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L'«alternativa» Pacolli avanza, da Boris Eltsin al Kosovo

di Giulietto Chiesa - 24/01/2006

Fonte: Comedonchisciotte

   
Sponsorizzato dagli Stati uniti, il grande «riciclatore» di danaro sporco costruisce l'Università americana di Pristina

E' morto Ibrahim Rugova. Mentre compare sulla scena politica del Kosovo il signor Behgjet Pacolli, il proprietario della Mabetex, colui che - secondo la magistratura di Lugano - aiutò Boris Eltsin non solo a dotarsi di una sontuosa carta di credito appoggiata a una banca svizzera, ma - secondo la magistratura di Trento - fu il riciclatore di alcune decine di milioni di dollari per conto della «Famiglia» di Boris Eltsin, nonché per la compravendita di alcuni aerei militari venduti da Rosvooruzhenie a un paese latino-americano attraverso i servizi segreti russi dell'epoca, e che fruttarono tangenti per altre decine di milioni di dollari. Il cuore di un vorticoso movimento di capitali mafiosi dalla Russia verso banche occidentali e offshore vari, tutti facenti capo ai vertici politici della Russia eltsiniana, passati tutti attraverso il signor Pacolli (ex marito di Anna Oxa). Su Rugova non ha mai perso l'occasioni di dire: «Ora è tempo che si faccia da parte». Adesso Pacolli entra in politica non senza essersi conquistato appalti perfino nella lontana Astana, capitale nuova di zecca del Kazakhstan di Nursultan Nazarbaev. Gli unici leader kosovari disponibili sulla piazza sono rinomati assassini dell'ex Uck, alcuni perfino (formalmente) incriminati dal tribunale dell'Aja come Ramush Haradinaj.

Impresentabili dunque perfino di fronte a una Europa disposta a non vedere e a non sentire. E il «nostro» Pacolli intanto si è offerto di costruire - di tasca propria, i lavori già fervono - la nuova Università americana di Pristina. Circa venti milioni di dollari. L'università americana di Pristina nascerà con i proventi dei furti perpetrati ai danni dei cittadini russi. Gli europei mandano in giro, a fare da mediatore, l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari; gli americani, oltre alla più grande base militare europea di Bondsteel, si fanno costruire a Pristina, gratis, la loro università, quella con cui costruiranno i «quadri» della futura indipendenza kosovara. Perché stupirsi se le azioni di Pacolli sono in veloce crescita anche a Washington, visto che è là che si decide la sorte del Kosovo. Con i soldi guadagnati riciclando i denari che Eltsin rubava ai russi, il dinamico Behgjet ha messo in piedi una grande lobby negli Usa, denominata «Alleanza per un nuovo Kosovo», che annovera tra i suoi sponsor l'ex segretario alla Difesa Frank Carlucci, presidente emerito del Gruppo Carlyle. Le idee dell'«Alleanza per un nuovo Kosovo» sono state messe a punto, secondo il Financial Times, alla fine del mese di novembre in una riunione nel rinomato Metropolitan Club di Washington. I concetti sono semplici e chiari: se Belgrado cerca di resistere alla prospettiva di abbandonare definitivamente il Kosovo, bisognerà imporglielo. L'Europa recalcitrante dovrà essere «spintonata». L'essenziale è far sapere che Bush ha rotto gl'indugi. E l'Unione europea si adegua. Il mediatore Ahtisaari preme su Belgrado e sul presidente Boris Tadic perché accettino «l'inevitabile». Altrimenti è pronta l'accelerazione del referendum che separerà il Montenegro dalla Serbia. Intanto si «lavora» per trasformare l'«inevitabile» in realtà. Come dimostra la fuga ormai irrefrenabile dei serbi e il terrore contro quelli rimasti in Kosovo. Chi rimane rischia la vita. La contropulizia etnica non ha sosta. Pacolli è l'uomo della provvidenza. Già lo vediamo apparire a Pristina in pompa magna, scortato dalle guardie del corpo del gruppo Carlyle.