costo umano del progresso". Bisogna imitare - è la conclusione - gli scienziati atomici del dopoguerra: impegnarsi in prima persona per cercare di cambiare le cose, e arrivare al deliberato abbandono dì alcune applicazioni di queste tecnologie. Nonostante i costi economici e i sociali, accettando controlli efficaci e generalizzati per rendere effettivo il bando, e chiedendo agli scienziati di sottoscrivere un rigido codice etico di comportamento.

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http://www.estropico.com/id259.htm

 LA SINGOLARITA' E' VICINA: Quando gli esseri umani trascendono la biologia  
 di Ray Kurzweil 
 Viking Press 
 La versione originale inglese sul sito Singularity.com  

 

  


 Domande e risposte con Ray Kurzweil 

 Cosa è la singolarità?   

 Nei prossimi 25 anni, l'intelligenza non-biologica eguaglierà la ricchezza e la raffinatezza dell'intelligenza umana per poi superarla abbondantemente grazie a due fattori: la continua accelerazione del progresso dell'informatica e la capacità [delle intelligenze non-biologiche - NdT] di condividere rapidamente il proprio sapere. Integreremo nanorobot intelligenti nel nostro corpo, nei nostri cervelli e nell'ambiente, risolvendo così problemi come l'inquinamento e la povertà, aumentando significativamente la nostra longevità, permettendo realtà virtuali che comprendano tutti i sensi (come in "The Matrix") e la "trasmissione di esperienze" (come in "Essere John Malkovich"), nonchè un notevole incremento dell'intelligenza umana. Il risultato sarà la fusione della specie creatrice di tecnologie con il processo evolutivo-tecnologico a cui essa ha dato vita.   

 E questa è la singolarità? 

 No, questa è solo la fase che la precede. L'intelligenza non-biologica avrà accesso al proprio design e potrà migliorarsi in un ciclo sempre più veloce di riprogettazione.  Arriveremo al punto in cui il progresso tecnologico sarà talmente rapido da essere incomprensibile per l'intelletto umano non incrementato. Quel momento  contrassegnerà la singolarità.  

 Quando accadrà? 

 La data che ho fissato per la singolarità - intendendo con questo termine una profonda e perturbante trasformazione delle capacità umane - è il 2045. Le intelligenze non-biologiche generate in quell'anno saranno un miliardo di volte più potenti di tutta l'intelligenza umana di oggi.  

 Perchè si chiama singolarità?   

 Il termine "singolarità" nel mio libro è paragonabile all'uso di questo termine nella fisica. Così come non possiamo vedere oltre l'orizzonte degli eventi di un buco nero, così troviamo difficile vedere oltre l'orizzonte degli eventi della singolarità storica.  Come possiamo, con i nostri limitati cervelli biologici, immaginare cosa potrà fare e pensare una nostra civilizzazione futura, con intelligenze moltiplicate trilioni di volte? Tuttavia, così come possiamo trarre conclusioni circa la natura dei buchi neri senza mai esserne stati all'interno, il nostro pensiero è oggi sufficientemente avanzato da poter comprendere le implicazioni della singolarità. E' proprio questo che ho cercato di fare in questo libro. 

 OK, una cosa alla volta. Mi sembra che una parte chiave della tua tesi sia che potremo catturare l'intelligenza dei nostri cervelli in una macchina.   

 Esatto. 

 Come faremo? 

 Prendendo una cosa alla volta, possiamo cominciare dai requisiti del software e dell'harware. Nel libro, mostro come abbiamo bisogno di circa 10^16 calcoli al secondo (cas) per ottenere un equivalente funzionale di tutte le regioni del cervello.  Si noti che alcune stime sono più basse di questa di un fattore di 100.  I supercomputer sono già a 100 trilioni (10^14) di cas e raggiungeranno i 10^16 cas verso la fine di questa decade. Parecchi supercomputer con un quadrilione di cas sono già in fase di progetto, con due gruppi giapponesi che mirano ai 10 quadrilioni per la fine di questo decennio. Entro il 2020, dieci quadrilioni di cas saranno disponibili a circa 1.000 dollari. La realizzazione dei requisiti hardware era controversa quando il mio ultimo libro su questo soggetto, The Age of Spiritual Machines, fu pubblicato nel 1999, ma è ormai il consenso fra gli osservatori bene informati. Ora la polemica si concentra sugli algoritmi.   

 E come ricreeremo gli algoritmi dell'intelligenza umana?   

