«Come per l’omicidio di Nicola a Verona. Come per l’aggressione al Pigneto. I fatti della Sapienza non esistono, la destra gira la testa dall’altra parte, 'è solo una rissa'...». Così l’Unità dell’altro giorno, che titola 'Basta violenza fasciste'. Ma così anche, a pioggia, molte testate, per ideologia o solo per inerzia: la notizia si urla, non si verifica. E nel polverone dell’approssimazione tre episodi opposti diventano tutti indistintamente di matrice politica. Una matrice che a Verona è stata subito esclusa dagli inquirenti, mentre al Pigneto ci ha pensato lo stesso picchiatore a sbugiardarla: «Ma quale svastica, io c’ho Che Guevara»... Pure il 'raid fascista' alla Sapienza si è rivelato uno scontro tra bande, estrema destra contro estrema sinistra, entrambe violente, entrambe ignoranti. Giampaolo Pansa, decenni di giornalismo su autorevoli testate, autore di libri dal titolo già eloquente come 'Carte false, peccati e peccatori del giornalismo' o 'Comprati e venduti'... Pare ci sia un grave problema di cattiva informazione. C’è e riguarda una stampa che in Italia è troppo schierata politicamente, nella quasi totalità a sinistra. Tutti i giornali, tranne due o tre, sempre pronti a gridare alla marea nera. E non mi riferisco ai giornali politici, che hanno una loro logica seppure perdente, visto che poi non vendono, ma a quelli di informazione... Un vizio antico, direi. Cose che ho già visto quando lavoravo a Milano per la Stampa e poi per il Corriere, negli anni che poi originarono le Br: negli scontri i fascisti erano sempre gli aggressori, mai gli aggrediti, anche se - poi si è visto - non era così. I giornalisti dovrebbero fare cronaca in un’ottica diversa, dare le notizie senza lasciarsi trascinare dalle proprie pulsioni. Il caso di Pigneto rileva in modo impietoso la superficialità della nostra categoria... È bastata la vaga testimonianza di una collega che 'forse' aveva intravisto una svastica perché una storia di ordinaria violenza diventasse immediatamente su giornali e tivù un raid nazista organizzato, senza che uno solo dei giornalisti andasse a vedere se era vero. Poi lo scoop di Repubblica ha ristabilito la verità... Direi che si tratta di una malattia della vecchiaia: i giornali ormai raccontano le cose attraverso gli occhiali politici che inforcano. Per questo stanno morendo: la gente sa che non può fidarsi di quello che legge. Il problema è che i media così creano allarme sociale, alzano la tensione, distorcono la realtà al punto che il racconto della verità - per cui sono nati - non è più l’obiettivo. Pensi solo al caso della Sapienza. Io sono laico, agnostico, non vado a Messa e la sera prego i miei genitori, che sono i miei penati, ma non posso tollerare che il Pontefice non possa entrare a dire la sua opinione nel luogo del dialogo per eccellenza, un’università. Da laico mi sono sentito umiliato. Io, antifascista, pago tasse robuste e quindi sovvenziono la Sapienza, e non posso accettare che diventi la casa privata dei 'collettivi antifascisti'. Così se un rettore revoca il permesso dato a un convegno di destra sulle foibe, consente che la Sapienza sia stabilmente occupata da un gruppo politico. Per forza poi finisce in rissa. Anche lì si è parlato di raid fascista... Appunto, e allora perché dovrei spendere un euro per il giornale, o pagare un canone tivù, se non mi forniscono il servizio che mi devono? Vedo una recrudescenza post elettorale, come se dopo il 14 aprile, avendo vinto il centrodestra, ogni pretesto fosse buono per raccontare balle e creare allarmi. Ma bisogna stare attenti: così si perdono i lettori. Lettori a parte, c’è un’etica professionale... In un Paese come l’Italia è merce proibita, molto più cara della droga più raffinata. Nella nostra categoria come in quella dei politici è una malattia dalla quale il 90% si guarda bene. E i politici sono i primi a cavalcare la cattiva informazione: è il gioco delle parti che li tiene in vita.
|