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Dal boia al chirurgo: traffici di morte in Cina

di Michele Farina - 26/05/2008

Libro-choc svela: il 95 % dei trapianti con organi di condannati alla pena capitale

Dal boia al chirurgo: «Il 95% degli organi trapiantati in Cina — dice Harry Wu — viene da cadaveri di condannati a morte». Le prove? «Nel 2006 l'ha ammesso lo stesso vice ministro della Sanità di Pechino. Alla fine hanno dovuto riconoscerlo. Noi lo denunciamo da anni. C'è un documento segreto datato 1984, firmato da sei responsabili governativi tra cui il ministro della Sicurezza Nazionale, che dava il via libera all'utilizzo dei giustiziati ». Di nascosto? «Sì. Le ambulanze che seguivano i condannati sul luogo dell'esecuzione dovevano essere anonime, con le targhe coperte». E oggi? «È permesso dalla legge. A tre condizioni, che di fatto vengono spesso aggirate ». Quali? «Il consenso degli interessati, l'ok delle famiglie. Il caso in cui nessuno reclami il corpo». Succede spesso? «Prenda me. Ho passato 19 anni nei laogai (campi di lavoro) per aver criticato il governo. Potevo essere giustiziato in ogni momento. La mia famiglia non l'avrebbe saputo. Mia madre morta suicida, mio padre prigioniero, i miei fratelli mi avevano rinnegato. Nessuno avrebbe chiesto il mio cadavere. Ho visto tanta gente morire così. Non ci sono regole che costringano le autorità a informare le famiglie. Dal 1949 il governo cinese rifiuta di dare notizie sulle esecuzioni».
Harry Wu ha 71 anni. È diventato cittadino americano. Vive a Washington, dove presiede la «Laogai Research Foundation » che gode dei finanziamenti (bipartisan) del National Endowment for Democracy. Da oggi a mercoledì 28 maggio sarà in Italia per presentare il volume «Cina Traffici di morte/Il commercio degli organi dei condannati» (Guerini e Associati, pagg. 208, euro 21,50). Secondo Wu in Cina ci sono 600 ospedali pubblici coinvolti in questo business di Stato. «La Cina è il secondo Paese al mondo per trapianti di organi: 13 mila all'anno contro i 15 mila degli Usa. Ma in Cina non c'è la cultura della donazione, si deve morire interi. Per questo si sfruttano i condannati, cosa proibita in America». Lei è contro la pena capitale? «Sì, sono abolizionista. Ma in Cina è troppo presto per questa campagna. Noi chiediamo al governo cinese che almeno renda pubblici i dati e le modalità delle esecuzioni». Difficile che i condannati accettino liberamente di donare gli organi. «Non c'è trasparenza. A occuparsene sono sempre i servizi di sicurezza. Noi abbiamo raccolto testimonianze su moltissimi casi. Dai dottori ai pazienti, anche stranieri: giapponesi, thailandesi. Le esecuzioni possono avvenire negli stessi ospedali». Chi lo dice? «L'ha raccontato un medico cinese fuggito in America. Un caso fra tanti. Cercavano un cuore. Il medico responsabile è andato nel braccio della morte. Ha individuato un possibile donatore. Lui ha rifiutato. Il medico gli ha chiesto come se la passava. Male: era nudo, incatenato mani e piedi, gli altri detenuti gli avevano rubato persino i vestiti. Facciamo uno scambio, ha detto il medico. Tu mi dai il cuore, io faccio in modo che ti tolgano le catene, ti ridiano i vestiti, ogni giorno ti manderò cibo da fuori: anche il vino. Il condannato ha detto sì. Quando è venuto il giorno, l'hanno portato in un cortile nel retro dell'ospedale. In una sorta di garage c'era una sala operatoria attrezzata. Gli hanno sparato alla testa, espiantato il cuore. E poi subito il trapianto. Riuscito». Quando è stato? Negli anni '90. Abbiamo i documenti. È uno dei tanti casi. Molti dottori hanno testimoniato. Per questo in America c'è una legge che proibisce ai chirurghi cinesi di visitare gli Usa». I medici cosa dicono? «Ho visitato ospedali in Cina nel 1994. Dicono che la provenienza degli organi non è un problema loro, che tanto i condannati morirebbero comunque. Ma non è giusto, non è umano». Si stima che la Cina metta a morte oltre 10 mila persone l'anno. Il super-lavoro del boia è dovuto alla richiesta di organi? «Non posso dire questo. Quello che so è che, a seconda delle esigenze degli ospedali, si può decidere chi deve morire subito e chi può aspettare». Nel braccio della morte cinese meglio avere un cuore malandato.
PER SAPERNE DI PIÙ. I link con i siti della fondazione di Harry Wu sono su www.corriere.it