 Per capire i principii dell'intelligenza umana dovremo ricorrere al reverse-engineering (ingegneria inversa) del cervello umano. In questo campo, il progresso è ben maggiore di quanto si pensi. La risoluzione spaziale e temporale delle tecniche di scanning del cervello sta progredendo ad un tasso esponenziale, raddoppiando approssimativamente ogni anno, come la maggior parte di tutto ciò che ha a che fare con l'informatica. Recentemente, gli scanner sono riusciti a rendere visibili i diversi collegamenti interneuronali, permettendone la osservazione del funzionamento in tempo reale. Già abbiamo modelli e simulazioni matematiche di un paio di dozzine di regioni del cervello, compreso il cervelletto, il quale contiene più della metà dei neuroni nel cervello. L'IBM sta lavorando ad una simulazione di circa 10.000 neuroni corticali, con decine di milioni di connessioni. La prima versione simulerà l'attività elettrica e una versione futura simulerà anche la relativa attività chimica. Una stima conservatrice suggerisce che intorno al 2025 avremo modelli efficaci per l'intero cervello.  

 Così a quel punto basterà semplicemente copiare un cervello umano in un supercomputer? 

 Io la metterei in un altro modo: a quel punto avremo una comprensione completa del funzionamento del cervello umano. Un beneficio secondario sarà che avremo ottenuto una comprensione profonda di noi stessi, ma l'implicazione chiave sarà l'espansione della gamma di tecniche che potremo applicare alla creazione di intelligenze artificiali. Potremo allora generare sistemi non-biologici comparabili per intelligenza agli esseri umani anche in quelle aree in cui gli esseri umani sono ora superiori, come nel caso delle nostre abilità di pattern-recognition. I computer superintelligenti che creeremo potranno fare cose a noi impossibili, come condividere conoscenze ed abilità a velocità elettroniche. 

 Entro il 2030, un computer da mille dollari sarà circa mille volte più potente di un cervello umano. Si tenga presente, inoltre, che i computer non saranno organizzati come oggetti separati, come sono oggi. Avremo invece una reta computazionale  profondamente integrata nell'ambiente, nel nostro corpo e nel nostro cervello. 

 Hai accennato ad una gamma di strumenti per l'intelligenza artificiale, ma mi sembra che in questo campo non si sia riusciti a soddisfare le aspettative. 

 L'interesse verso il settore dell'intelligenza artificiale è in forte rialzo, dopo la brusca caduta degli anni '80 che è stata simile a quanto successo più recentemente nel e-commerce e nelle telecomunicazioni. Tali cicli di boom and bust (espansione e contrazione) sono spesso preamboli di vere e proprie rivoluzioni; si ricordi il boom and bust del settore ferroviario nel diciannovesimo secolo. Così come il crollo delle aziende basate su Internet non ha rappresentato la fine di Internet, così il cosiddetto "inverno dell'intelligenza artificiale" non è stato la fine del settore. Esistono centinaia di applicazioni di intelligenza artificiale "stretta" (intelligenza artificiale che è uguale o superiore all'intelligenza umana in mansioni specifiche) che pervadono le infrastrutture moderne. Ogni volta che mandi un'email o usi il telefonino, degli algoritmi intelligenti gesticono le informazioni che invii. Programmi di intelligenza artificiale diagnosticano gli elettrocardiogrammi con un'esattezza paragonabile a quella dei medici, valutano radiografie, pilotano ed atterrano aeroplani, controllano  armi autonome intelligenti, prendono decisioni automatizzate di investimenti da   trilioni di dollari e guidano processi industriali. Questi erano tutti i progetti di ricerca solo vent'anni fa. Se tutto il software intelligente nel mondo dovesse smettere improvvisamente di funzionare, la civilizzazione moderna si fermerebbe.  Naturalmente, i nostri programmi di intelligenza artificiale non sono sufficientemente  intelligenti da organizzare una tal cospirazione, almeno non ancora. 

 Perchè così poca gente si rende conto dei profondi cambiamenti che ci aspettano?   

 Spero che il mio nuovo libro cambi questa situazione. Il problema principale è l'incapacità di molti osservatori di pensare in termini esponenziali. Le previsioni più a lungo termine di cosa possa essere tecnicamente fattibile in futuro sottovalutano i possibili sviluppi perché basate su quella che io chiamo l'interpretazione "lineare-intuitiva" del periodo storico piuttosto che su quella "esponenziale". I miei modelli matematici indicano che stiamo raddoppiando il tasso del cambio di paradigma ogni decade. Verso la fine del ventesimo secolo, il tasso di progresso stava già gradualmente accelerando. Tutto il progresso del ventesimo secolo, sarà ora eguagliato in circa venti anni di progresso al tasso del 2000. Avremo poi l'equivalente di altri venti anni di progresso nell'arco di soli altri quattordici anni (entro il 2014), per poi ottenere altrettanto progresso in soltanto sette anni. Mettimaola in un altro modo: nel ventunesimo secolo non avremo cento anni di progresso tecnologico, ma avremo invece l'equivalente di 20.000 anni di progresso (ripeto, misurato al tasso di progresso dell'anno 2000), o circa 1000 volte più di quanto realizzato nel ventesimo secolo. 

