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La «Banca mondiale delle saggezze»

di Marinella Correggia - 26/05/2008


 

Dalla produzione agricola in ambienti estremi alla protezione dei suoli, dalla raccolta e conservazione dell'acqua piovana al trattamento naturale delle malattie, dall'architettura bioclimatica alla gestione dell'energia, dal riciclaggio delle risorse all'organizzazione sociale: le conoscenze tradizionali e le loro applicazioni sono un patrimonio di diversità la cui tutela è necessaria, come quella della biodiversità degli ecosistemi naturali.
Il problema è che la tutela è scarsa, per non dire del recupero. Così, secondo lo studio 2010 and beyond: Rising to the Biodiversity Challenge, realizzato dal Wwf internazionale e presentato alla conferenza Onu sulla biodiversità in corso a Bonn, oltre un quarto delle specie animali sono scomparse fra il 1970 e il 2005 in seguito all'azione umana: dalla deforestazione alla pesca industriale, dalla desertificazione ai cambiamenti climatici, flora e fauna continuano a morire. E se qualche specie sta recuperando, non ci sono globalmente segni di inversione di tendenza; anzi.
Parallelamente stanno scomparendo sagge tradizioni sviluppate dai diversi popoli mentre per un beffardo destino quelle cattive mostrano di avere la pelle dura (le «streghe» continuano a essere bruciate). Eppure a partire dal Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro (1992) le Nazioni Unite hanno riconosciuto che le tecniche e conoscenze tradizionali sono parte della soluzione ai problemi ambientali e ai cambiamenti climatici perché capaci di interagire con l'ambiente senza minarlo. Occorre un piano di lavoro organico per recuperarle, repertoriarle, disseminarle anche altrove rispetto al loro bacino d'origine, farle rivivere e anche riapplicarle adattandole. Al tempo stesso vanno protette dalla rapacità di chi potrebbe appropriarsene applicandovi un bel brevetto.
E qui viene il bello: una banca mondiale che non c'entra con la Banca mondiale. E' in via di costruzione la Wbtk, ovvero World Bank on Traditional Knowledge (Banca mondiale dei saperi tradizionali), coordinata dall'architetto e urbanista Pietro Laureano, consulente dell'Unesco per le zone aride, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo. La Wbtk (www.tkwb.org) è stata promossa dalle istituzioni italiane e da organizzazioni dell'Onu e sarà gestita dal centro di ricerche Ipogea. Un suo effetto collaterale positivo, spiega Laureano, sarà «evitare la brevettazione: i diritti di proprietà intellettuale possono intervenire e appropriarsi di una conoscenza tradizionale solo quando questa non è 'notoria'. Il Centro dunque notificherà all'Ufficio europeo dei brevetti quanto ha raccolto e inventariato». Riecheggia la cartolina della campagna «Senza patente», condotta da un gruppo di Ong italiane aderenti al Cocis: «Saggezze del mondo. Se le conosci non le rubano» .
Gli adattamenti a situazioni climatiche difficili sviluppati nei secoli dalle diverse culture sono sofisticati e poveri al tempo stesso: dall'idrogenesi (raccolta dell'acqua dall'umidità notturna) ai muri di protezione per frutteti e orti, dalle cisterne sui tetti ai vivai portatili, dalle barriere antivento ai laghetti collinari antierosione, dall'irrigazione parsimoniosa agli orti pensili, dalla coltivazione nomade al raffrescamento naturale delle case... «Tecniche tradizionali che possono essere la base per l'innovazione tecnologica, anche in aree urbane», dice Laureano.
Certo però la saggezza tradizionale può poco se non cambiano i grandi sistemi. Anche la più sapiente e centellinante raccolta dell'acqua non può sconfiggere il fatto che l'80% delle risorse idriche è utilizzato nell'agricoltura intensiva; e si impone un ritorno a cultivar che non richiedono irrigazione. E guarda un po': anche la Banca mondiale, la World Bank, proprio lei, sta sostenendo progetti di recupero e diffusione delle conoscenze tradizionali. Soprattutto nel campo del recupero delle cure a base di erbe (anche contro patologie «nuove» come l'Aids), in Africa e Asia. Economiche ed efficaci...finché non saranno brevettate.