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Prussia, l’esercito bonsai di Federico il Grande

di Alessandro Barbero - 28/05/2008

    
Lo storico Alessandro Barbero analizza la storia e la funzione politica, sociale ed educativa avuta dai soldatini nell’Europa dei secoli XVII-XIX. Il loro uso nasce con le monarchie assolute del ‘600 e ‘700 in conseguenza dell’organizzazione degli eserciti regolari identificati da un’uniforme e da una forte disciplina militare.
Appannaggio dei sovrani, sia bambini che adulti, di solito i soldatini erano fatti di cartapesta e in certi casi di metalli preziosi, come l’argento. Per Barbero, però, è il XIX secolo che segna la diffusione di massa dei soldatini, grazie all’uso dello stagno, ma soprattutto perché si afferma lo Stato nazionale di cui il soldato è considerato il difensore e protettore. Di conseguenza i soldatini entrano a far parte dell’educazione all’orgoglio patrio di ciascun bambino.


Più che un giocattolo, i soldatini sono una metafora del potere. Non per nulla li hanno inventati i Faraoni: al museo del Cairo sono esposti due reparti di soldatini di legno, fanteria pesante egiziana e arcieri numidi, ritrovati nella tomba di un principe che voleva continuare a comandare nella vita futura come aveva fatto in questa. Anche il primo imperatore Qin, che unificò la Cina due secoli prima di Cristo, desiderava continuare le sue conquiste nell’altro mondo, e ovviamente aveva bisogno di un esercito. Perciò si fece seppellire a Xian con oltre ottomila guerrieri di terracotta; che peraltro è arduo definire “soldatini”, visto che sono a grandezza naturale, e tutti diversi l’uno dall’altro.
In Europa, l’epoca del soldatino comincia con le monarchie assolute del Sei-Settecento. Quei sovrani sono i primi a non comandare più squadre di vassalli armati ed equipaggiati ciascuno a proprie spese, come i re del Medioevo, o bande di mercenari reclutati da imprenditori privati, come i monarchi del Rinascimento: ora gli eserciti sono composti da reggimenti regolari, vestiti con divise fornite dal governo, e addestrati a marciare in ordine chiuso con la precisione d’una macchina. È naturale che nasca il desiderio di riprodurre in miniatura le loro formazioni meravigliosamente ordinate, espressione della superiore razionalità dello Stato. Imparando, fin dalla più tenera età, a manovrare reggimenti e a mandarli con un cenno al massacro, i principini si abituano senza accorgersene al loro mestiere di re.
Non tutti si accontentavano dei giocattoli. All’inizio del Settecento il principe ereditario di Prussia, il futuro Federico il Grande, si vide regalare dal padre una compagnia di soldatini in carne e ossa, bambini della sua età vestiti in uniforme, e poté divertirsi a farli manovrare sulla piazza d’armi di Potsdam [...]. Gli altri principi si accontentavano di soldatini di cartapesta o magari d’argento, come quelli del Re Sole: che peraltro da adulto li fece fondere in un momento di difficoltà finanziaria, per la disperazione dei collezionisti d’oggi.
L’Ottocento è il vero secolo del soldatino. Diventato un prodotto di massa, grazie al diffondersi dello stagno, è anche mezzo di propaganda e di riscrittura della storia. Nel 1838 il capitano William Siborne espose a Piccadilly un colossale diorama della battaglia di Waterloo, di sei metri per otto, con ben settantamila soldatini. Siborne, che sperava di arricchirsi con quell’opera, aveva impiegato otto anni per allestirla e si era indebitato fino al collo; dovendo attrarre visitatori a tutti i costi, preferì ignorare il contributo delle truppe olandesi, belghe e tedesche, che costituivano l’ottantasette per cento delle forze alleate, ed esaltare spudoratamente l’eroismo di quelle britanniche. Il duca di Wellington fece sapere che non intendeva avallare un’operazione del genere, e si rifiutò sempre di andare a vedere i soldatini di Siborne; ma il capitano era ormai accreditato come la massima autorità su Waterloo, e pubblicò una storia della battaglia che fece subito testo, alimentando lo sciovinismo dell’Inghilterra vittoriana.
Il trionfo ottocentesco del soldatino va di pari passo con l’affermazione dello stato nazionale: ormai il soldato in uniforme non è più visto come lo strumento della tirannia, ma come il difensore della patria, e i soldatini fanno parte dell’educazione di tutti quelli che possono permetterseli. Il divario classista comunque rimane: le immagini di Epinal ritagliate dai bambini borghesi servivano a convincerli che è bello e nobile marciare inquadrati seguendo la bandiera, ma gli squadroni e le batterie con cui giocava il piccolo Winston Churchill al castello di Blenheim avevano lo scopo chiarissimo di creare un condottiero. Sovrani e ministri del 1914 furono gli ultimi a giocare, da adulti, con reggimenti di uomini veri in divise sgargianti, così simili, per bellezza e meccanica obbedienza, a quelli di piombo che avevano manovrato da bambini. [...]