 Lo sviluppo esponenziale delle tecnologie informatiche è persino maggiore: ogni anno  stiamo raddoppiando la loro potenza, misurata sulla base del rapporto prezzo-prestazioni, della larghezza di banda disponibile, delle capacità e di molti altri tipi di misure. Si tratta di un fattore di mille in dieci anni, di un milione in venti anni e di un miliardo in trent'anni. Ciò va ben oltre la legge di Moore (la miniaturizzazione dei transistor su circuito integrato che ci permette di raddoppiare ogni anno il rapporto prezzo-prestazioni nell'elettronica). L'elettronica è solo un esempio fra molti. Si consideri che sono stati necessari 14 anni per sequenziare il virus responsabile per l'HIV, ma che recentemente abbiamo sequenziato quello della  SARS in solo 31 giorni. 

 Così questa accelerazione delle tecnologie dell'informazione si applica anche alla  biologia?   

 Assolutamente si. Non sono solo i dispositivi come computer, telefonini e  macchine fotografiche digitali che stanno accelerando come capacità. Tutto ciò che sarà considerato importante verrà sostanzialmente informatizzato. Con l'arrivo di mezzi di produzione nanotecnologici, a partire dal 2020, potremo utilizzare dispositivi economici e di dimensioni tali da essere utilizzabili in casa per produrre a richiesta quasi qualunque cosa vorremo partendo da economiche materie prime e usando processi informazionali che riorganizzeranno  materia ed energia a livello molecolare. 

 Soddisferemo le nostre esigenze energetiche con pannelli solari nanotecnologici in grado di convertire efficacemente l'energia di quello 0.03% della luce solare che raggiunge la Terra, e che è sufficiente a soddisfare le proiezioni delle nostre esigenze energetiche per il 2030. Immagazzineremo tale energia in cellule altamente distribuite.  

 Vorrei tornare sui temi della biologia e della nanotecnologia. Come puoi essere così sicuro di questi sviluppi? Non è sostanzialmente impossibile fare previsioni circa il progresso tecnico di specifici progetti?   

 In effetti non è possibile fare previsioni accurate per progetti specifici. Ma quello che è prevedibile sono le conseguenze generali di quel complesso, caotico, processo evolutivo che è il progresso tecnologico.  

 Intuitivamente, la gente suppone che in futuro il progresso continuerà come oggi. Anche coloro che hanno vissuto sufficientemente a lungo da aver sperimentato in prima persona come il tasso del cambiamento acceleri con il tempo, intuitivamente  pensano che il progresso proceda alla velocità più recentemente osservata. Dal punto di vista matematico, la ragione di questo fenomeno è che una curva esponenziale assomiglia ad una linea retta, se esaminata solo per un breve tratto. Di conseguenza, persino i commentatori specializzati, pensando al futuro, tipicamente utilizzano il tasso corrente di cambiamento nell'estrapolare il progresso dei dieci o cent'anni futuri. Ecco perchè descrivo questo modo di guardare al futuro come l'interpretazione "lineare-intuitiva". Ma una seria interpretazione della storia della tecnologia rivela che il progresso tecnologico è esponenziale. La crescita esponenziale è caratteristica di ogni processo evolutivo, di cui la tecnologia è un esempio primario. 

 Come dimostro nel libro, questo è quanto è successo con lo sviluppo biologico. Possiamo persino dire che lo sviluppo tecnologico è emerso dallo sviluppo biologico. Possiamo esaminare i dati disponibili in modi diversi, su scale cronologiche diverse e con un'ampia scelta di tecnologie, dall'elettronica alla biologia, così come per le loro implicazioni, variando dalla quantità totale di conoscenze raccolte dall'umanità, alle dimensioni dell'economia. Il risultato è sempre lo stesso: un tasso di progresso non lineare, ma esponenziale. Includo più di quaranta grafici nel libro, tratti da una vasta gamma di settori, che illustrano la natura esponenziale del progresso, misurato in termini di informazione. Per quanto riguarda il rapporto prezzo-prestazioni degli strumenti di calcolo, si noti che esso comincia più di un secolo fa, ben prima della  nascita di Gordon Moore. 

 Ma non ci sono molte previsioni del futuro, fatte in passato, che oggi sembrano ridicole? 

 Sì, potremmo citarne moltissime per sostenere che non possiamo fare previsioni certe.  In generale, però, tali previsioni non partivano da una metodologia basata su una solida teoria dello sviluppo tecnologico. E non lo dico solo ora, col senno di poi, dato che sono più di vent'anni che faccio previsioni, poi rivelatesi corrette, sulla base di questi modelli. 

