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E se ci vendessimo un rene?

di Stefano Montanari - 29/05/2008

       
  

 C’è chi, ad altre latitudini, vende un rene per fare quattro soldi e sfamare la famiglia o, magari, per comprarsi il cellulare, e c’è chi, forte di una posizione di qualche potere, baratta la salute, pensando in cuor suo che sia sempre quella altrui, per qualcosa di un po’ più consistente.

È così che dal comune ligure di Alassio c’è l’offerta per ospitare l’inceneritore che gli schizzinosissimi abitanti del Principato di Monaco non vogliono più, che parecchi sindaci italioti fanno a botte perché un inceneritore, uno dei tanti in programma, sempre spacciato nell’incarto da televendita del “termovalorizzatore” con il marchio zero dello scienziato Veronesi, sia costruito nel comune di cui rappresentano la massima autorità sanitaria, quando non si sacrificano eroicamente perché una discarica, sempre contenente materiale putrescibile così come non si deve fare, sia allestita nel loro territorio.

Che importa se altrove, dove la corruzione non incide così pesantemente, gl’inceneritori, comunque li vogliamo chiamare, non si fanno più e dai rifiuti si ricavano denaro e posti di lavoro? Il denaro che arriva andrebbe a vantaggio della comunità ed evidentemente dare lavoro non interessa nessuno che conti, sindacati compresi, molto più attenti

a tenere la tensione al di sopra della soglia e a mobilitare con grande strepito milioni di persone per qualche decina di Euro.

E che dire di quella meraviglia che sono le centrali a biomassa che saranno sì state condannate senza appello per i disastri che implicano anche da Ban-Ki Moon, il segretario generale dell’ONU, ma che tanto solleticano la bulimia di qualcuno che ha le mani in pasta?

 Tanto per restare intorno a casa mia, il comune di Correggio (Reggio Emilia) sta varando il progetto EVA (Energia, Valore, Ambiente, e guai a chi contesta perché si va berlusconescamente in galera e già ridere desta sospetti) nel cui ambito si prevede la costruzione di una serie d’impianti per bruciare olio di colza, olio di palma esotico e, va da sé, inevitabilmente rifiuti trasformati per volere della legge in sostanze che puliranno l’aria, come ci assicurano i nostri accademici a gettone. Dopotutto il paesello emiliano si era già detto disponibile nel 2004 ad ospitare un inceneritore da 170.000 tonnellate/anno e nel 2007 aveva assicurato il proprio entusiasmo a bruciare amianto, proprio quell’amianto che era ufficialmente innocuo fino a che non è stato più possibile nascondere il disastro sanitario, un disastro di cui pagheremo per generazioni le conseguenze. Esattamente come succederà con gl’inceneritori.

“Non ci sono prove sufficienti che i veleni che escono da quei camini o le ceneri che finiscono dappertutto facciano male - ribattono quelli che la sanno lunga - e fino a che non avremo almeno triplicato i cancri, non potremo condannare”. “In dubio pro reo” dicono i saggi. E il reo è un camino, anzi, una fungaia di camini, che, ad ora, ha dimostrato di accoppare ancora poco. Troppo poco per condannare.

Naturalmente nessuno controlla le malattie cardiovascolari anche se queste sono conseguenza più comune del cancro per ciò che riguarda l’inquinamento da particelle. Né fa caso alle malformazioni fetali, alle malattie neurologiche o a quelle di natura endocrina.Rifacciamoci al principio di precauzione, allora, se non altro visto che la Comunità Europea lo ha recepito. Ma, purtroppo, quel principio non rende quattrini.

Adesso, poi, che, per mantenere la politica più lussuosa del mondo e dare di che sbarcare il lunario anche alla Mafia e alla Camorra dei subappalti, i nostri timonieri eletti con un plebiscito hanno estratto dal cilindro magico un’ovvia idiozia rimasticata come il nucleare, c’è chi si offre fuori dei confini per ospitare la cornucopia che uscirà da questi ecomostri, monumento orazianamente più perenne del bronzo alla voracità dei politicanti e alla credula ingenuità degli elettori che, ad ogni occasione, ricomprano sempre lo stesso pacco.

È di oggi che i nostri dirimpettai albanesi si dicono entusiasti di lasciare che le nostre centrali nucleari siano costruite a casa loro e, magari, anche a mangiarsene le scorie che nessuna tecnologia è capace di rendere meno pericolose come ben stanno sperimentando sulla pelle loro gli americani che di questo tipo di produzione d’energia furono a suo tempo i maggiori sostenitori.

Molto probabilmente gli amici albanesi non hanno letto ciò che dice quell’antipatico del Nobel Carlo Rubbia al proposito (http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/ambiente/energie-pulite/rubbia-solare/rubbia-solare.html) e, se l’hanno fatto, poco glie ne cale. Esattamente come ai nostri statisti, dall’Omino di Plastica a Gasparri a Matteoli, o ai loro soci dell’altra sponda politica Veltroni, Bersani, Di Pietro.

Dove si manducca, Dio mi conducca, si diceva una volta a Bologna, e non credo occorra traduzione. 

Immagine: http://sughero.files.wordpress.com/2007/05/rene1.jpg