 Ma come possiamo predire in maniera attendibile il progresso di queste tecnologie se non possiamo nemmeno predire il risultato di un singolo progetto? 

 Predire quale azienda o quale prodotto avrà successo è, in effetti, estremamente difficile, se non impossibile. La stessa difficoltà si presenta nel cercare di predire quale design o standard internazionale prevarrà [per una nuova tecnologia - NdT].  Per esempio, cosa succederà nei prossimi anni ai protocolli wireless Wimax, CDMA e 3G? Tuttavia, come illustro ampiamente nel libro, valutando l'efficacia generale delle tecnologie dell'informazione (misurata in vari modi) si notano tendenze esponenziali sorprendentemente precise e prevedibili. E come ho detto prima, l'informatica sarà, un giorno, alla base di tutto. 

 Ma come è possibile? 

 Esistono esempi, in altri settori scientifici, di risultati molto regolari e quindi prevedibili che derivano dall'interazione di numerosi ed imprevedibili eventi. Per esempio, è impossibile predire il percorso di una singola molecola in un gas, ma è possibile predire con precisione le proprietà di quel gas (che è composto da numerosissime  molecole che interagiscono caoticamente) conoscendo le leggi della termodinamica. Analogamente, non è possibile predire attendibilmente i risultati di un progetto specifico o il successo di una specifica azienda, ma le possibilità generali dell'informatica (composta da molte attività caotiche) possono essere previste con sufficiente precisione con quella che ho battezzato "la legge del ritorno accelerato."  

 Che impatto avranno tutti questi sviluppi? 

 Il prolungamento radicale della vita, per cominciare. 

 Interessante, ma come? 

 Nel libro, parlo di tre grandi rivoluzioni che si intrecciano, il cui acronimo è "GNR", cioè Genetica, Nanotecnologie e Robotica. Ognuna di queste risulterà, fra le altre cose, in un sostanziale  aumento alla longevità umana. Oggi, siamo nelle fasi iniziali della rivoluzione genetica o biotecnologica. La biotecnologia sta producendo gli strumenti necessari per modificare i nostri geni: non solo "designer babies", ma anche "designer baby-boomers". Potremo inoltre ringiovanire organi e tessuti trasformando le nostre cellule della pelle nella loro versione giovanile. Stiamo già lavorando su nuovi medicinali mirati con precisione a specifici eventi chiave del processo che porta dell'aterosclerosi (causa dei disturbi cardiaci), alla formazione di tumori e ai processi metabolici responsabili delle principali malattie e del processo dell'invecchiamento. La rivoluzione biotecnologia è agli inizi e raggiungerà il picco nella seconda decade di questo secolo. A quel punto potremo sconfiggere la maggior parte delle malattie e rallentare sostanzialmente il processo dell'invecchiamento. 

 Ciò ci porterà alla rivoluzione nanotecnologica, la quale maturerà nel decennio fra il   2020 e il 2030. Con le nanotecnologie potremo superare i limiti biologici e sostituire la versione odierna del "corpo umano 1.0" con la versione 2.0, la quale sarà spettacolarmente migliore e offrirà, fra le altre cose, l'estensione radicale della vita. 

 Come sarà possibile questa estensione della vita?   

 La "killer app" delle nanotecnologie sono i "nanobot" o nanorobot. Si tratta di robot  delle dimensioni di una cellula che possono muoversi liberamente nell'apparato circolatorio distruggento gli agenti patogeni, rimuovendo i prodotti di scarto, correggendo le mutazioni del DNA e riversando il processo dell'invecchiamento.  

 La versione 2.0 del corpo umano?! 

 Possiamo già osservare i primi tentativi di incrementare e sostituire i nostri organi Questo riguarda persino parti del cervello, il cui posto è preso da impianti neurali. Le versioni più recenti di questi impianti permettono ai pazienti di scaricare software dall'esterno. Nel libro, descrivo come ciascuno dei nostri organi potrà essere sostituito, un giorno. Per esempio, i nanobot potrebbero immettere direttamente nel flusso sanguigno tutte le sostanze nutrienti, gli ormoni e le altre sostanze di cui abbiamo bisogno, allo stesso tempo rimuovendo le tossine e i prodotti di scarto. Il tratto gastrointestinale potrebbe essere riservato per i piaceri della cucina, invece che per la noiosa funzione biologica di estrarre nutrienti dal cibo. Dopo tutto, abbiamo già in parte separato gli aspetti piacevoli e di intimità del sesso dalla sua funzione biologica. 

 E la terza rivoluzione? 

 La rivoluzione robotica, che in realtà dovremmo chiamare la rivoluzione dell'Intelligenza Artificiale "forte" di cui abbiamo parlato più sopra, porterà a intelligenze artificiali dalle capacità paragonabili a quelle del cervello umano.  Avremo sia l'hardware che il software necessario a ricreare l'intelligenza umana entro il 2030. A quel punto potremo migliorare questi metodi sfruttando la velocità, la memoria e l'abilità di condividere informazioni tipiche delle macchine. Infine potremo esplorare tutti i particolari salienti dei nostri cervelli dall'interno, con   miliardi di nanobot nei vasi capillari e potremo anche creare dei back-up delle informazioni raccolte. Usando poi tecniche di produzione basate sulle nanotecnologie,  potremo ricreare il nostro cervello o, meglio ancora,  installarlo su di un più efficiente substrato computazionale. 

 Il che significa…? 

 I nostri cervelli biologici usano segnali chimici che permettono di trasmettere  informazioni ad una velocità di solo alcune decine di metri al secondo. L'elettronica è già milioni di volte più veloce. Nel libro illustro come dei circuiti fatti di nanotubi sarebbero circa cento milioni di volte più potenti di un  cervello umano, in un volume di circa 2,5 centimetri cubi. Avremo quindi sistemi molto più potenti delle nostre  estremamente lente sinapsi, su cui installare la nostra intelligenza. 

 Così sostituiremo i nostri cervelli biologici con dei circuiti? 

 Penso che cominceremo con l'utilizzo di nanobot nel corpo e nel cervello. I nanobot ci manterranno in buona salute; offriranno realtà virtuale non distinguibile dalla realtà in quanto direttamente collegata al sistema nervoso; permetteranno la comunicazione diretta da cervello a cervello via Internet e, in genere, causeranno un'incremento sostanziale  dell'intelligenza umana. Ma si tenga presente che l'intelligenza non-biologica sta raddoppiando ogni anno le sue capacità, mentre la nostra intelligenza biologica, essenzialmente, non cambia. Negli anni '30 (2030), la parte non-biologica della nostra intelligenza predominerà. 

 Se ho capito bene, però, la tecnologia di prolungamento della vita più a portata di mano è la biotecnologia, giusto? 

 Sostanzialmente, hai ragione, anche se esiste certamente un sovrapporsi delle tre rivoluzioni di cui ho parlato (genetica, nanotecnologia e robotica).   

 Potresti spiegarmi meglio come funzionano le biotecnologie e la genetica? 

 Stiamo scoprendo il funzionamento dell'aspetto "informatico" dei sistemi biologici e stiamo creando gli strumenti necessari ad acquistarne la padronanza allo scopo di sconfiggere malattie ed invecchiamento e di incrementare il potenziale umano. Il metodo migliore penso sia di partire dalla base portante di tutte delle informazioni biologiche: il genoma. Grazie alle tecnologie genetiche, stiamo per irrompere nella stanza dei bottoni dei geni. Ora abbiamo anche un nuovo ed efficace strumento  denominato interferenza del RNA (RNAi), che è capace di "spegnere" geni specifici bloccando l'azione del RNA messaggero da essi prodotto, così impedendo la generazione di proteine. Dato che malattie virali, tumori e molti altri disturbi utilizzano l'espressione genetica in momenti cruciali del loro ciclo di vita, l'interferenza RNA promette di rivelarsi un'innovazione rivoluzionaria. Un gene che vorremmo "spegnere" è il "fat insulin receptor gene" che dice alle cellule grasse di immagazzinare ogni caloria. Quando quel gene è stato bloccato nel topo di laboratorio, i topi sono rimasti magri e sani pur mangiando quanto volessero e sono persino vissuti più a lungo (del 20%). 

 Stanno anche iniziando ad apparire nuovi metodi per aggiungere geni al genoma. Hanno ormai superato i problemi iniziali dovuti alle difficoltà di inserire le nuove informazioni genetiche esattamente dove desiderato. Un'azienda con la quale ho collaborato, la United Therapeutics, ha curato l'ipertensione polmonare, in animali da laboratorio, usando una nuova forma di terapia genetica che è stata poi approvata per test su esseri umani. 

 Quindi potremo riprogrammare il nostro DNA. 

 Esatto, ma è soltanto una delle cose che faremo. Un'altra importante strategia è di far ricrescere le nostre cellule, i nostri tessuti e perfino i nostri organi in modo di introdurli nei nostri corpi senza chirurgia. Un beneficio importante di questa tecnica di "clonazione terapeutica" è che potremo generare  nuovi organi e tessuti da versioni delle nostre cellule che sono state ringiovanite - sarà insomma un  intervento di ringiovanimento. Per esempio, potremo generare nuove cellule cardiache dalle cellule della pelle ed introdurle attraverso la circolazione sanguigna. Col tempo, le cellule cardiache saranno sostituite con queste nuove cellule ed il risultato sarà un cuore "giovane" con il nostro DNA 

 La scoperta di nuovi medicinali era una volta basata sullo scoprire quali sostanze   producessero un certo effetto benefico senza eccessivi effetti collaterali. Questo processo era simile a quello usato dagli uomini delle caverne per scoprire attrezzi. In pratica potevano solo trovare roccie o rami che potessero essere utilizzati ad un certo scopo. Oggi, invece, stiamo scoprendo i precisi meccanismi biochimici alla base sia del processo di invecchiamento che delle malattie e possiamo progettare medicinali in grado di effettuare precise "missioni" a livello molecolare. La portata e le prospettive di queste innovazioni sono enormi. 

 Ma il perfezionamento della nostra biologia non sarà sufficiente. Una volta conquistata una profonda comprensione della biologia, essa non potrà più competere con ciò che saremo in grado di ingegnerizzare.   

 Intendi dire che i "design" della natura non sono ottimali? 

 Esatto. Le nostre connessioni neuronali processano circa 200 transazioni al secondo, in altre parole sono almeno un milione di volte più lente dell'elettronica. Un altro esempio: un teorico della nanotecnologia, Rob Freitas, ha un progetto concettuale per la costruzione di alternative nanorobotiche ai globuli rossi. Una stima conservatrice indica che sostituendo il 10 per cento dei nostri globuli rossi con i "respirociti" di Freitas potremmo rimanere sott'acqua per quattro ore senza respirare. 

 Ma se la morte diverrà solo un'opzione, non saremo condannati alla sovrappopolazione? 

 Un tipico errore commesso quando si prende in considerazione il futuro, è quello di  prevedere un cambiamento importante, quale l'estensione radicale delle aspettative di vita, pensando che tutto il resto rimanga invariato. Le rivoluzioni GNR provocheranno anche altre profonde trasformazioni che avranno un impatto sulla questione della sovrappopolazione. Per esempio, le nanotecnologie ci permetteranno di creare  virtualmente qualunque prodotto di cui avremo bisogno utilizzando informazioni e materie prime estremamente economiche. Ciò porterà ad un rivoluzionario livello di ricchezza diffusa. Avremo i mezzi per soddisfare le esigenze materiali di qualunque popolazione di esseri umani biologici immaginabile. Le nanotecnologie ci permetteranno, inoltre, di correggere i danni ambientali causati dalle fasi precedenti dell'industrializzazione. 

 Quindi… sconfiggermo le malattie, l'inquinamento e la povertà - mi sembra un'utopia. 

 E' vero che gli enormi sviluppi tecnologici dei prossimi vent'anni metteranno a disposizione della civilizzazione umana i mezzi necessari a superare problemi con cui ci siamo confrontati per secoli. Ma questi sviluppi non sono privi di pericoli. La tecnologia è una lama a doppio taglio - basta guardare al ventesimo secolo per vedere le promesse e pericoli della tecnologia. 

 Quali sono i pericoli? 

 Genetica, Nanotecnologie e Robotica hanno tutte degli aspetti potenzialmente negativi. Il rischio "esistenziale" [un rischio che metterebbe in discussione l'esistenza stessa della nostra civilizzazione - ndr] delle tecnologie genetiche è già con noi: la stessa tecnologia che presto farà importanti passi in avanti contro il cancro, le malattie cardiocircolatorie e altre malattie, potrebbe anche essere impiegata da un bioterrorista per creare un virus ingegnerizzato che unisca facilità di trasmissione, letalità e capacità di passare inosservato, cioè un lungo periodo di incubazione. Gli strumenti e le conoscenze necessarie sono molto più diffusi degli strumenti e delle conoscenze necessarie a costruire una bomba atomica e l'effetto potrebbe essere ben più devastante. 

 Allora, forse, dovremmo fermarci finchè possiamo. 

 E' troppo tardi per fermarsi. Ma l'idea di abbandonare le nuove tecnologie, quali la biotecnologia e le nanotecnologie, è già sostenuta da alcuni. Nel libro affermo che questa sarebbe la strategia sbagliata. Oltre a privare la società dei profondi benefici di queste tecnologie, tale strategia aggraverebbe i pericoli, in quanto spingerebbe i ricercatori ad agire nell'illegalità, una situazione in cui gli scienziati responsabili non avrebbero facile accesso agli strumenti necessari per difenderci. 

 Come possiamo proteggerci, quindi? 

 Discuto le strategie per proteggerci dagli abusi o dagli incidenti legati a queste potenti tecnologie nel capitolo 8. Il messaggio è che dobbiamo dare priorità alla preparazione di strategie e di sistemi protettivi. Dobbiamo spostare l'enfasi dalla parte della protezione. Ho testimoniato al Congresso circa la proposta di un progetto per la creazione di un sistema di rapida risposta per la protezione civile di fronte a nuovi, virulenti, agenti infettivi. Si tratta di un progetto in stile progetto Manhattan. Una strategia sarebbe di usare RNAi, che è stato indicato come efficace contro le malattie virali. L'idea sarebbe di allestire un sistema in grado di analizzare rapidamente un nuovo virus, formulare un intervento di interferenza del RNA e altrettanto rapidamente cominciarne la produzione. Abbiamo le conoscenze necessarie per creare un sistema simile, ma non lo abbiamo fatto. Dobbiamo avere qualcosa del genere in funzione prima che sia troppo tardi. 

 Più avanti, tuttavia, le nanotecnologie forniranno una difesa completamente efficace contro i virus biologici. 

 Ma non esiste il pericolo dell'auto-replicazione, con le nanotecnologie? 

 Sì, ma si tratta di un pericolo potenziale che non si manifesterà per un paio di decenni.  La minaccia alla nostra esistenza da parte di virus biologici ingegnerizzati, invece, è attuale. 

 OK, ma come ci difenderemo da una nanotecnologia auto-replicante? 

 Ci sono già proposte di standard etici per le nanotecnologie basati sulla conferenza di Asilomar e che finora hanno dato buoni risultati nel settore biotecnologico. Questi standard saranno efficaci contro i pericoli involontari. Per esempio, non avremo bisogno di avere la capacità dell'auto-replicazione per avere sistemi produttivi  nanotecnologici. 

 E per quanto riguarda gli abusi intenzionali, come nel caso del terrorismo? 

 Dovremo creare un sistema immunitario nanotecnologico - nanobot "buoni" che ci proteggano dal quelli "cattivi". 

 "Poltiglia blu" per difenderci dalla "poltiglia grigia"!  

 ["grey goo" o poltiglia grigia: scenario apocalittico in cui nanomacchinari autoreplicanti sfuggiti di controllo e in grado di nutrirsi di qualunque sostanza, si moltiplicano all'infinito trasformando l'intera biosfera in una massa indistinta di altri nanomacchinari autoreplicanti, in altre parole, in una enorme poltiglia grigia. "Blue goo": in inglese, il blu ricorda il colore delle uniformi della polizia, qundi si potrebbe tradurre l'espressione di Kurzweil come "polizia anti-goo" - ndr] 

 Sì, è un'ottima descrizione. E i nanobot del sistema immunitario nanotecnologico dovranno essere loro stessi auto-replicanti. Ho dibattuto questo fatto con un certo numero di altri teorici e nel libro spiego perchè ritengo che ciò sarà necessario. E', in pratica, lo stesso approccio adottato dall'evoluzione biologica. 

 Alla fine, tuttavia, sarà l'intelligenza artificiale "forte" che fornirà una difesa completamente efficace contro lo scenario della "grey goo". 

 D'accordo, ma chi ci proteggerà, allora, da una intelligenza artificiale impazzita?  

 Beh, non potrebbe essere altro che una IA ancora più intelligente. 

 Tutto questo comincia a ricordarmi quella storia circa l'universo che sarebbe sulla schiena di una tartaruga, la quale sarebbe sulla schiena di un'altra tartaruga e così via all'infinito. E cosa faremo se questa IA più intelligente fosse ostile? Un'altra IA ancora più intelligente? 

 La storia ci insegna che le civilizzazioni più intelligenti - quelle cioè che hanno una tecnologia più avanzata - prevalgono. Ma ho elaborato una strategia generale per confrontare una IA ostile, e ne discuto nel capitolo 8. 

 OK, quindi dovrò leggermi il libro per capire cosa intendi! Ma non ci sono limiti allo sviluppo esponenziale? Hai presente la storia dei conigli in Australia - non hanno continuato a crescere esponenzialmente per sempre… 

 Ci sono limiti allo sviluppo esponenziale inerente ad ogni paradigma. Tieni presente, però, che la legge di Moore, per esempio, non era il primo paradigma ad aver causato lo sviluppo esponenziale nel settore informatico, ma il quinto. Negli anni 50, per mantenere lo sviluppo esponenziale, stavano miniaturizzando le valvole elettroniche, finchè quel paradigma non ha potuto andare oltre. Ma lo sviluppo esponenziale dell'informatica non si è arrestato, ha continuato a procedere con un nuovo paradigma, quello del transistor. Ogni volta che intravediamo l'inizio della fine di un  paradigma, il suo avvicinarsi genera la motivazione necessaria alla ricerca e sviluppo che risultano nella nascita del paradigma successivo. E' quello che sta accadendo alla legge di Moore, anche se ci vorrano ancora circa quindici anni prima di raggiungere il limite massimo della nostra capacità di miniaturizzazione. Stiamo realizzando spettacolari  progressi in direzione del sesto paradigma, quello della computazione molecolare tridimensionale. 

 Ma non c'è un limite assoluto alla nostra capacità di espandere la potenza di calcolo? 

 Sì, discuto questi limiti nel libro. Il più potente computer immaginabile, nella categoria di peso di circa un chilogrammo, potrebbe offrire 10^42 cps. Esso sarebbe,  quindi, circa 10^16 volte più potente di tutti i cervelli umani oggi in esistenza messi insieme. E ciò solo se limitiamo il calcolatore ad operare a temperatura ambiente. Permettendogli di surriscaldarsi, potremo aumentarne la potenza di un fattore di altri 100 milioni. E, naturalmente, dedicheremo ben più di un kilogrammo di materia alla computazione: dedicheremo a quello scopo una significativa parte della materia e dell'energia nelle nostre vicinanze. Quindi, certo, ci sono dei limiti, ma non ci limiteranno molto… 

 E quando avremo saturato la capacità della materia e dell'energia del sistema solare di sostenere processi intelligenti, cosa accadrà allora? 

 Ci espanderemo nel resto dell'universo. 

 Presumo che per questo ci vorrà molto tempo. 

 Beh, dipende. Se potremo usare i wormhole o, alternativamente, se riusciremo ad aggirerare il problema della velocità della luce, allora potremo raggiungere rapidamente altre zone dell'universo. Se i wormhole si dimostreranno fattibili, e le analisi mostrano che non contraddicono la teoria della relatività, potremmo saturare l'universo con la nostra intelligenza nel giro di un paio dei secoli. Mi occupo di queste prospettive nel capitolo 6. Ma al di là delle speculazioni circa i wormhole, raggiungeremo i limiti computazionali del nostro sistema solare entro questo secolo. A quel punto, avremo incrementato la nostra intelligenza trilioni e trilioni di volte. 

 Tornando all'estensione della vita, non è naturale invecchiare e morire? 

 La malaria, il virus Ebola, l'appendicite e gli tsunami sono anche loro naturali. Sono molte le cose naturali che varrebbe la pena cambiare. L'invecchiamento può essere "naturale," ma non vedo nulla di positivo nel perdere la mia agilità mentale, l'acutezza dei sensi, l'agilità fisica, il desiderio sessuale, o qualunque altra caratteristica.  

 Secondo me, la morte è una tragedia. È una perdita tremenda di personalità, abilità, conoscenza, relazioni. Abbiamo razionalizzato la morte come un qualcosa di accettabile perché non avevamo scelta. Ma le malattie, l'invecchiamento e la morte sono problemi che siamo ora in grado di superare. 

 Aspetta un momento. Non hai detto che l'era dorata della biotecnologia non arriverà per un altra decina d'anni? Oggi il prolungamento radicale della vita non esiste, no? 

 Nel mio libro precedente, "Fantastic Voyage, Live Long Enough to Live Forever", che ho scritto insieme a Terry Grossman, descrivo in dettaglio un programma presonalizzabile che può essere implementato oggi (quello che  chiamiamo il "ponte" numero uno). Esso permetterebbe alla maggior parte della popolazione di vivere abbastanza a lungo da arrivare alla fase matura dello sviluppo delle biotecnologie (il "ponte" numero due). Le biotecnologie, a loro volta ci porteranno al "ponte" numero tre, le nanotecnologie e l'intelligenza artificiale forte, che risulteranno nella possibilità di vivere indefinitamente. 

 D'accordo, ma non sarà noioso vivere centinaia e centinaia d'anni? 

 Se gli esseri umani vivessero centinaia d'anni in assenza di altri cambiamenti, allora sì che il risultato sarebbe un malessere profondo. Ma gli stessi nanobot nel nostro sistema circolatorio che ci manterranno in buona salute distruggendo gli agenti patogeni e fermando il processo dell'invecchiamento, aumenteranno notevolmente la nostra intelligenza e la nostra gamma di esperienze. Come è naturale, la parte non-biologica della nostra intelligenza espanderà le proprie capacità esponenzialmente e, alla fine, predominerà.  Il risultato sarà una situazione di cambiamenti accelerati - non penso proprio che ci annoieremo. 

 La singolarità non potrebbe risultare in un "digitale divide" estremo, dovuto ad inequo accesso all'estensione radicale della vita e ai computer superintelligenti? 

 Dobbiamo considerare una car